Come lo scorso anno, Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha tenuto il proprio discorso nella giornata di chiusura del World Economic Forum a Davos in Svizzera.
Un intervento, il suo, per certi aspetti prevedibile. Per altri, invece, preoccupante.
Non è la prima volta che Guterres parla di complessità della situazione mondiale e che denuncia la scarsità di risposte a questi problemi: “I problemi sono globali e interrelati, ma le risposte restano frammentate”. Raramente, però, aveva usato parole come quelle pronunciate ieri quando ha detto che “questa è la ricetta per il disastro”. Le cause di questo possibile disastro sono tutte ben note: “Tensioni commerciali, fondamentalmente per motivi politici”, debito pubblico, instabilità finanziaria e incapacità di far fronte a questi problemi da parte della classe politica.
L’intervento di Guterres ha avuto toni preoccupanti. Come quando i tono sono stati tra il mitico e il mistico: mai un Segretario Generale delle NU aveva parlato di “quattro cavalieri” contro cui l’umanità deve combattere. Il primo è la crisi climatica, una “minaccia esistenziale”, una “guerra che dobbiamo assolutamente vincere, ma che al momento stiamo perdendo”. Il secondo sarebbe “la sfiducia globale”: nel mondo, le disuguaglianze continuano a crescere e nessuno sembra essere in grado di riuscire a fermare il crescere dell’indice di Gini. Il terzo “cavaliere”, secondo Guterres, sarebbe l’“aumento delle tensioni geopolitiche”. Ultimo, ma non meno importante, il “lato oscuro della digitalizzazione” che sarebbe il quarto cavaliere.
Guterres ha ricordato (nostalgicamente?) la sua professione: “Sono un ingegnere e so che più complessa è la situazione, più semplice deve essere la soluzione. E quando la situazione è complessa, la prima cosa necessaria è dire la verità a tutti”. É questo il punto focale del problema: oggi molti (se non tutti) conoscono la realtà, i problemi e le possibili soluzioni. Poi, però, nessuno pare voler fare nulla.
E quando se ne parla, spesso si dicono solo delle mezze verità. Anche quando, come ha fatto Guterres, si citano apocalittici cavalieri. Sulla crisi climatica, ad esempio, le cause e gli effetti di certi comportamenti antropici sono noti da decenni: già negli anni Settanta uno studio presentato al Congresso e alle Nazioni Unite dimostrò le conseguenze sull’ambiente dell’aumento delle emissioni di CO2. Questo documento finì in un cassetto e non se ne tenne conto fino a quando la situazione non è diventata insostenibile (che fine hanno fatto gli incendi in Australia e la CO2 prodotta? Perchè non se ne parla più?).
Anche per il secondo “cavaliere”, le disuguaglianze economiche e sociali, tutti sanno che sono frutto del consumismo moderno: servono a produrre beni e semilavorati dove non esistono limiti ambientali e tutele sindacali e dove le grandi industrie possono fare ciò che vogliono per realizzare i prodotti da vendere soprattutto nei paesi sviluppati (dove i limiti raggiunti dopo decenni di lotte sindacali e ambientali non avrebbero mai permesso certi modi di produrre). Ma questo cambiamento non è certo avvenuto in un giorno: ha richiesto decenni, i governi di tutti i paesi hanno partecipato attivamente e non è ancora chiaro se le organizzazioni internazionali (tra cui l’ONU) hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per fermarlo. Anche quando i governanti hanno utilizzato metodi poco democratici. Si pensi al TTIP tra UE e USA, al TPI o al CETA o alla Brexit. Ad esempio, nei giorni scorsi quest’ultima è stata firmata ma tutto è avvenuto nel più totale silenzio mediatico e senza che ai cittadini delle due parti, UK e UE, fosse dato di sapere cosa prevedeva in realtà. A Davos non se ne è parlato. Eppure visto che era un incontro sul commercio (Trade) sarebbe stato normale discuterne. Invece si è preferito parlare di apocalittiche figure… Nessuno si è preoccupato di spiegare ai cittadini (del resto, l’incontro appena concluso non era certo destinato a loro) cosa prevede l’accordo tra UE e Regno Unito.
