Nel mio ultimo articolo due lettori, con molto garbo devo ammettere, mi hanno accusato di allarmismo un po’ eccessivo sullo scenario Russia-Ucraina. Critiche che ho accettato, sebbene non fosse mia intenzione fare allarmismi, in quanto erano pur sempre fatti quelli che citavo. Questa mattina, puntualmente, ne sono arrivati altri da fonte molto autorevole e sempre ben informata.
Il giornalista del Corriere della Sera Guido Olimpio informa che nei prossimi giorni “tre portaerei – l’italiana Cavour, l’americana Truman e la francese Charles de Gaulle – inizieranno esercitazioni nelle acque del Mediterraneo orientale, sempre più fondamentale per le sue proiezioni. Un test significativo per intensificare la cooperazione, condividere esperienze, testare i mezzi (inclusi gli F35). La Spagna ha deciso di inviare un dragamine in Mar Nero, al quale si aggiungerà presto una fregata. Non escluso neppure lo spostamento di caccia in Bulgaria, tutto connesso alla crisi ucraina.”

Nel frattempo, quasi contestualmente, alla Grecia sono stati consegnati dalla Francia sei aerei caccia della classe “Rafale”, e da Gibilterra hanno segnalato l’ingresso nel Mediterraneo della nave battente bandiera russa Tatischchev, un’unità navale di grandi dimensioni identificata con la sigla SSV, tipica delle navi per comunicazioni e di intelligence russe. Queste unità sono molto ben equipaggiate per svolgere missioni ELINT, raccolta di informazioni.
Dopo la gaffe di Biden sull’invasione ucraina, proprio l’altro giorno il segretario di Stato Blinken ha affermato che le capacità di attacco della Russia possono provenire da ben tre direzioni. Il diplomatico ha poi ribadito che questo può avvenire in tempi rapidissimi e con immediate possibilità di successo da parte di Mosca. Si intravede perciò il rischio di un pantano in Ucraina. Che però, a ben guardare, non conviene innanzitutto a Putin.
Tuttavia, se qualcuno lo avesse dimenticato, rimane il nodo del gas, su cui ci sono interessi completamente contrapposti: da un lato gli Stati Uniti, insieme ad alcuni Paesi europei, spingono affinché si adotti un primo forte provvedimento: chiudere il gasdotto Nord Stream 2 lasciato in eredità dalla cancelliera tedesca Merkel. Ovviamente il neo esecutivo socialista della Germania si oppone all’ipotesi, che le taglierebbe i propri rifornimenti energetici. Per ora Berlino resiste, ma è evidente che, nel caso di un attacco di Mosca a Kiev, i tedeschi dovrebbero gioco forza capitolare.

Il pensiero e il convincimento degli USA è corretto e si potrebbe rivelare assai efficace, in quanto le casse russe sopravvivrebbero a malapena al venir meno miliardi di introiti, visto che in caso di mancanza di incassi per la vendita dei suoi idrocarburi il default sarebbe pressoché inevitabile.
Mentre la situazione fermenta, l’UE è totalmente silente e incapace di avere, come al solito, una propria politica estera ed economica schiacciata, da un lato dalla giusta pressione americana e, dall’altra, da un certo egoismo tedesco. In Italia, addirittura, si gioca al Quirinale.