Dopo quasi 80 giorni snervanti di trattative, la Lega e il Movimento Cinque Stelle si avviano verso la formazione del nuovo esecutivo. Anche l’ultimo, cruciale, nodo politico è stato sciolto: alla fine, i “gialloverdi” hanno raggiunto l’accordo sul nome del prossimo presidente del consiglio. Sarà Giuseppe Conte, tecnico di area grillina e figura terza gradita a entrambe le forze politiche. La figura di Conte, professore di diritto privato dal nutrito curriculum accademico (e già indicato in campagna elettorale da Di Maio come ministro della pubblica amministrazione) era da giorni in pole position e nelle ultime ore era chiara la sua designazione.

Uno dei passaggi istituzionali decisivi è stato formalizzato nel pomeriggio, quando il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha invitato al Quirinale la delegazione pentastellata e quella leghista, guidate da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Che fossimo in dirittura di arrivo era chiaro anche al Colle, che ha convocato i due partiti a distanza di soli trenta minuti l’uno dall’altro, prevedendo colloqui di breve durata.
Così è stato: all’uscita del quinto giro di consultazioni, sia Di Maio sia Salvini si sono espressi in modo inequivocabile. Il capo politico dei Cinque Stelle è apparso entusiasta, affermando che si è di fronte a “un momento storico” e aggiungendo che “il nostro sarà un governo politico, inaspettato ma votato”. Nelle successive dichiarazioni in sala stampa, Salvini è apparso altrettanto determinato, dicendo che quello che sta per nascere sarà “un governo di speranza, di crescita e di futuro” e di avere “ben chiara la squadra di governo e il progetto per il paese”.
Tutto fatto? Non proprio. A sorpresa, subito dopo l’uscita dei due leader, quella che sembrava un’accelerazione decisiva ha subito una frenata da Mattarella, che ha detto di voler richiamare al Colle i presidenti delle due Camere nella giornata di domani. Il motivo, a detta di molti commentatori, sarebbe quello di inserire un ulteriore passaggio prima del conferimento dell’incarico a Conte, per ribadire con forza che il Quirinale vuole voce in capitolo nella partita del nuovo esecutivo.
Ciò è confermato dalle indiscrezioni che giungono da ambienti vicini al presidente della repubblica. La scelta di convocare Fico e Casellati, a dir la verità, è forse eccessivamente farraginosa, e soprattutto incomprensibile di fronte a un’opinione pubblica impaziente di veder partire il nuovo governo prima possibile, dopo più di due mesi dal voto del 4 marzo. Secondo alcuni analisti, Mattarella avrebbe preferito l’indicazione di un nome politico e non tecnico, non avendo intenzione di “subire” passivamente le decisioni prese da pentastellati e leghisti in tema di ministri.
In ogni caso, fatta salva tale decisione a sorpresa, nel corso della settimana assisteremo quasi sicuramente al conferimento dell’incarico a Conte, e sarà poi quest’ultimo a presentare personalmente la lista dei componenti del nuovo esecutivo.
È proprio dai nomi della nuova squadra che vedremo una volta per tutte “incarnato” il progetto gialloverde per il paese. Nonostante la figura tecnica a capo dell’esecutivo, il “governo del cambiamento” avrà infatti un’impronta politica fortissima e al suo interno finiranno quasi sicuramente figure di spicco leghiste e pentastellate, tra cui lo stesso Di Maio (candidato per il ministero dello sviluppo economico) e Salvini (in lizza per il Viminale).
Gli altri due ministeri chiave saranno poi gli esteri e l’economia, che definiranno la posizione italiana nello scenario europeo e internazionale. E se per la Farnesina appare quotato l’ex ambasciatore Giampiero Massolo, presidente di Fincantieri e dell’Ispi (Istituto di politica internazionale) e diplomatico di lungo corso gradito a Mattarella, per l’economia c’è più incertezza sull’identikit del nuovo ministro. I partiti dovranno trovare una figura in grado di far pesare l’insoddisfazione italiana per le politiche di austerità di Bruxelles senza spaventare troppo i mercati finanziari. Obiettivi non facili, data l’aria che si respira negli ultimi giorni.
Più che una saggia posizione attendista, i media italiani hanno infatti sferrato una sorta di “guerra preventiva” al programma “euroscettico” di Lega e Cinque Stelle, prima ancora di capire come verrà interpretato nelle prossime settimane.
Una delle più lucide analisi sull’attuale situazione italiana arriva, non a caso, da oltreoceano. A fornirla è stato già all’inizio di aprile un approfondito articolo dell’economista Luigi Zingales, pubblicato da Foreign Policy, prestigiosa rivista statunitense.
Secondo Zingales, se l’alleanza “populista” tra pentastellati e leghisti giocherà bene le sue carte in Europa, per esempio costruendo un asse con altri paesi ansiosi di riformare il sistema di regole economiche dell’Unione (come la Francia di Macron), si potrebbero aprire scenari tutt’altro che apocalittici.
Insomma, bisognerà ancora aspettare prima di esprimere giudizi affrettati su un esecutivo che ancora non esiste, evitando di cedere ad affrettati allarmismi.