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June 19, 2015
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La Banca d’Italia scopre l’acqua calda: in Sicilia aumenta la povertà. Ma va!

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Solidarietà nel segno della crescita: perché l’Italia deve garantire imprese e lavoratori
Time: 5 mins read

La Banca d’Italia, alla buon’ora, si accorge che la Sicilia è in crisi. In effetti, non ci avevamo fatto caso. Gli ‘analisti’ di quella che è ormai una banca privata parlano addirittura di “recessione” con i principali indicatori economici “in discesa”.   

Il Prodotto interno lordo (Pil), l’occupazione, la produzione industriale, i servizi, i prestiti a famiglie e imprese e persino consumi sono al palo. Insomma, grandi ‘novità’. I siciliani, dopo aver letto l’analisi della Banca d’Italia quasi non ci credono… Può sembrare incredibile, ma in Sicilia sono anche aumentati i poveri. Come mai? Forse c’entra qualcosa il fatto che lo Stato centrale, ormai da decenni, non eroga più gli interventi ordinari al Sud, come denuncia in solitudine la Svimez? Forse c’entra anche il ‘furto con destrezza’ operato dai governi nazionali, che negli ultimi tre anni hanno scippato alla Sicilia oltre 5 miliardi di euro? Magari c’entrano anche i fondi Pac che l’oggi ministro Graziano Delrio ha strappato all’Isola? Di questi particolari gli ‘intellettuali’ della Banca d’Italia non parlano. Non si può avere tutto dalla vita!

Però, come già detto, hanno ammesso che i poveri aumentano. Già è una cosa, no? Almeno la Sicilia, nell’éra di Renzi, è ricca di povertà…

Quindi lo ‘scoop’: i giovani e i laureati siciliani hanno ripreso ad emigrare. Ma va! Tra Euro, Unione Europea, Renzi e il governo regionale di Rosario Crocetta cos’altro dovrebbero fare?

Poi c’è una notizia che potrebbe anche essere positiva, ma che invece alla Banca d’Italia danno come negativa: il crollo dell’export dei prodotti ottenuti dalla raffinazione del petrolio: in pratica delle benzine. Ebbene, l’export segna un  -15,2%: ciò significa che qualche raffineria siciliana – quelle che inquinano l’ambiente, creando, peraltro poca occupazione – sta chiudendo i battenti. Forse perché in Sicilia cominciano ad arrivare benzine già raffinate. E’ una notizia positiva, eppure gli analisti della Banca d’Italia quasi quasi ci stavano organizzando un mezzo funerale!

Secondo gli economisti di Bankitalia, in Sicilia, si salverebbe solo il turismo. Peccato che il direttore regionale di Confcommercio e direttore dell’Ente Bilaterale del Turismo, Salvatore ‘Totò’ Scalisi (come potete leggere in questo articolo) dice l’esatto contrario. Insomma, secondo gli analisti di quella che un tempo decideva le sorti della moneta italiana, la Sicilia registrerebbe un aumento degli arrivi di turisti (+8,8%) e anche un incremento delle presenze turistiche (+6,1%). Quello che la Banca d’Italia non dice – e che invece ha raccontato Scalisi al nostro giornale – è che una parte consistente di questi turisti che arriva in Sicilia finisce col trovare ospitalità nelle strutture alberghiere che operano in nero.

Ora, ironia a parte, c’è un passaggio della relazione di Bankitalia che ci sembra molto interessante: dal 2008 al 2014 la ricchezza prodotta nella nostra sempre più disastrata Isola ha subìto un crollo vertiginoso: ovvero 5 punti percentuali di Pil in meno. E’ quello che abbiamo raccontato noi qualche giorno fa (come potete leggere in questo articolo): da quando la Sicilia è amministrata dal centrosinistra (anno di grazia 2008, presidente della Regione Raffaele Lombardo) il ‘Convento’, cioè la Sicilia, è sempre più povera. Noi abbiamo anche scritto che i ‘frati’ (cioè chi governa la Sicilia) sono sempre più ricchi: ma questo, ovviamente, non lo possiamo certo leggere nelle relazioni ‘officiali’. Ci mancherebbe!

A questo punto facciamo una nuova scoperta: leggendo la relazione scopriamo che in Sicilia c’è ancora l’industria. Che comunque avrebbe palesato una riduzione del valore aggiunto 3,8%. Dove sia quest’industria siciliana e, soprattutto, dove gli analisti avrebbero rintracciato, addirittura, il valore aggiunto non lo sappiamo: ma se lo dicono loro sarà così. Ogni tanto anche in economia bisogna credere per fede. Altrimenti che ci stiamo a fare nell’Eurozona?

