L’1 agosto sarà l’Earth Overshoot Day 2018, la data in cui l’organizzazione di ricerca internazionale Global Footprint Network stima che le risorse sostenibili utilizzate dall’uomo si esauriranno. In altre parole, a partire dal 2 agosto la domanda di risorse da parte dell’uomo supererà quella che gli ecosistemi terrestri sono in grado di rinnovare in modo “sostenibile”.
Il termine “sostenibilità” legato all’ambiente è stato introdotto oltre un trentennio fa: nel 1983 le Nazioni Unite istituirono una Commissione Internazionale per l’Ambiente e lo Sviluppo che dopo ben quattro anni di lavori definì “sviluppo sostenibile” quella crescita che “soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. I lavori della Commissione Brundtland furono completati nel 1987, quando venne reso pubblico un rapporto di trecento pagine dal titolo “Our Common Future” (“Il futuro di noi tutti”) meglio noto come Rapporto Brundtland, dal nome della presidente, la primo ministro norvegese Gro Harem Brundtland.
Basandosi sul concetto di sostenibilità, ormai da molti anni viene calcolato quanto “sostenibile” è il comportamento dell’uomo, in assoluto e paese per paese. Basandosi su diversi parametri i ricercatori calcolano quante risorse sono necessarie per consentire un certo stile di vita. In termini assoluti, nel 2018, l’umanità ha consumato cibo, acqua, fibre, terra e legname disponibili in modo sostenibile in appena 212 giorni. Una sorta di punto di non ritorno se si pensa alla sostenibilità.
In altre parole, per garantire la sostenibilità del proprio stile di vita la popolazione terrestre avrebbe bisogno dell’equivalente di 1,7 pianeti come la Terra per arrivare alla fine dell’anno. Diversi i fattori considerati: urbanizzazione, consumi energetici, disponibilità di risorse alimentari e variazioni demografiche. Proprio quest’ultima, ad esempio, appare importantissima: basti considerare che oggi la popolazione mondiale è il doppio di quella degli anni settanta dello scorso secolo (aumento del 104%). A questo si è associata una riduzione della diversificazione tra le specie vertebrate (diminuite del 58%).
Ma non mancano altri aspetti interessanti contenuti nello studio. Il primo è che a consumare di più sono i paesi più industrializzati: non è un caso se il 60% dell’impronta ecologica è legata al consumo di carbonio.
Anche l’analisi della sostenibilità dei singoli paesi, presenta dati sorprendenti. A cominciare dall’Italia che ha raggiunto il giorno dell’esaurimento delle risorse sostenibili molto prima dell’1 agosto: addirittura il 24 maggio. Peggio del Bel Paese, la maggior parte dei paesi europei. Anche quelli “ecologisti” o “verdi” (almeno sulla carta). A cominciare dalla Germania (il suo punto di non ritorno è stato il 2 maggio). E poi la Francia (5 maggio), il Regno Unito (8 maggio) e perfino i paesi nordici, da sempre ai vertici delle classifiche mondiali per il rispetto dell’ambiente, in questo caso si trovano in coda: la Svezia ha raggiunto il punto di sostenibilità il 4 aprile, la Finlandia l’11 dello stesso mese, la Danimarca ancora prima, il 28 Marzo.
Ancora peggiore la posizione degli USA che hanno saturato le proprie risorse addirittura il 15 marzo: ciò significa che, per vivere senza intaccare le riserve altrui e senza pregiudicare le possibilità di sviluppo future, ai cittadini a stelle e strisce non basterebbero cinque pianeti come la Terra! Quasi identica la situazione in Canada e ancora peggiore in Qatar o negli Emirati Arabi Uniti o in Lussemburgo.
Un quadro che dimostra, senza timore di smentita, la responsabilità dei paesi più industrializzati e, sulla carta, più sviluppati (resta da capire cosa si intende con questo termine). Lo dimostra il fatto che paesi molto più “arretrati” presentano invece un livello di sostenibilità molto più elevato: il Costa Rica, ad esempio, raggiunge l’Overshot Day a settembre (il 2). Stessa cosa per la Tailandia (il 4). Il Perù il 25 settembre e l’Ecuador un mese dopo, il 25 ottobre. Il Vietnam raggiungerebbe l’Overshot day addirittura il 21 dicembre!
Cos’è che rende la performance della maggior parte dei paesi “sviluppati” così arretrata? Ancora una volta nessuna sorpresa: sono anni che ricercatori e studiosi ripetono che il modo di vivere e di pensare la crescita economica di questi paesi è insostenibile sotto l’aspetto ambientale (in senso lato).
Ad esempio, se si guarda all’Italia, confronto tra la domanda annuale di risorse rinnovabili, la popolazione e, dall’altro lato, la biocapacità del territorio (la capacità di rigenerare le risorse naturali in un anno) il risultato è che agli italiani per continuare così servirebbero 4,3 ettari globali o gha. A pesare nel calcolo sono soprattutto i trasporti e il consumo di cibo. “Se tutti gli abitanti della Terra consumassero le risorse come fanno gli italiani, avremmo bisogno di 2,6 pianeti come la Terra.
Ma chiaramente abbiamo solo una Terra a disposizione, e non adattarsi ai suoi limiti diventa un rischio per tutti noi. Se il nostro pianeta ha dei limiti, l’ingegno dell’uomo sembra non averne”, ha detto il co-fondatore del Global Footprint Network, Mathis Wackernagel. In alcuni casi i risultati dei singoli paesi sono sorprendenti: ai giapponesi, ad esempio, servirebbero oltre 7 paesi come quello in cui vivono per essere sostenibili, ai cinesi e ai britannici quattro ciascuno, alla Corea del Sud non ne basterebbero otto!
Per assurdo che possa sembrare, sono paesi come Namibia, Ecuador, Ghana, Guatemala, Laos, Niger e molti altri tutti paesi “sottosviluppati” a rendere meno grave la rapidità dello sfruttamento delle risorse del pianeta e a gestire le proprie risorse in maniera di gran lunga più sostenibile di quanto fanno paesi più sviluppati.
Altro aspetto importante è che la situazione continua a peggiorare: “Quasi ogni anno, il Giorno del Sovrasfruttamento cade sempre prima nel calendario e questo succede a partire dai primi anni Settanta, quando l’umanità ha iniziato a vivere in deficit ecologico”, scrivono sul sito della Gfn. “Gli effetti del deficit ecologico globale stanno diventando sempre più evidenti in forma di deforestazione, erosione del suolo, perdita degli habitat naturali e della biodiversità, accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera e cambiamento climatico”.

Ma la cosa più grave e, per certi aspetti, più sorprendente è che le promesse fatte dai paesi del mondo (finita l’era della COP21 di Parigi con tuti i leader mondiali a farsi riprendere e fotografare mentre lavorano per lo sviluppo sostenibile del pianeta, nessuno parla più dei Millenium goals lanciati nel 2000; o dei Sustainable Development goals, gli obiettivi per lo sviluppo “sostenibile”, lanciati nel 2015) sembrano essere nel dimenticatoio. Peccato che, di questo, molti media, concentrati su temi come l’arrivo di questo o quel calciatore o la starlet di turno, preferiscono non parlare.
Chi volesse verificare la propria personalissima impronta ecologica potrà farlo sul sito http://www.footprintcalculator.org/