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March 25, 2022
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La battaglia del grano: perché la guerra in Ucraina mette a rischio pasta e pane

2,5 miliardi di persone dipendono da tre soli Paesi esportatrici: Ucraina, Russia e Cina. In Italia probabili rincari, situazione drammatica per Libano ed Egitto

La Voce di New YorkbyLa Voce di New York
La battaglia del grano: perché la guerra in Ucraina mette a rischio pasta e pane

Tractor harvest grains of wheat in a farm field in Ukraine

Time: 3 mins read

I prezzi del grano continuano a salire dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Un’impennata che accresce le preoccupazioni per una possibile crisi alimentare globale causata dalla guerra, soprattutto tra i Paesi in via di sviluppo.

L’Ucraina ha lanciato un programma per assicurarsi almeno il 70% dei raccolti rispetto al 2021 nonostante la guerra. Ma i Paesi corrono ai ripari, soprattutto quelli più dipendenti dall’export delle ex repubbliche sovietiche.

L’Egitto è tra i più colpiti. Per la prima volta da quando è entrato in carica, il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha ordinato un tetto ai prezzi del pane, dopo che il costo dell’alimento base egiziano è aumentato anche del 50%. La mossa è finalizzata ad attenuare l’impatto della guerra su Paese in cui, secondo Michael Tanchum del Middle East Institute, “mantenere il prezzo del cibo di base a prezzi accessibili è stato il fondamento della stabilità del regime” per 60 anni.

La situazione in Italia

Dall’Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di chili ma anche il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali, per un totale di 785 milioni di chili.

 

L’Italia è infatti un Paese deficitario su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.

Lo studio

Un’azione politica ed economica internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento alimentare in tutte le zone maggiormente vulnerabili e una serie di interventi agricoli per rendere più resilienti le future colture di grano. Questi, secondo un approfondimento pubblicato sulla rivista Nature, sono i principali interventi necessari per risolvere la crisi del grano provocata dalla combinazione dell’invasione russa dell’Ucraina e le forti piogge in Cina.

Il testo, a firma di Alison Bentley, direttrice del Global Wheat Program presso l’International Maize and Wheat Improvement Center di Texcoco, in Messico, si concentra sulle difficili conseguenze della situazione internazionale e le possibili strategie di azione.

“L’invasione dell’Ucraina – scrive la scienziata – ha provocato interruzioni preoccupanti a breve, medio e lungo termine nelle catene di approvvigionamento alimentare globale. Le due nazioni coinvolte nel conflitto contribuiscono infatti per quasi un terzo alle esportazioni di grano a livello globale. Il Libano, ad esempio, ottiene l’80% del grano dall’Ucraina”.

Con i costi delle materie prime aumentati enormemente, i sei milioni di ettari di coltivazioni di grano in Ucraina potrebbero perire a causa della mancata gestione. Allo stesso tempo, inoltre, le forti piogge nell’Asia orientale stanno compromettendo il benessere delle colture cinesi.

Per risolvere questa complessa situazione, sostiene l’autrice, si rendono necessari degli interventi di politica economica internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento alimentare immediato delle zone più vulnerabili. In aggiunta, sarà fondamentale attuare una serie di interventi agricoli per rendere più resilienti le coltivazioni di grano negli anni a venire.

“Questo problema è molto più ampio e più profondo rispetto alla difficoltà dei campi trascurati a causa dei bombardamenti – osserva Bentley – la guerra mette in luce la sconsideratezza di una situazione in cui 2,5 miliardi di persone dipendono pesantemente da tre sole nazioni (Russia, Ucraina e Cina) per l’esportazione del grano. Con i cambiamenti climatici in atto, è assolutamente necessario espandere la coltivazione di grano anche nelle regioni poco produttive”.

Wheat camp in Ukraine (Photo Twitter @AlexeyYeremin)

Per concretizzare questa prospettiva si dovranno fornire lavoratori qualificati, fertilizzanti e sementi, in particolare nelle nazioni a basso reddito. “Il germoplasma di grano migliorato può dare origine a piante più resilienti – commenta ancora Bentley – ma gli agricoltori devono avere accesso alle migliori pratiche di coltivazione. Si potrebbe utilizzare la genomica per tracciare i possibili patogeni e parassiti delle piante che avrebbero la capacità di compromettere la salute delle coltivazioni”.

In terzo luogo, commenta l’esperta, gli sviluppi nelle scienze e nelle politiche agrarie devono indirizzare il sostegno alle donne che coltivano nelle zone rurali. Un decennio fa, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura ha stimato che se le donne avessero lo stesso accesso alle risorse rispetto agli uomini, i raccolti potrebbero aumentare del 20-30%, riducendo almeno del 12% il numero di persone che vertono in condizioni di carenza di cibo.

“In assenza di politiche e interventi mirati – conclude Bentley – l’intensificazione dei prezzi potrebbe ampliare i divari di genere. Nel corso della storia, il conflitto è stato sempre guidato da un accesso iniquo e insufficiente al cibo. Senza provvedimenti specifici, la l’incombente crisi alimentare avrà un impatto significativo sui mezzi di sussistenza delle persone in povertà, anche nelle nazioni ad alto e medio reddito”. (Agi)

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