Se in una giornata di inizio agosto vi dovesse capitare di trovarvi all’entrata del parco antistante il municipio di New York City, quello che sfocia direttamente sul tratto più meridionale di Broadway, vi chiederete molto probabilmente da dove arrivano tutti quei cartelloni, foto e manifesti e cosa fanno le persone sedute in cerchio attorno ad essi. Avvicinandovi, noterete che i teli sono fissati al suolo con delle pietre in modo che lo slogan che riportano resti ben visibile per tutti: “Black Lives Matter!”.
A partire dal 1 agosto, infatti, anche il City Hall Park di New York è stato occupato sulla scia delle proteste iniziate a Los Angeles il 12 luglio e diffusesi poco dopo a Chicago. La manifestazione è organizzata dai membri del collettivo Millions March NYC, una ramo del movimento Black Lives Matter conosciuto ormai su scala internazionale, volto a difendere i diritti e la dignità dei cittadini neri. Millions March, in particolare, lotta per la costruzione di un mondo “senza polizia e senza prigioni” e vede la totale abolizione del corpo di polizia come l’unica misura in grado di cambiare efficacemente la situazione.

Le proteste contro il trattamento discriminatorio riservato ai neri dalla polizia americana vanno avanti ormai da tre anni, a partire dall’assoluzione di George Zimmerman la una guardia volontaria di quartiere che durante una ronda notturna aveva ucciso il diciassettenne disarmato Trayvon Martin.
Negli ultimi mesi poi la situazione si è particolarmente infiammata in seguito alle morti di Philando Castile e Alton Sterling, entrambi afroamericani uccisi dalla polizia rispettivamente a Baton Rouge e St. Paul nel luglio scorso, e ai subbugli che hanno attraversato l’amministrazione della NYPD da quando Bill Bratton, già capo della polizia newyorchese nel biennio 1994-1996 sotto Rudolph Giuliani e poi tornato in carica nel 2014 con Bill de Blasio, ha ufficialmente consegnato le dimissioni il 2 agosto ponendo così fine al suo secondo mandato. Il posto passa quindi a James O’Neill che si insedierà a One Police Plaza a partire dal 16 settembre.
Anche se in generale l’opinione pubblica riconosce a Bratton il merito di aver portato il tasso di criminalità nella città ai minimi storici, gli attivisti associano il suo nome alla broken windows policing, una controversa teoria della criminologia, introdotta nel 1982, che sostiene la necessità di concentrarsi principalmente su crimini minori (come, appunto, una finestra rotta) per creare un clima di ordine e rispetto della legge, in grado di prevenire crimini più gravi. Gli attivisti sostengono però che in questo modo i pubblici ufficiali finiscano per rivolgere le loro attenzioni quasi esclusivamente sulle minoranze, spesso associate ai contesti di disordine urbano.
Gli obiettivi che il gruppo Millions March NYC spera di raggiungere anche tramite questa occupazione sono molto chiari e si possono articolare in tre punti principali: eliminare la politica delle broken windows sostenuta da Bratton; reindirizzare i fondi attualmente predisposti alla polizia verso le minoranze e la classe lavoratrice; risarcire le famiglie delle vittime uccise o ferite dalla polizia utilizzando i fondi dell’NYPD.
Dal parco davanti alla City Hall, che gli attivisti hanno creato ribattezzato Abolition Square, i manifestanti fanno sentire le proprie ragioni. Siamo andati sul posto e abbiamo fatto qualche domanda ai ragazzi che da ormai più di una settimana usano la formula dell’occupazione non-violenta per protestare contro un corpo di polizia considerato fortemente razzista e irrispettoso. Al nostro arrivo vari striscioni erano stesi sotto il sole intorno ad un centro composto da borse frigo usate allo stesso tempo come contenitori e come sedie. I teli riportavano a caratteri cubitali slogan come “Black Lives Matter”, “We revolt because we can’t breathe” o “Liberate New York City, abolish the police”.
Gli occupanti, quasi tutti ragazze e ragazzi di età compresa tra i venti e i trent’anni, sembravano piuttosto diffidenti della stampa. “Dovete rivolgervi al collettivo per i media” mi dicevano, anche se apparentemente in quel momento nessun rappresentante del gruppo era presente per aiutarmi. Dopo avere assicurato che tutti i commenti sarebbero stati riportati in forma assolutamente anonima una ragazzo si è reso disponibile per darmi qualche informazione riguardo a ciò che stava succedendo. “È difficile fare una stima precisa di quanti partecipano all’occupazione perché molti fanno avanti e indietro, hanno un lavoro e una famiglia a cui badare. Nei momenti di maggior affollamento siamo circa in cento o centocinquanta e organizziamo varie attività — ha spiegato — a mezzanotte ci spostiamo in un altro parco, per evitare di essere sgomberati”. Il movimento infatti ha strategicamente scelto di occupare il City Hall Park dalle 6 di mattina fino a tarda sera e, quando i cancelli vengono chiusi per la notte, spostarsi in un’area contigua che rimane aperta alla cittadinanza 24 ore su 24.