Per Guterres, il terzo “cavaliere” è l’“aumento delle tensioni geopolitiche”.
Nel suo intervento, però, non ha detto quali sono le cause di queste tensioni: non le religioni e nemmeno la “democrazia” o voler a tutti i costi eliminare questo o quel dittatore (come mai nessuno fa guerre in certi paesi africani? E come mai nessuno organizza “missioni di pace” in certi paesi sudamericani?), ma il controllo delle risorse energetiche e delle materie prime. Per non parlare del fatto che la guerra stessa è ormai un affare multimiliardario. E anche in questo caso, nessuno si preoccupa delle conseguenze per la popolazione. Non deve sorprendere che in tutto il mondo sia calata la fiducia nell’establishment politico.
Il “lato oscuro della digitalizzazione”, il quarto cavaliere, è forse l’aspetto più delicato citato da Guterres. Ma anche in questo caso molto non è stato detto: tra scambi finanziari, moneta digitale, dark e deep web e e-commerce ormai la rete è irrinunciabile. Ma ancora una volta questa è solo una mezza verità: nessuno, neanche Guterres, ha il coraggio di dire che questo strumento è indispensabile per un sistema finanziario basato su scambi che girano al di fuori dei mercati tradizionali che erano costretti a rispettare regole e leggi che avevano richiesto decenni per essere scritte e condivise. Il tutto, ancora una volta, con l’appoggio di governi e con il bene placet delle organizzazioni internazionali (si pensi agli sforzi nazionali e internazionali per i pagamenti elettronici o i limiti per l’uso del contante). Per questo motivo, parlare di “minaccia sistemica più grande” o di una “realtà peggiore di quanto la scienza abbia previsto” e di “volontà politica lenta, anche se la tecnologia avanza e l’opinione pubblica chiede passi” appare una verità parziale che non dice tutto quello che c’è voluto per arrivare a questo punto nella più totale indifferenza da parte di tutti. Anche delle Nazioni Unite.
Al termine dei lavori della COP25, molti hanno detto di essere delusi e stufi di sentire sempre le stesse cose. Gli stessi allarmi. Le stesse promesse. Gli stessi avvertimenti. E poi nulla di concreto.
Al World Economic Forum, la situazione non è diversa. La prova? l’intervento tenuto nella stessa cittadina svizzera un anno fa dallo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il suo discorso tenuto il 24 gennaio 2019 sempre in occasione del WEF è praticamente la copia esatta di quello pronunciato ieri (al di là, forse, di un tono leggermente più mitico e quasi biblico).
Anche allora parlò di un “cambiamento climatico sta correndo più veloce di noi”. Anche lo scorso anno disse che “si sta dimostrando peggiore di quanto la scienza ha previsto”. E anche in quella occasione parlò di “nuvole scure all’orizzonte” e di “un problema politico” oltre che di livelli di debito più elevati rispetto a prima della crisi finanziaria del 2008/9. E anche in quel caso una parte del discorso fu dedicata all’aumento delle disuguaglianze e delle emarginazioni….
Forse è questo che la gente dovrebbe leggere tra righe del discorso di Guterres a Davos (ma anche quelli dei leader politici o delle starlette di turno come la piccola Greta): questi incontri non servono a far incontrare i leader mondiali e a trovare soluzioni ai problemi del pianeta. Di quei problemi si parla in altre sedi, lontani dai riflettori e da interferenze mediatiche. E solo raramente di ciò di cui si è discusso viene informata la gente comune. A Davos (così come alla COP25 e in molti altri casi) si parla d’altro e ci si concentra su tanto, tantissimo spettacolo e tantissima scena. Del resto, ieri, è stato lo stesso Guterres ad ammetterlo: “I governi stanno rappresentando una fetta sempre più sottile della vita delle persone”.
Resta da capire una cosa: se non sono loro né i governi da loro eletti (in teoria), a decidere della vita di miliardi di esseri umani, chi lo sta facendo? Di questo Guterres nel suo discorso al WEF non ha parlato…