Il microfono che usano alcuni giornalisti Rai è un gelato? Si porge e basta, e poi si spegne il cervello? E un piccolo paesino siciliano è diventato come la Svizzera di un tempo che non voleva immigrati siciliani ed i suoi abitanti sono come certi razzisti degli anni Cinquanta del Nord Italia "che non affittavano case ai meridionali"'?
Mi sono saltati in mente questi interrogativi vedendo sabato mattina il servizio del Tg3 Sicilia da Scicli, cittadina della provincia di Ragusa, nel cuore della Sicilia barocca e con splendida spiaggia annessa. Il problema è che su queste splendide coste arrivano da mesi migliaia di migranti in fuga da tutte le miserie del mondo. Eritrei, somali, siriani, ma anche disperati del Maghreb che dopo un viaggio-calvario giungono stremati alle porte di casa nostra. Non per restarci, beninteso. Tutti vogliono proseguire, al loro del barocco siciliano non importa granché. Preferiscono la Scandinavia, l'Europa continentale, dove magari non troveranno splendide spiagge, ma posti di lavoro sì. Leggi e regole comunitarie ottuse li costringono però a restare dove sono chissà per quanto tempo, in attesa che si chiarisca la loro posizione. E così alle nostre autorità non resta che trovargli una sistemazione, tra mille difficoltà e resistenze. E ' un problema enorme per tutti. Per chi arriva, per chi vive in queste spiagge di frontiera, per chi deve cercare una soluzione.

Una veduta di Scicli
E andiamo a noi. Il servizio della Rai ci informa che questi immigrati a Scicli non li vogliono. O meglio non vogliono che l'ultimo contingente, una trentina tra donne e bambini piccoli, alloggi in una struttura a pochi passi da una scuola. Il giornalista quasi accenna al particolare che si tratti solo di donne e bambini, alcuni neonati. E non uomini adulti, certamente potenziali criminali e stupratori per chi non ha a cuore certi temi. No, donne e bambini. Però armato di microfono, lo porge ai cittadini per capire il perché di questa rivolta. Come al solito il perché non si capisce bene, però tutti gli intervistati ci tengono a fare sapere che non sono razzisti, per carità, vogliono solo una sistemazione "più adeguata" per questi migranti.
Cosa si intenda per più adeguata non si sa, di sicuro non vicino alla scuola dei loro figli che potrebbero entrare in contatto con bimbi dalla pelle più scura e capelli ricci. Guarda caso, come lo erano un tempo i siciliani, quando salivano sui treni e andavano a guadagnarsi il pane nelle miniere del Belgio o nelle fabbriche del Nord. Anche loro avevano bambini con i capelli ricci e gli occhi neri, ma forse qualcuno non se lo ricorda. Magari lo dovrebbe ricordare il sindaco di Scicli, ma niente anche lui nel servizio Rai si unisce al coro dei risentimenti e dei distinguo. "No, non siamo razzisti, vogliamo solo una sistemazione più adeguata". Il sindaco ci aggiunge il solito piagnisteo su aiuti non ricevuti e appelli alle autorità per "interventi immediati".
E il nostro giornalista? Magari si concentra, ricorda che lavoro fa e tenta di formulare un paio di domande? Macché silenzio assoluto. Il microfono passa di mano come un cono alla fragola, sembra quasi tremare tra le dita del cronista, perché il gelato può sciogliersi e così il servizio non viene più bene. C'è tempo solo per le proteste dei genitori, per le richieste istituzionali del sindaco di Scicli e poi dissolvenza, silenzio. Magari una domandina tipo, "signora si ricorda quando i suoi nonni erano senza lavoro e andavano con la valigia di cartone in cerca di fortuna?", e invece nulla. Abbiamo il 50 per cento di disoccupati e i nostri nemici sono mamme e bambini con la pella scura.