Peter Soeller è un giovane attivista di NYC Shut It Down e giornalista per itsgoingdown.org. “Tutte le attività che organizziamo sono basate sul volontariato, non è coinvolto alcun tipo di organizzazione — ha detto — Fino ad ora non ci sono stati arresti anche se tutto il quartiere è pieno di poliziotti, specialmente di notte. Ci sorvegliano, più che altro, ma non siamo stati coinvolti in episodi di violenza. Di solito la situazione si fa tesa nel momento in cui, a mezzanotte, ci spostiamo, ma sappiamo che non sono autorizzati a farci niente. Siamo organizzati e collaboriamo con studi legali in modo che tutti sappiano esattamente cosa devono e non devono fare per far valere i propri diritti, in caso di necessità”.
La protesta è stata più volte paragonata al movimento di Occupy Wall Street (OWS) che nel settembre 2011 ha occupato Zuccotti Park, situato tra l’altro poco più a sud del municipio, per condannare gli abusi del capitalismo. “La sola cosa che abbiamo in comune con OWS è la tattica, l’occupazione del suolo pubblico. Il nostro movimento si concentra sul problema della polizia mentre Occupy lottava per lo slogan ‘Noi siamo il 99%’. La polizia era inclusa in quella percentuale, era posta dalla stessa parte della popolazione. Questo non corrisponde alla nostra visione, la realtà è molto più complicata di così. La polizia protegge la proprietà privata con manovre di stampo razzista. È per eliminare questo tipo di comportamento che stiamo lottando. Ovviamente il capitalismo e la predominanza dei bianchi sono profondamente collegate ed è per questo che abbiamo scelto di appostarci proprio qui, nel cuore finanziario dell’America”.
Mentre l’America sta vivendo una delle campagne elettorali più accese degli ultimi decenni, dal forte stampo bianco ed elitario, gli attivisti di Abolition Square spostano l’attenzione su temi più universali. “Al momento l’attenzione è concentrata esclusivamente sulle elezioni. Noi lottiamo per far capire alle persone che invece stiamo vivendo una paralisi politica”, ha spiegato Soeller che ha poi commentato anche le dimissioni di Bratton affermando che di certo il movimento non si aspettava che il capo della polizia si sarebbe fatto da parte così in fretta. “Questo però non è di per se sufficiente per cambiare le cose. La corruzione è ormai diffusa in tutto il sistema, non riguarda soltanto l’amministrazione di Bratton”, ha concluso l’attivista.
Verso le 17 il parco ha iniziato a diventare più affollato. Abbiamo anche avuto la possibilità di parlare con il responsabile del gruppo per i media, Nabil Hassein, che ci ha raccontato: “Abbiamo iniziato l’occupazione il 1° agosto e non abbiamo in mente una data precisa per andarcene. Continueremo. Durante il primo giorno c’erano oltre cento poliziotti a sorvegliare il parco, probabilmente si aspettavano che avremmo cercato di restare sul posto anche dopo la chiusura dei cancelli. Quando abbiamo iniziato a spostarci, non potevano legalmente fare nulla”.
Hassein crede nella filosofia di Millions March NYC che mira a eliminare del tutto la polizia: “Non vogliamo che nessuno faccia ciò che la polizia sta facendo oggi” ha affermato l’attivista. Commentando poi il recente cambio ai vertici dell’amministrazione di New YorkHassein si è posto sulla stessa linea di Peter Soeller: “Non credo che con O’Neil cambierà effettivamente qualcosa. Ha lavorato a stretto contatto con la NYPD e con Bratton per troppo tempo, non ho ragioni che mi possano portare a credere nel cambiamento”. Nabil Hassein ci ha poi riferito che l’occupazione ha riscontrato reazioni positive da parte della popolazione e spesso si presentano persone per portare cibo o beni di prima necessità. Per quanto riguarda le elezioni presidenziali invece, egli ha chiarito che il gruppo non supporta nessuno dei due candidati in quanto Clinton e Trump “non sono uguali, ma ugualmente negativi”.

Sul luogo dell’occupazione abbiamo incontrato anche Sophia, una giovane ragazza newyorchese. Parlando ci ha raccontato che, pur non facendo parte di alcuna organizzazione, ha già partecipato in passato ad altre marce e proteste sul tema. “L’occupazione del City Hall Park è una grande opportunità per far crescere il movimento contrario alle forze di polizia”, ha detto. Quando le abbiamo chiesto della reazione dei poliziotti nei confronti dell’iniziativa ha spiegato che “loro fanno di tutto per darci noia e cercano motivi per mandarci via, diventando improvvisamente rispettosi di ogni più piccola clausola presente nella legislazione dei parchi della città”. Sophia, come gli altri, è convinta che la broken windows policing “di certo non si fermerà, ma andrà avanti con o senza Bill Bratton. Il suo successore continuerà con le stesse politiche”.
Mentre stavamo per andarcene un signore di circa cinquant’anni ci ha allungato un volantino dal titolo su cui si leggeva “What you’re supposed to do if you’re stopped by the police”. A spiegare in cosa consiste il lavoro dei cop watchers è stata Kimberly: “Andiamo in giro per le strade dei quartieri abitati principalmente delle minoranze perché moltissime persone non sanno quali sono i loro diritti. Diffondiamo informazioni su cosa dire e cosa fare e offriamo supporto a persone che si sono ritrovate in situazioni legali che non sanno come trattare”. Questo progetto, ha specificato, è organizzato dal gruppo NYC Shut It Down ed è iniziato ben prima dell’occupazione: “Da due anni ormai ogni lunedì ci rechiamo nei vari quartieri ad aiutare chi ha bisogno”.
L’occupazione del City Hall Park è iniziata il 1° agosto e non si sa quando terminerà. Le proposte dei suoi organizzatori mettono in discussione le basi del sistema di mantenimento dell’ordine pubblico, chiedendo il totale smantellamento del corpo di polizia. Staremo a vedere fino a che punto gli attivisti oseranno spingersi.