“Siamo un’ antica civiltà, con una democrazia con origini che risalgono a 2500 anni fa. Non ci facciamo dire da nessuno come dovremmo condurre la nostra democrazia”. Così ci ha risposto l’elegante ambasciatrice dell’India Ruchira Kamboj, la prima donna rappresentante permanente alle Nazioni Unite del suo paese e per il mese di dicembre presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Durante la conferenza stampa al Palazzo di Vetro, a proposito della riforma del Consiglio di Sicurezza, dato che la democrazia più grande del mondo negli ultimi anni figura tra i peggiori paesi nel ranking sulla libertà di stampa e d’espressione (150esima su 180 paesi!), le avevamo chiesto se questi passi indietro per nulla democratici potessero complicare il supporto all’India per una riforma del Consiglio che le dia il tanto agognato seggio permanente dell’UNSC…
L’Ambasciatrice nel replicare dicendo che sulla democrazia l’India “non ha nulla da imparare dagli altri”, ci ha però detto troppo poco per smentire le autorevoli organizzazioni, come Reporters Without Borders, che indicano l’umiliante performance del governo di Narendra Modi sulla libertà di stampa: si può ancora essere percepiti come la più grande democrazia del mondo quando “a pillar of democracy” diventa così traballante? “Abbiamo tutte le colonne della democrazia a posto, quello esecutivo, quello legislativo, quello giudiziario, e sì anche quello del quarto potere (i media, ndr), con una vibrante informazione anche on line. Ogni cinque anni teniamo le elezioni, è così che funziona il nostro paese e la traiettoria sta andando benissimo. E non devi ascoltare me, perché lo dicono gli altri”. Purtroppo per l’ambasciatrice, almeno sulla libertà di stampa, le autorevoli organizzazioni che la monitorizzano nel mondo, come il CPJ, non la pensano così.

L’India resta una potenza all’Onu molto fiera del lavoro svolto finora come membro non permanente eletto all’interno del Consiglio di Sicurezza: ”Negli ultimi due anni della nostra appartenenza al Consiglio, posso affermare con certezza che ci siamo assunti bene le responsabilità e abbiamo fatto ogni sforzo per colmare le diverse voci all’interno del Consiglio in modo da garantire che il Consiglio stesso parli con una sola voce per quanto possibile su una varietà di questioni. Porteremo lo stesso spirito alla nostra presidenza di dicembre”, ha detto orgogliosa Kamboj ai giornalisti mentre li informava sul programma di lavoro voluto dalla presidenza indiana che chiude anche la presenza dell’India dopo due anni al Consiglio di Sicurezza.

La riforma del Consiglio di Sicurezza, di cui i Quindici discuteranno il 14 dicembre nel programma presentato dall’ambasciatrice, è un chiodo fisso da ormai un quarto di secolo della politica estera dell’India, che con Giappone, Germania e Brasile ambisce ad ottenere una riforma che le conceda lo status di membro permanente (anche senza diritto di veto). Sarà infatti lo stesso ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankara presiedere le riunioni di metà dicembre al Consiglio sulla costruzione di un nuovo orientamento verso il “multilateralismo riformato”, del quale Kamboj ha detto che l’ONU “chiaramente è ben lungi dal rifletterne la vera diversità” dei membri delle Nazioni Unite. Kamboj ha attaccato lo stallo in corso, affermando che 22 anni dopo che i leader mondiali si pronunciarono per una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, “non ci siamo mossi di un centimetro e manca persino un testo negoziale”. L’ambasciatrice ha aggiunto che l’architettura di sviluppo globale al di fuori delle Nazioni Unite è “ugualmente distorta” e richiederebbe sforzi intensi per migliorare la coerenza dei sistemi monetari, finanziari e commerciali internazionali. “C’è un raggio di speranza, se posso metterla in questo modo”, ha detto Kamboj sottolineando che durante la 77a sessione ad alto livello dell’Assemblea generale, ben 76 paesi hanno sostenuto le riforme del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e 73 hanno parlato a favore delle riforme delle Nazioni Unite.
L’ambasciatrice ha anche annunciato che il 15 dicembre ci sarà una riunione speciale del Consiglio di Sicurezza dedicata all’antiterrorismo, dove parteciperà sempre il ministro degli Esteri. Inoltre durante la presidenza dell’India, verrà inaugurata una statua di Mahatma Gandhi al Palazzo di Vetro.

A chi gli chiedeva sulla guerra in Ucraina e come l’India condurrà i lavori del Consigli di Sicurezza (ricordiamo che sulle risoluzioni contro la Russia presentate sia al Consiglio di Sicurezza che all’Assemblea Generale l’India si è astenuta), l’ambasciatrice Kamboj ha sostenuto il fondamentale ruolo di “mediatore” dell’India: “Noi rappresentiamo la voce della moderazione. Siamo in grado di parlare sia con l’Occidente che con la Russia, cercando sempre di farlo negli interessi della pace. Abbiamo chiarito subito la nostra posizione e abbiamo condannato gli attacchi ai civili, da qualunque parte questi provengano”.
All’ambasciatrice è stata fatta la domanda su cosa pensasse di quello che solo poche ore prima era stato lamentato dalla Russia: l’accusa alla NATO di voler influenzare l’India per schierarla contro Mosca. E’ veramente così? “L’India è troppo grande, resta dritta da sola nel prendere le decisioni senza essere influenzata da nessuno. Noi ascoltiamo e per questo siamo in grado di parlare con entrambe le parti. Siamo sempre concentrati sulla situazione umanitaria e lo abbiamo dimostrato con il nostro aiuto alla popolazione in Ucraina. Nessuno può influenzarci nel prendere le nostre decisioni”.

Quando qualcuno ha chiesto cosa ne pensasse delle proteste in Cina a causa delle restrizioni sul Covid, Kamboj è stata di poche parole: “L’India non commenta mai sui problemi interni di altri paesi”.
Tornado alla riforma del Consiglio di Sicurezza, quando le abbiamo chiesto cosa pensasse del “potere di veto”, l’ambasciatrice indiana ci ha risposto: “Idealmente non ci dovrebbe essere per nessun membro il potere di veto, ma se non si riesce a togliere allora dovrebbe valere per tutti”. Le avevamo fatto anche notare che nel quasi quarto di secolo di tentativi di riforma, quella che dovrebbe aggiungere dei seggi permanenti non è mai riuscita a convincere i paesi necessari a farla passare dall’Assemblea Generale, che sono in numero sufficiente a bloccarla perché contestano la non democraticità della riforma portata avanti da India, Germania, Giappone e Brasile. L’ambasciatrice Kamboj ha cercato di restare ottimista: “E’ normale che ci siano opposizioni all’interno dell’ONU, ma noi spiegheremo bene la nostra idea di riforma e cercheremo di convincere gli altri”.
Riusciranno gli indiani a far cambiare idea al gruppo “Uniting for Consensus”, cofondato e tutt’ora guidato dall’Italia, con l’ambasciatore Maurizio Massari che tra le sue fila ha anche il Pakistan, l’arci-rivale dell’India? Difficile.