Washington è di nuovo in allarme. Domani i QAnon potrebbero lanciare un nuovo attacco, “The Storm”, la tempesta. Ma questa volta agenti della polizia del Campidoglio, della Casa Bianca e i soldati della Guardia Nazionale sono in preallarme per non ripetere gli stessi errori commessi il 6 gennaio. Su questi errori indagano da ieri due commissioni del Senato e stanno emergendo responsabilità sugli allarmi non ascoltati e l’ostruzionismo per il mancato invio di rinforzi per proteggere il Congresso.
“I soldati della Guardia Nazionale erano negli autobus immediatamente dopo la prima telefonata fatta dalla polizia del Campidoglio, ma l’autorizzazione del ministro della Difesa è arrivata tre ore più tardi, alle 4:32 del pomeriggio”: lo ha detto il generale William Walker, comandante della Guardia Nazionale di Washington. Un’affermazione che ha lasciato interdetti i parlamentari delle due commissioni del Senato, quella della Sicurezza Nazionale e quella delle Regole e Regolamenti, riuniti in una seduta congiunta nelle indagini dopo l’assalto al Congresso per capire come sia stato possibile che gli agenti del Campidoglio siano stati sorpresi il 6 gennaio dall’invasione dei seguaci di Trump. Ma anche per capire i motivi del mancato intervento della Guardia Nazionale in loro soccorso.
Ieri le stesse commissioni hanno ascoltato il direttore dell’FBI Cristopher Wray. Si cercano risposte alla vigilia della farneticante teoria dei QAnon secondo cui domani l’ex presidente Trump si insedierà di nuovo alla Casa Bianca. In queste ore è stata rafforzata la sicurezza in particolare intorno a Capitol Hill, dove lo scorso 6 gennaio si verificò l’assalto al Congresso, ma l’allerta riguarda anche la Casa Bianca e altri edifici del governo federale.
Dalle testimonianze finora rese al Senato si è capito che gli allarmi lanciati dagli agenti federali prima degli incidenti, che sono state inviati per email, per telefono e postati sui siti delle forze dell’ordine, come ha sottolineato il direttore dell’Fbi, sono stati mal interpretati dai responsabili della sicurezza del Congresso che hanno minimizzato il pericolo segnalato. Nella sua testimonianza Wray ha detto che non ci sono prove che dietro i disordini – come ripetono alcuni senatori repubblicani – ci siano anche attivisti antifa e dell’estrema sinistra, smentendo così una delle tesi dell’ex presidente e dei suoi sostenitori secondo cui la rivolta fu orchestrata da “falsi sostenitori di Trump”.
Wray ha detto che all’azione hanno invece partecipato miliziani dell’estrema destra e suprematisti bianchi. “Non è stato un evento isolato ma un atto di terrorismo interno” ha detto il direttore dell’Fbi aggiungendo che tutti i responsabili delle violenze saranno portati davanti alla giustizia. “Il problema del terrorismo interno – ha detto Wray – è una metastasi cresciuta negli ultimi anni e non svanirà presto”.

Oggi la riunione delle Commissioni, invece, è stata incentrata sulla mancanza di aiuti agli agenti del Campidoglio da parte dei militari. Ha deposto il comandante della Guardia Nazionale del Distretto di Columbia, il generale William Walker, che ha ricostruito la sequenza di telefonate e email da lui ricevute dai responsabili della sicurezza del Congresso e di quelle fatte da lui al ministro della Difesa e al segretario dell’Esercito. Il ministro della Difesa, Christopher Miller, dopo aver ordinato al generale Walker di non intervenire se non per suo ordine diretto non si è più fatto trovare per tre ore, mentre i suoi più stretti collaboratori, tra i quali anche il generale Charles Flynn, fratello del consigliere di Donald Trump Michael Flynn condannato per il suo coinvolgimento nel Russiagate e perdonato da Trump prima di lasciare la Casa Bianca, sostenitore dei QAnon, esaminavano se intervenire o meno. Il segretario dell’Esercito, Ryan McCarthy, invece aveva dato il permesso per mandare i soldati della Guardia Nazionale, bloccato però anche lui dall’ordine del segretario alla Difesa. Da capire se il ritardo fu dovuto per incompetenza o, invece, per lasciare mano libera ai sovversivi e alle violenze.
Al Senato anche i lavori per la proposta del presidente Joe Biden sul pacchetto di aiuti contenuti nello stimolo economico. Non solo i repubblicani sono contrari, ma anche un numero di democratici che non vogliono aumentare il deficit di bilancio. All’ultimo minuto la Casa Bianca ha dovuto ridurre il numero dei beneficiari del primo assegno da 1,400 dollari abbassando i limiti per ottenerlo. Ora i beneficiari dell’assegno sono le persone che guadagnano meno di 75 mila dollari l’anno o 150 mila se la dichiarazione dei redditi è congiunta. Prima erano di 80 mila e 160 mila. L’assegno di disoccupazione di 400 dollari la settimana proseguirà fino alla fine di agosto. Dopo questa mediazione i democratici si sono compattati e domani, salvo sorprese, ci dovrebbe essere il voto finale. Uno dei democratici che era contrario ad alcune misure contenute nello stimolo economico era il senatore Manchin che già si era opposto alla nomina di Neera Tandem come direttrice dell’ Office of Management and Budget nel gabinetto di Biden. La sua nomina e’ stata ritirata. Secondo il Washington Post, potrebbe essere nominata ad una carica che non richiede l’approvazione del Senato.
Il presidente Biden, dopo aver detto ieri che punta alla vaccinazione di tutti gli americani entro fine maggio, oggi ha ribadito che la lotta al covid-19 resta la battaglia primaria che il Paese deve combattere. “Non è il momento di abbassare la guardia” ha detto Biden dopo che due Stati americani, il Texas e il Mississippi, hanno annunciato la revoca di tutte le restrizioni, incluso l’uso della mascherina sfidando l’avvertimento dato dal Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) per continuare ad usarla. Il governatore del Texas Greg Abbott non ha voluto seguire l’avvertenza. “E’ il momento di riaprire il Texas al 100%”, ha detto annunciando che dal 10 marzo tutte le attività saranno aperte. Decisione presa dopo che Biden aveva annunciato che tutti gli americani saranno vaccinati entro la fine di maggio grazie alla partnership mediata (e imposta con il Defence Production Act per obbligare le aziende che producono prodotti simili a collaborare in tempo di guerra) dalla Casa Bianca tra Merck e Johnson & Johnson’s, due della maggiori case farmaceutiche mondiali tradizionalmente rivali.
A Washington le schermaglie politiche tra democratici e repubblicani stanno rientrando nella normalità del contesto politico. Da vedere se domani “La Tempesta” cambierà nuovamente la capitale federale.