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December 19, 2019
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Impeached! Il marchio della vergogna indelebile sulla presidenza di Donald Trump

Il Congresso, con il voto della House, decreta l'incriminazione del Presidente degli Stati Uniti: qualunque cosa succederà, la storia non gli darà più scampo

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
La Camera passa l’impeachment, per Trump inizia la discesa all’inferno della storia

Trump nell'illustrazione di Antonella Martino

Time: 4 mins read

Il 18 dicembre del 2019, sarà una di quelle date che gli studenti americani dovranno ricordare ad ogni esame: per la terza volta nella storia degli Stati Uniti, un presidente è stato incriminato dalla Camera del Congresso. Donald Trump non potrà che rassegnarsi: come è stato per Bill Clinton nel 1998, e come centotrenta anni prima accadde per Andrew Johnson, anche il 45esimo presidente USA sarà da ora in poi quel “Commander in Chief” che qualunque cosa farà, sarà per sempre ricordato come il terzo presidente che fu incriminato dal Congresso.

Qualcuno penserà: ma tanto al Senato i democratici, minoranza, non raggiungeranno mai i 2/3 necessari per condannare Trump e quindi sfrattarlo dalla Casa Bianca. Probabile. Ma avvenne anche così con Bill Clinton e prima di lui con Andrew Johnson. Entrambi non furono rimossi. Eppure lo stigma “impeached!” resta  per sempre impresso nella loro presidenza come un indelebile marchio di vergogna. E, eventualmente, a Trump verrà ancora tutto più difficile: dovrà diventare, nel 2020, il primo presidente “impeached” che tenta di farsi rieleggere alla Casa Bianca, cosa che non è ancora mai successo nella storia USA (Andrew Johnson non fu rieletto, Clinton fu impeached quando era già al suo secondo mandato).

Marzo 1868: una illustrazione del processo per l’impeachment di Andrew Johnson al Senato degli Stati Uniti pubblicato su Harper’s Weekly

Avrebbero potuto i democratici non andare così in fondo, girarsi dall’altra parte e far finta di nulla? In realtà i democratici non avevano scelta. Rispetto agli articoli di impeachment contestati ai due precedenti presidenti nella storia USA, quello a Trump è il più grave: aver tentato di coinvolgere un governo straniero a interferire nel processo elettorale degli Stati Uniti, per poter favorire così la sua rielezione, a costo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ritardando gli aiuti militari all’Ucraina già approvati dal Congresso. Se non sono accuse gravissime da meritare l’impeachment queste, allora quali potrebbero esserle? I padri fondatori quando scrissero la Costituzione USA, vollero includere questa possibilità di poter “impeach” il presidente proprio per avere quei poteri di reazione nella possibilità che il capo dell’esecutivo potesse “tradire” la Repubblica anteponendo i suoi interessi a quelli degli Stati Uniti.

Dopo aver ascoltato per quasi sette ore i discorsi dei deputati, una frase era ricorrente nella maggioranza di chi ha votato poi per l’impeachment: “Nessuno è al di sopra della legge”. Come la speaker Nancy Pelosi, dopo il voto, davanti ai giornalisti, ha detto: “Dicembre 18: una grande giornata per la Costituzione degli Stati Uniti. Un giorno triste per l’America che ha dovuto assistere, a causa delle attività spericolate del presidente, alla nostra presentazione di due articoli di impeachment contro di lui “.

Proprio in queste ore, dopo il voto, si viene a sapere che la speaker Pelosi probabilmente “tarderà” nell’inviare al Senato gli articoli approvati per l’impeachment necessari a far partire  il “processo” al presidente Trump. E perché? Perché il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, non ha dato ancora le garanzie sulle regole da stabilire per il processo. Inoltre il leader dei senatori del Gop aveva anche già annunciato che non avrebbe fatto testimoniare alcuni ex esponenti dell’amministrazione Trump (uno su tutti l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton).  E allora ecco la contromossa di super Nancy: i repubblicani non assicurano un processo equo? Allora noi “congeliamo” tutto. Cioè Trump resta “impeached” senza essere giudicato fino a che McConnell non cambia atteggiamento…

Questo ovviamente va contro l’immediato interesse dei repubblicani che adesso vorrebbero velocizzare il tutto per poter votare al più presto il loro no alla “colpevolezza” di Trump bloccando così il tentativo dei democratici di rimuoverlo dalla Casa Bianca.

Il Presidente Donald Trump e la Speaker del Congresso Nancy Pelosi nell’illustrazione di Antonella Martino.

Avete capito la contromossa di Nancy? Tu Mitch pensi di far il furbo con me e non stabilire quelle regole al processo che possono permettere di far conoscere bene a tutti i senatori così come al popolo americano, le gravissime accuse per cui Trump ha ricevuto l’impeachment? Allora noi non ti trasmettiamo gli articoli appena votati fino a quando tu non stabilisci queste regole eque. E ora il tempo, infatti, gioca a favore dei democratici…

Questo storico dramma che scuote ma allo stesso tempo difende la democrazia americana è solo appena iniziato. Trump ha tentato in tutti i modi di spezzare l’atmosfera di solennità storica di questa giornata al Congresso. Proprio ieri sera, nel suo comizio in Michigan, dove parlava  mentre la Camera passava gli articoli di impeachment, ha tenuto il suo solito atteggiamento da sbruffone, in cui ripeteva: “Impeachment? E allora? Tutto negli Stati Uniti va bene, quindi?”. Già, chissenefrega, vorrebbe il presidente che tutti gli americani pensassero. E poi Trump ha aggiunto: “La Camera dei democratici di quella pazza di Nancy Pelosi si è marchiata per l’eternità di vergogna”.

Invece è proprio Trump che da poche ore ha cominciato la sua discesa verso l’inferno della storia americana che lo condannerà, ormai, qualunque cosa farà, ad essere ricordato come il terzo presidente degli Stati Uniti ad essere incriminato dal Congresso, e con la gravissima accusa di aver abusato del suo potere.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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