La battaglia per l’anima degli Stati Uniti passa anche dal processo a Derek Chauvin per l’omicidio di George Floyd. Nella giornata di lunedì 8 marzo, l’imputato, ex ufficiale della polizia di Minneapolis, è apparso per la prima volta davanti al giudice, dichiarandosi non colpevole dei crimini di omicidio di secondo grado e omicidio colposo.
Chauvin, 44 anni, lo scorso 25 maggio era intervenuto fuori da un negozio, dopo una segnalazione circa una banconota contraffatta da 20$. Lì, assieme a dei colleghi, aveva ammanettato George Floyd, 46 anni, e aveva deciso di applicargli una controversa manovra per bloccarlo a terra, impedendogli di reagire all’arresto. Per 8 lunghissimi minuti, Chauvin ha tenuto il suo ginocchio sul collo di Floyd, impedendogli la respirazione e causandone la morte. Gli ultimi minuti della tragica scena, ripresi dagli astanti, sono diventati tristemente celebri per i lamenti soffocati della vittima: “I can’t breathe” – “Non respiro”.

L’omicidio ha innescato nuove proteste in un’America martoriata dalle violenze a sfondo razziale. Il movimento Black Lives Matter, riutilizzando le ultime parole di Floyd, la scorsa estate ha riacceso il dibattito sulla violenza della polizia e sull’iniquità dell’amministrazione della giustizia, spesso ingiustamente accanita contro la comunità nera. Un retaggio del passato, si direbbe, erede della retorica velenosa della Lost Cause e mai del tutto abbattuto dai movimenti per i diritti civili.
Qualcosa, però, è cambiato. Il processo contro Derek Chauvin è forse il più atteso dell’anno e viene visto dalla comunità afroamericana come il punto di rottura con il passato. All’esterno di una corte blindata da protezioni e reti metalliche si sono riuniti molti manifestanti per chiedere giustizia per George Floyd e per la sua famiglia, ma non solo. Intanto, la difesa di Chauvin quasi sicuramente punterà sulla presenza di droghe nell’organismo di Floyd al momento del decesso. Questa linea trova forza nella prima e più controversa autopsia della Contea di Hennepin, che ha ricondotto la morte di Floyd ad una “insufficienza cardiaca” causata dalla “complicata” compressione del collo della vittima. Oltre a questo, però, la medicina legale ha elencato alcune condizioni pregresse come arteriosclerosi, ipertensione, intossicazione da fentanyl e l’uso recente di metanfetamine. Una seconda autopsia, richiesta privatamente dalla famiglia della vittima, ha utilizzato termini più duri parlando di omicidio per asfissia.
Le accuse, quindi, al momento sono due: omicidio di secondo grado e omicidio colposo. Per la prima, Chauvin avrebbe ucciso Floyd “non intenzionalmente” mentre stava compiendo quello che viene definito “assalto di terzo grado”. Per la seconda, invece, Chauvin sarebbe colpevole di “negligenza” in una situazione ad alto rischio. Per queste accuse, l’ex agente di polizia rischia rispettivamente fino a 40 e 10 anni di reclusione. Ma, sul tavolo, vi è anche l’accusa archiviata e poi reintrodotta di omicidio di terzo grado. La difesa di Chauvin ha chiesto che la corte esamini anche questa accusa, meno grave delle altre, che potrebbe però rallentare il processo, rimandando la data della prima udienza.
A fare scalpore è stata anche la difficoltà nel reperire la giuria per il processo. Secondo CNN, l’enorme copertura mediatica dell’omicidio e le proteste che ne sono scaturite hanno reso difficile trovare cittadini che possano attestare la propria imparzialità in merito. A dicembre, ai potenziali membri della giuria è stato inoltrato un documento di 16 pagine con domande riguardo la loro opinione sul movimento Black Lives Matter, sulla polizia e sul loro rapporto con gli agenti. Dall’inizio delle audizioni, i cittadini selezionati verranno sentiti dagli avvocati dell’accusa e della difesa che potranno rifiutarne la nomina con “causa”, verso coloro la cui imparzialità verrà messa in dubbio, o “senza causa” in casi limitati. Una procedura lunga e complicata che, di fatto, influenzerà molto l’esito del processo.
Questo è un ulteriore riprova della scioccante efferatezza dei video rilasciati dopo l’omicidio. Tutta la nazione ha assistito alla morte di Floyd, ai suoi rantoli disperati e alla freddezza del suo esecutore. La rabbia scaturitane ha riacceso un dibattito secolare nella storia degli Stati Uniti e molti guardano con speranza all’esito di questo processo anche per concedere giustizia a casi passati più in sordina, come l’omicidio di Breonna Taylor e non solo.
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