Il 2 agosto è l’Earth Overshoot Day 2017, il Giorno del Superamento delle Risorse della Terra, ovvero la data in cui la richiesta di risorse naturali da parte dell’umanità supera la quantità di quanto la Terra è in grado di generare nello stesso anno. Una data che, anno dopo anno, continua a cadere sempre prima sul calendario: nel 1975 era il 28 novembre, nel 1997 i ricercatori calcolarono che cadeva alla fine di settembre, lo scorso anno l’8 agosto, ora siamo al 2. Questo significa che gli abitanti del pianeta consumano il “capitale naturale” in un tempo sempre più ristretto rispetto al passato e soprattutto molto più velocemente di quanto servirebbe alla Terra per riprodurlo. A conti fatti, oggi l’umanità sta usando le risorse a propria disposizione ad un ritmo 1,7 volte superiore rispetto alla capacità di rigenerazione degli ecosistemi. In altre parole, è come se servissero 1,7 pianeti Terra per soddisfare il consumo attuale di risorse naturali.
Dove sono finite tutte le promesse riguardanti al sostenibilità delle politiche adottate dai vari paesi? Che fine hanno fatto le dichiarazioni di Parigi (2015) e poi di Marrakech (2016) e tutte quelle rilasciate nei mesi scorsi alla fine degli incontri sull’ambiente? Solo pochi giorni, fa i 44 paesi chiamati dalle Nazioni Unite a rendere conto del rispetto dei limiti di sostenibilità per il Millennio (Sustainable Millenium Goals) avevano parlato di “partecipazione italiana a tutte le principali forme delle Nazioni Unite e internazionali” e di “piena consapevolezza della dimensione globale di questa sfida” e di promesse come “sta promuovendo attivamente Agenda 2030 e le sue SDG anche nell’ambito della sua attuale presidenza del G7”.
La verità è che al di là di promesse e belle parole, i fatti non sono serviti a molto, anzi, stando ai fatti, pare che la situazione, anno dopo anno, continui a peggiorare. Se anche i vari paesi smettessero di sfruttare eccessivamente le risorse a disposizione, per poter tornare a parlare di “sostenibilità” sarebbe necessario invertire questa tendenza. E anche in questo caso (a differenza di quanto promettono i leader mondiali nei loro discorsi sull’ambiente), si tratterebbe di un processo lungo: se si riuscisse a ridurre lo spreco di risorse naturali e se gli stati riuscissero a posticipare l’Overshoot Day di 4,5 giorni ogni anno, per ritornare ad utilizzare le risorse della Terra in modo “sostenibile” sarebbe necessario attendere il 2050. “Il nostro pianeta è finito [nel senso di “limitato”, n.d.r.], ma le possibilità umane non lo sono. Vivere all’interno delle capacità di un solo pianeta è tecnologicamente possibile, finanziariamente vantaggioso ed è la nostra unica possibilità per un futuro prospero”, ha dichiarato Mathis Wackernagel, CEO del Global Footprint Network e co-creatore dell’Impronta Ecologica. “In definitiva, posticipare nel calendario la data del Giorno del Superamento della Terra è quello che davvero conta”. Per raggiungere questo risultato sarebbe necessario smetterla con i discorsi generici e fuorvianti (come quello che riguarda il settimo obiettivo sostenibile delle Nazioni Unite – proprio quello sull’energia sostenibile – che parla non di riduzione dei consumi ma al contrario di un aumento inferiore alle previsioni dell’accesso all’energia elettrica della popolazione globale e di un ricorso a fonti energetiche sostenibili ancora troppo basso).
Sarebbe indispensabile agire concretamente e cominciare ad effettuare interventi più radicali per ridurre i danni sempre maggiori causati all’ambiente e alle risorse naturali. “La sola componente di anidride carbonica dell’impronta ambientale è più che raddoppiata dagli inizi degli anni ’70 e rimane la componente che cresce più rapidamente, contribuendo così al divario tra l’Impronta Ecologica e la biocapacità del pianeta”, ha dichiarato Wackernagel. “Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima, l’umanità dovrebbe uscire dall’economia dei combustibili fossili prima del 2050, contribuendo già di gran lunga a risolvere il problema dell’umanità relativo al superamento delle risorse”. Una prospettiva di cui nessuno, però, si sogna di parlare. Né alle NU né nei singoli paesi. Così come nessuno, nei Sustainable Development Goals, ha parlato concretamente degli altri temi fondamentali (il quarto è appunto l’energia): alimentazione, popolazione e sviluppo urbano.
Tutti aspetti interrelati tra loro e che hanno un peso rilevantissimo sull’utilizzo delle risorse del nostro pianeta. Un aumento della popolazione, ad esempio, comporta un maggior fabbisogno agroalimentare. Ma questo ha un impatto enorme sulle risorse idriche del pianeta (basti pensare che già oggi circa il 70 per cento dell’acqua dolce della Terra è destinato a questo settore) e maggiore superficie da destinare all’agricoltura. Le scelte circa il tipo di alimentazione, i prodotti da coltivare e gli animali da allevare sono fondamentali per rendere “sostenibile” o meno la crescita demografica. E questo i leader mondiali non possono non saperlo. Eppure nessuno di loro ne ha parlato.
Lo stesso avviene quando si guarda alla popolazione. Oltre all’impatto legato alla pressione esercitata dai media, la sempre maggiore concentrazione degli abitanti del pianeta nelle grandi città (si prevede che, nel 2050, l’ottanta per cento degli abitanti del pianeta vivranno in città più o meno grandi) renderà indispensabile la costruzione di edifici più ecosostenibili, il ricorso a mezzi di trasporto a basso impatto ambientale e molto altro. Ancora una volta aspetti di cui le politiche adottate fino ad ora non sembrano tenere conto (basti pensare alla riluttanza nel lasciare i combustibili fossili e fare uso di fonti energetiche rinnovabili).
A Settembre del 2015, 193 leader mondiali, resisi conto del fallimento dei Millenium Goals sottoscritti nel 2000 (e del fatto che non sarebbero mai stati raggiunti quegli obiettivi entro quindici anni), decisero di cambiare tutto e di parlare di Sustainable Development Goals (SDGs). Nel farlo, però, dimenticarono di dire (e soprattutto di scrivere) che, per essere “sostenibili”, i 17 obiettivi proposti avrebbero dovuto tenere conto delle risorse del pianeta. A distanza di due anni da quello storico momento, i dati rilevati dai ricercatori in tutto il pianeta dimostrano che sarà difficile (se non impossibile) mantenere quelle promesse.