Con la carneficina di Parigi, il Califfato ha aperto un nuovo fronte del conflitto, che per la prima volta, si è spostato dal Medio Oriente sul suolo europeo facendo coincidere l'attentato con la vigilia della riunione del G20 in Turchia e mentre a Vienna si svolgeva il vertice internazionale sulla Siria.
È proprio dalle divisioni della comunità internazionale che il teatro di questa odiosa guerra si è espanso, permettendo a Daesh di insediarsi in Libia e di poter addestrare cellule terroristiche in Europa. Se fino ad ora si fatica a trovare un’intesa sui tavoli diplomatici, l’obiettivo strategico dell’ISIS, a detta degli esperti, è chiaro: destabilizzare l’area mediorientale consolidando il controllo di una parte della Siria e dell’Iraq e colpire con azioni sanguinose l’occidente, reclutando tra le proprie fila pezzi della comunità islamica europea. Per compiere le sue azioni criminali, il Califfato si serve infatti di un esercito silenzioso formato da gente che vive nelle nostre città, ha studiato nelle nostre scuole e parla la nostra lingua. Quest’ultimo aspetto rende le azioni terroristiche avvenute a Parigi inquietanti, oltre a mettere in serio dubbio le politiche di integrazione francesi.
Di fronte alla spietatezza dei nostri nemici, la risposta militare della comunità internazionale è ancora frammentata. È vero, Hollande ha reagito dichiarando lo stato di guerra e su Raqqa, considerata la capitale del sedicente Califfato, sono piombate implacabili le bombe francesi. Tuttavia non bisogna illudersi: la rappresaglia di Parigi non basterà da sola a fermare la minaccia islamista. Già prima dell’attentato i bombardamenti alle postazioni jihadiste siriane si erano intensificati, ma nonostante ciò permangono ancora due diverse coalizioni anti ISIS (una a guida americana, l’altra russa). La prima appoggia la frammentatissima opposizione al dittatore Bashar Al Assad, la seconda lo sostiene apertamente. A complicare le cose c’è poi l’eterna lotta per l’egemonia regionale, la quale coinvolge iraniani, turchi e paesi del Golfo. Il cuore del problema sta proprio qui, nei condizionamenti che americani e russi subiscono dai loro alleati mediorientali, i quali non esitano a usare il Califfato come spauracchio per perseguire i loro interessi geopolitici. Nel frattempo Daesh amministra direttamente vasti territori facendo proseliti e seminando morte.
All’inizio del G20 di Antalya il faccia a faccia informale tra Obama e Putin aveva acceso entusiasmi eccessivi e prematuri, che si sono infranti di fronte alle successive dichiarazioni del leader del Cremlino, dure ma sacrosante: “Un accordo è impossibile perché l’Occidente è diviso nei suoi approcci alla lotta a questo fenomeno" ha detto.
Il vertice non ha dunque prodotto quella svolta che molti speravano, ma un documento generico, che pur affermando alcuni giusti principi, smuove ancora poco. Fino ad ora la cooperazione militare tra le due coalizioni è stata minima, giusto per evitare spiacevoli incidenti sul campo. Le forze armate francesi e quelle russe sembrano nelle ultime ore collaborare in modo più stretto, ma è inutile dire che non basta. Per avere qualche speranza di successo sono gli Usa e la Russia a dover creare una piattaforma politica condivisa, combattendo uniti e tenendo a bada gli appetiti dei loro alleati, i quali per troppo tempo ne hanno condizionato le azioni.
Il primo obiettivo deve essere la costruzione di una solida coalizione a guida congiunta americana e russa che agisca sulla base di un piano strategico dettagliato (possibilmente avallato dalle Nazioni Unite) imponendo nuovi e stabili equilibri in Siria e annientando definitivamente lo stato islamico. E se per far ciò occorre ridefinire sfere d’influenza in altre zone del mondo, amen.
Nei confronti della barbarie dell’estremismo islamico, come un tempo di fronte al nazifascismo, non c’è differenza ideologica né rivalità che regga. A esser sinceri, sembra che Mosca abbia capito ben prima di Washington questo elementare concetto, tanto che la Duma (il Parlamento russo) ha esortato molti paesi in Europa, nel Nord America e del Medio Oriente ad unirsi in una coalizione come un tempo contro Hitler.
La notte insanguinata di Parigi deve portare insomma ad azioni concrete ed efficaci da pianificare in tempi brevi, prima che l’Europa si trasformi in un lugubre campo di battaglia. In questo senso, bisogna scongiurare interventi militari sconclusionati che non abbiano una credibile direzione politica. Ripetere gli errori commessi in Iraq e in Libia, dove sono stati scardinati regimi laici lasciando campo libero agli estremisti, sarebbe imperdonabile.
Una cosa è certa: dall’accordo tra Usa e Russia, oggi come un tempo, dipendono la pace e la sicurezza di una buona fetta del Mondo.