E’ andata peggio al settore delle costruzioni, che registra un calo del valore aggiunto del 6,6%, con una riduzione degli occupati del 6,5% e un 7,8% in meno di ore lavorate (il dato fa riferimento al 2008). Segnali negativi anche nei servizi con un -1,4%. E giù anche il valore aggiunto del settore agricolo (- 4,3%). Questo è un dato che dovrebbe fare riflettere l’assessore regionale all’Agricoltura della Sicilia, Nino Caleca. Questo dato, infatti, arriva a conclusione, almeno sulla carta, del Psr 2007-2014. Il Psr è una sigla che sta per Piano di sviluppo rurale. Sono – o meglio erano – i fondi europei destinati al settore agricolo. Oltre 2 miliardi di euro. Che in buona parte sono stati spesi. A quanto pare male, se il valore aggiunto di questo settore ha perso oltre 4 punti. Non sarebbe il caso di fare un bel report per vedere in quali tasche sono finiti questi soldi? Anche per evitare che i soldi della nuova programmazione finiscano nelle stesse tasche…

Insomma i dati sulla produzione agricola siciliana sono un mezzo disastro. Sui cereali i dati sono un po’ all’agrodolce: si registra una complessiva riduzione delle produzioni cerealicole, ma la produzione di frumento cresce di quasi il 5%. E questo è un fatto positivo.

Va giù, invece, anche la produzione di ortaggi (in questo caso, va segnalata la concorrenza sleale di prodotti di pessima qualità che invadono le nostre tavole); in ribasso anche le coltivazioni legnose (con gli incendi degli ultimi anni è il minimo); male la produzione di olive (- 40%), così come quella di uva da vino (- 30%). Tali numeri andrebbero, in realtà, ‘letti’ meglio. Per capire, ad esempio, se i dati sulle olive fanno riferimento all’annata in corso, che ha registrato un calo produttivo notevole (il 40% per l’appunto); o se il dato riguarda la produzione media ed eventualmente capire a quali anni fa riferimento tale media. Mentre sull’uva da vino la riduzione potrebbe anche essere fisiologica, se è vero che in Sicilia, tradizionalmente, si produce più vino di quello che si vende (il riferimento è al vino cosiddetto sfuso).

La Banca d’Italia – che, lo ricordiamo, è l’Istituzione che ha privato il Sud e la Sicilia di un sistema di credito di riferimento per salvare le banche del Centro Nord Italia (che in molti casi, negli anni ’90, erano messe molto peggio di Banco di Sicilia e Sicilcassa) – ammette che si è ridotto il credito concesso dalle banche alle famiglie. Riduzione che gli analisti di Bankitalia quantificano nell’1,6%. Un dato che, a nostro avviso, è molto sottostimato. La Banca d’Italia ci racconta, inoltre, che sarebbero aumentate le erogazioni di mutui per l’acquisto della prima casa (+20%) e alle imprese (-2,3%). Per poi precisare che la Sicilia registra, come sempre, “una scarsa propensione agli investimenti”. Questi dati sembrano confusi ad arte, forse per giustificare i disastri che la Banca d’Italia ha provocato in Sicilia in materia di credito.   

La relazione di Bankitalia ci dice che l’occupazione, in Sicilia, si è ridotta dell’1% nel 2014 (in pratica, 13 mila nuovi disoccupati). Mentre il tasso di disoccupazione sarebbe cresciuto del 22%. Con una disoccupazione giovanile che supera di poco il 40%. A perdere il lavoro sono stati gli uomini, mentre sarebbe cresciuta l’occupazione femminile. Sono, in questo caso, segnali flebili (+ 0,6% rispetto all’anno precedente che non significano nulla di concreto, soprattutto perché tale percentuale è calcolata su un ammontare già di per sé irrisorio). Il settore che manifesta più degli altri la crisi è sempre l’agricoltura: e questo è paradossale in presenza di robusti fondi europei che, lo ribadiamo, non riusciamo a capire a quali ‘agricoltori’ vengano erogati.    

Un altro elemento degno di nota, visti i tempi, è il calo di dipendenti pubblici. A perdere il lavoro sono, in particolare, i lavoratori dipendenti (-1,9%) per effetto della riduzione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. In lieve aumento i lavoratori autonomi (+2%).   

 

 

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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