L'uomo più ucciso d'Italia si chiamava Paolo Borsellino, faceva il magistrato in una terra disgraziata e irredimibile come la Sicilia e venne assassinato la prima volta il 19 luglio del 1992 in via D'Amelio, ancora non si sa bene da chi e soprattutto perché.
Da quella domenica afosa di 21 anni fa Paolo Borsellino è stato assassinato migliaia di altre volte, quasi ogni giorno, da commemorazioni cosi ipocrite da apparire indecorose, e soprattutto da articoli e servizi superficiali e retorici, che non spiegano e non raccontano nulla, buoni solo per tramandare la storiella del magistrato eroe che combatteva da solo contro i mafiosi cattivoni. Ecco, io penso che Borsellino, che non aveva alcuna intenzione di fare l'eroe ma solo il suo lavoro, sia stato massacrato più che dal tritolo dei suoi assassini, da questa produzione incontinente di giornalismo malsano.
Talvolta la retorica uccide più delle bombe. Non mi piace fare il moralista, anche io ho delle responsabilità. Per anni ho contribuito in prima persona, riportando le dichiarazioni di politici e magistrati che nulla aggiungevano alla versione ufficiale o descrivendo cortei e manifestazioni a cui partecipavamo personaggi che magari la verità la conoscono davvero e non la confesseranno mai. Poi però ho detto basta, non posso scrivere quello che penso perché rischio l'ennesima denuncia per diffamazione. Mi bastano quello che ho. E' vero si possono raccontare i depistaggi, le indagini inquinate, i processi farsa. I silenzi, le ombre. Ma è ancora troppo poco, La strage di via D'Amelio è un enorme buco nero, l'inizio e la fine di tutto.
Io so, ma non ho le prove, il paradigma pasoliniano e più che mai attuale e in questa Italia senza decoro è diventato anzi una maledizione. E dunque il 19 luglio di ogni anno sono regolarmente in ferie per non continuare ad uccidere anche io un uomo che lo Stato lasciò solo.