Le urne, all’estero, sono chiuse. Ora è ufficiale. Alle 4pm di giovedì 1 marzo è scattato il termine ultimo per gli italiani fuori dall’Italia, per inviare o per portare in ambasciata e in consolato la busta contenente le schede compilate e il tagliando elettorale. Noi de La Voce di New York ci siamo recati nei minuti prima della deadline al Consolato Generale di New York, su Park Avenue, dove le procedure si sono svolte con regolarità. All’interno della sede consolare, come normale che sia, bocche cucite da parte di tutti i funzionari. Nessuno ci ha concesso dichiarazioni ufficiali su come e su quando le schede verranno trasportate in Italia, quale sarà la procedura, quali gli step e quali le tempistiche. Ci è solo stato confermato che le buste arriveranno entro il 4 marzo, in tempo per lo spoglio. E che l’affluenza al voto all’estero non si saprà prima delle altre circoscrizioni, ma solo alla chiusura del voto la sera di domenica 4 marzo.
Il Console Generale d’Italia a New York, Francesco Genuardi, ha fatto sapere a La Voce di New York, con la consueta gentilezza e disponibilità, che “il Consolato in queste ore non può rilasciare alcuna dichiarazione”. Ce lo ha detto nella sala d’attesa, mentre gli ultimi pochi ritardatari ma ancora in tempo stavano facendo avanti e indietro per portare la propria busta elettorale e apporla nella apposita casella all’interno del Consolato Generale. E ci ha fatto capire che nessuno della rete consolare potrà esprimersi, ovviamente, fino a quando le procedure di voto non saranno concluse, anche in Italia.
La sensazione che si è respirata nella sede di Park Avenue a Manhattan nei minuti precedenti alla deadline delle 4pm, è stata un po’ quella tipica dei seggi elettorali di paese quando sta per suonare la classica “campanella di fine voto” e ci si appresta all’inizio dello spoglio. Con la differenza che qui lo spoglio non ci sarà, perché avverrà a Roma. E che non c’è stata nessuna campanella.
Rimangono, però, quelle sì, ancora molte ombre attorno alla lista Free Flights to Italy. La novità delle ultime ore è che la procura di Roma sta indagando sulle vicende e ha aperto un fascicolo, dopo la denuncia del notaio Luigi D’Alessandro . Non si è ancora capito, tra l’altro, da quale consolato Giuseppe “Joe” Macario, capolista del movimento che chiedeva il voto degli italiani all’estero promettendo i rimborsi gratuiti dei voli, sia passato per superare i controlli necessari a presentare quella lista. Dal consolato di New York, anche giovedì 1 marzo, è arrivata la conferma della posizione ufficiale già concessa a La Voce di New York: totale estraneità alla faccenda, Macario non è passato per la Grande Mela. Ma oltre al consolato colpevole, che appunto non può essere quello di New York, su cui permangono i dubbi, c’è chi iniziare a pensare che ci sia stata una talpa. Un complice. Una persona all’interno del sistema, che ha aiutato Macario a presentare una lista come quella. Il dubbio, del resto, rimane. E si protrarrà anche dopo il voto, che esso venga annullato o meno: è mai possibile che un singolo cittadino italiano all’estero, dalla residenza sconosciuta e dal passato incerto, sia stato capace di raggirare da solo il sistema di controllo e di farsi beffe di un intero Ministero senza l’aiuto di nessuno? Ai posteri l’ardua sentenza. Alla Procura di Roma, buon lavoro.