“Me lo ha detto Trump”. A volte, per scatenare un putiferio, bastano cinque parole. E a pronunciarle questa volta è stato un repubblicano di vecchio corso come Lindsey Graham, senatore rappresentante dello stato del South Carolina e sostenitore di Ted Cruz alle primarie repubblicane di due anni fa. E non è la prima volta che le dichiarazioni di Graham conquistano gli onori della cronaca. Il contenuto della rivelazione in questo caso è il fatto che il presidente Donald Trump sia “pronto a dichiarare guerra e a distruggere la Corea del Nord”, dopo che Pyongyang ha reso noto negli scorsi giorni di avere il potenziale per realizzare un missile balistico intercontinentale atomico, capace di raggiungere gli Stati Uniti (Los Angeles, ma forse anche New York e Washington).
La rivelazione, quella di una guerra potenzialmente imminente, minacciata da anni ma concretizzatasi mai, ha fatto scalpore e a Graham sarebbe giunta per via diretta dal presidente repubblicano che, in un modo o nell’altro, finisce ogni giorno sulla bocca di tutti: “C’è un’opzione militare: distruggere il programma (missilistico e nucleare) della Corea del Nord e la stessa Corea del Nord” ha proseguito il senatore Graham alla NBC, precisando: “Se ci sarà una guerra per bloccare Kim Jong-un si svolgerà lì. Se migliaia (di persone dovranno) morire, accadrà li. Non morirà nessuno qui. E Trump me l’ha detto in faccia”. Come se le morti delle persone comuni di Pyongyang valessero meno delle morti delle persone comuni di Los Angeles.
In ogni caso, non è la prima volta che Lindsey Graham utilizza i media per inviare messaggi al presidente che dice di supportare. Il 27 luglio, ai microfoni della CNN, ha dichiarato che se Trump deciderà di licenziare il Ministro della Giustizia Jeff Sessions si tratterà di un “holy hell to pay” (un prezzo infernale da pagare). E in tema di riforma sanitaria, la sua posizione non è mai stata tra le più chiare: ad esempio è stato uno dei 9 repubblicani a votare “no” durante il voto sul “Repeal&Replace amendment”, salvo poi votare “si” al “Partial repeal amendment” dell’Obamacare e “sì” all’opzione “Skinny Repeal Amendment”. Senza dimenticare che non più tardi di due anni fa, quando era candidato alle primarie per i Repubblicani (si ritirò poi, per supportare Cruz), Graham aveva incolpato Donald Trump di “imparare la politica dai cartoni animati”. E non aveva esitato a definirlo un “jackass” (a voi la traduzione su Google Translate), reo di aver fatto una battuta di cattivo gusto ai danni di John McCain.
Il dubbio, insomma, sorge spontaneo: non è che la rivelazione di una guerra imminente in Corea del Nord sia stata una forzatura voluta da un repubblicano “ribelle”? Difficile dirlo con certezza. Fatto sta che la smentita al senatore, considerato tra i più influenti e bene informati in tema militare, sono arrivate subito. Non direttamente da Donald Trump ma dal Segretario di Stato Rex Tillerson, che ha preannunciato una strategia più soft rivolgendosi direttamente a Pyongyang. “Non cerchiamo un cambio di regime, né una riunificazione accelerata della penisola” ha detto intervenendo sul tema. “Noi non siamo il vostro nemico, ma state presentando una minaccia inaccettabile per noi e dobbiamo rispondere: e speriamo che a un certo punto cominceranno a capirlo e vorremmo sederci e dialogare con loro”.
Anche perché mantenere due Coree e non una sola, non sembra essere solo nell’interesse americano. L’attuale equilibrio, pur nella sua precarietà, fa comodo a tutte le super potenze che gravitano attorno agli ordigni nucleari nord-coreani, dalla Russia alla Cina. E a confermarlo sembra essere l’incontro svolto all’ONU lunedì 1 agosto tra l’ambasciatrice USA Nikki Haley e il rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Vasilly Nebenzia. Non più tardi di un mese fa, durante un Consiglio di Sicurezza convocato d’emergenza, pieno di tensioni ma dal sapore di deja-vu, Haley si era scontrata duramente su Corea e sull’ipotesi di un intervento militare, con Vladimir Safronkov, vice rappresentante permanente per la Russia. Nel meeting di lunedì, invece, l’ambasciatrice statunitense ha condiviso con Vasilly Nebenzia la necessità di agire insieme riguardo le recenti “pericolose provocazioni da parte della Corea del Nord”. Intanto però le tensioni non si quietano e il sentore di deja-vu continua ad essere più vivo che mai. In attesa del prossimo annuncio da Pyongyang o della prossima bomba mediatica lanciata da Graham.