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Scienza e Salute
March 3, 2021
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Sulle vaccinazioni gli USA corrono, ma in Italia i traguardi sembrano ancora lontani

Mentre inizia la sperimentazione del primo vaccino italiano, Biden annuncia l'obiettivo di vaccinare l’intera popolazione statunitense adulta entro fine maggio

Sonia TurrinibySonia Turrini
Sulle vaccinazioni gli USA corrono, ma in Italia i traguardi sembrano ancora lontani

Un'impiegata MTA, Maria Diaz, riceve il vaccino COVID-19 presso il Jacob K. Javits Center, New York (Marc A. Hermann / MTA New York City Transit)

Time: 4 mins read

Dopo mesi e mesi di focus assoluto sulla curva dei contagi, l’attenzione in tutto il mondo si è ora spostata sulla curva delle vaccinazioni, il numero di persone che hanno avuto la prima dose, il numero che le ha avute entrambe, la proiezione di quando sarà raggiunta l’immunità.

Gli Stati Uniti, su questo fronte, possono vantare ottime notizie. Il presidente Biden ha rivisto i suoi obiettivi e ha dichiarato che il nuovo target dell’amministrazione è avere le dosi di vaccino disponibili per inoculare l’intera popolazione statunitense adulta entro la fine di maggio, anticipando di un paio di mesi rispetto al goal precedente, che era fissato per luglio.

Questo avverrà grazie anche alla approvazione del farmaco Johnson&Johnson’s. L’azienda, infatti, dovrebbe fornire agli USA 94 milioni di dosi del suo vaccino one shot entro maggio, addirittura 7 milioni in più di quelle previste dal contratto; si aggiungono 200 milioni di dosi a testa da Pfizer e Moderna et voila, l’amministrazione Biden ha più dosi del necessario per vaccinare i 260 milioni di cittadini adulti.

Gli USA si sono anche già equipaggiati per aumentare la produzione in vista dei richiami futuri, con un accordo senza precedenti con l’azienda farmaceutica Merck che, dietro un lauto pagamento di 268.8 milioni di dollari, equipaggerà le sue fabbriche per produrre il vaccino J&J. Non è stato diffuso il numero di dosi che produrrà, ed in quale lasso di tempo, e le dosi fabbricate da Merck non sono conteggiate del computo di fiale che saranno utilizzate questa primavera. Biden ha commentato, soddisfatto di questa collaborazione: “due delle maggiori compagnie farmaceutiche del mondo, che sono solitamente in competizione, lavorano insieme sul vaccino. Questo è il genere di cooperazione tra aziende che vedemmo durante la Seconda guerra mondiale”.

La situazione è assai meno rosea in Italia. Dipingere un quadro chiaro delle dosi disponibili non è semplice. Secondo il Ministero della Sanità, nei dati aggiornati al 12 febbraio 2021, l’Italia dovrebbe ricevere entro giugno 15.39 milioni di dosi da AstraZeneca, 32.63 milioni da Pfizer e 5.98 milioni da Moderna. Si aggiungono 7.31 milioni di dosi da J&J quando sarà approvato il suo siero, teoricamente entro metà marzo. Il totale si aggirerebbe attorno ai 60 milioni di dosi, di cui 53 (Pfizer, AstraZeneca e Moderna) in doppia dose, e 7 (J&J) in dose singola. Totale italiani vaccinabili: circa 33 milioni.

Se si considera che gli italiani da vaccinare in Fase 1 (over80 e personale sociosanitatio), Fase 2 (over55 e giovani estremamente vulnerabili) e Fase 3 (personale scolastico, forze armate, servizi essenziali) sono già oltre 30 milioni, 30.240.429 cittadini per la precisione, è evidente che chi non rientra in queste categorie ha ancora un po’ da attendere.

Per altro il conto delle dosi disponibili fornito dal Ministero, essendo aggiornato al 12 febbraio probabilmente non considera i ritardi nella consegna delle dosi annunciati negli ultimi giorni, in particolare da AstraZeneca.

Terreno fertile per le polemiche, come quelle del leader della Lega di Salvini, che ha dichiarato: “Visto che i vaccini non arrivano dall’Europa, allora è giusto andare a cercarli laddove ci sono” aggiungendo che “o arrivano quelli previsti o è giusto guardare altrove“. È chiaro che l’obiettivo dell’ex commissario straordinario Arcuri di vaccinare 7 milioni di italiani entro fine marzo non sarà raggiunto, avendone per ora immunizzate “solo” 1.4 milioni. Non si può dare la colpa al Conte bis e nemmeno ad Arcuri per la verità: le dosi somministrate sono il 70% delle ricevute, in linea con le indicazioni di tenerne da parte il 30% per i secondi richiami.

Mario Draghi cerca immediatamente di cambiare passo. Ha affidato la gestione delle vaccinazioni a Fabrizio Curcio, nuovo capo della Protezione Civile; il piano è di aumentare il numero di dosi inoculate giornalmente a 200mila nel mese di marzo, 400mila nel mese di aprile, 500mila a maggio e 600mila a giugno, numeri coerenti con la quantità di dosi che dovremmo ricevere secondo i numeri ufficiali del Ministero, quelli del 12 febbraio.

Il 21enne Luca Rivolta, di Monza è il primo vaccinato della fase 1 dei test sul vaccino italiano (Agenzia ANSA, twitter)

È anche ufficialmente iniziata la sperimentazione del primo vaccino italiano, studiato da Takis insieme a Rottapharm Biotech, con il primo vaccinato della fase 1 dei test, il giovanissimo cuoco 21enne Luca Rivolta, di Monza. Il giovane, dopo l’iniezione, si è detto molto emozionato: “ho deciso di partecipare perché credo che tutti debbano dare una mano”.

Rimane per ora in stand by l’idea di somministrare una sola dose a tappeto a tutti per tamponare la diffusione del contagio, fortemente osteggiata da molti esperti. La professoressa Viola, immunologa dell’università di Padova ha detto a Sky che somministrare una sola dose di vaccino “è un gravissimo errore”, aggiungendo che “non possiamo giocare a dadi con la salute delle persone, ci dobbiamo basare sui fatti“. Infatti, la professoressa ha precisato, i nostri vaccini hanno “un’efficacia altissima, che mantengono il titolo anticorpale alto a lungo, però devono essere somministrati nel modo giusto. Se abbiamo fretta rischiamo di non proteggere le persone e facilitare la generazione di varianti“.

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Sonia Turrini

Sonia Turrini

Sono laureata in psicologia, attualmente impegnata in un PhD in Neuroscienze a Bologna. Sono cresciuta con la cultura americana nell’aria, l’Herald Tribune in salotto, i libri dei grandi presidenti sulle mensole di casa, e Bruce Springsteen nelle orecchie. Non ho memoria di quando ancora non conoscevo Streets of Philadelphia, perché ero troppo piccola per ricordare. E pensavo parlasse di formaggio. Ho visitato gli Stati Uniti la prima volta, ancora ragazzina, nell’estate 2008, e ho passeggiato con la mia spilletta Yes We Can appuntata sullo zaino. Seguo con passione la politica americana da anni, e oggi ne scrivo sperando di portarci il valore aggiunto della mia formazione scientifica: le opinioni sono sempre ben accette, ma solo sulla base di fatti oggettivi, dimostrati e condivisi.

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