L’ultima trovata è la probabile invasione dell’olio d’oliva tunisino. Saranno 70.000 tonnellate di prodotto che quest’anno e il prossimo invaderanno l’Unione europea. Si profila l’ennesimo colpo durissimo per le agricolture dei Paesi mediterranei, a cominciare da Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Per il Belpaese si verificherà un fatto che non è strano, ma ordinario: verranno penalizzate le tre regioni del Sud dove si concentra oltre il 90 per cento della produzione di olio d’oliva extra vergine italiano: Puglia, Calabria e Sicilia. Contemporaneamente, verranno agevolati i sofisticatori di questo prodotto, che sono presenti anche nel Meridione d’Italia.
Ad autorizzare l’invasione di questo prodotto è stata la Commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo che ha deciso, con un voto a larghissima maggioranza (31 voti a favore, sette contrari e una sola astensione) di fare entrare nel mercato europeo, senza dazi doganali, le già citate 70.000 tonnellate di olio d’oliva tunisino. La parola passa, adesso, al Parlamento europeo. Dove la confusione e la disonestà intellettuale dei parlamentari di alcune forze politiche si toccano con mano.
Una forza politica che sta facendo una battaglia per bloccare l’invasione dell’olio d’oliva tunisino in Europa (che poi potrebbe essere olio d’oliva proveniente anche da altri Paesi) è il Movimento 5 Stelle.
Per questo nuovo ‘regalo’i Paesi dell’Europa mediterranea debbono ‘ringraziare’ anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Federica Mogherini. È stata lei che ha imposto questo accordo contro il parere della Commissione del Parlamento Europeo che si occupa di questioni agricole. Perché la signora Mogherini ha adottato questa decisione? Perché, ha detto, bisogna aiutare la Tunisia, oggi in difficoltà. “Aiuti” che, stranamente, finiscono sempre col penalizzare le agricolture del Sud Europa e mai quelle del Nord Europa (su questo punto, una sorta di “questione meridionale” che riguarda le agricolture europee, torneremo più avanti).
Ma veramente la UE sta aiutando la Tunisia? Non ne è convinto Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia: “In questi ultimi anni di delocalizzazione dell’agricoltura – ha detto Pottino al quotidiano, La Sicilia – imprenditori siciliani, italiani, tedeschi, spagnoli ed europei in generale hanno spostato i loro interessi dove il denaro viene remunerato di più. Hanno fatto incetta di seminativi in Romania per beneficiare dei contributi della PAC, di agrumeti in Marocco per importare arance facendole passare per spagnole e, manco a dirlo, hanno comprato tutti gli oliveti tunisini usufruendo dello sgravio fiscale totale per dieci anni. Qui hanno investito rendendo innovativi gli impianti e, grazie alla manodopera a costo bassissimo e alla possibilità di impiegare
fitofarmaci proibiti in Europa, invadono i nostri mercati di olio a 2-3 euro al chilo. Dunque, la Mogherini e l’UE non daranno questo aiuto al popolo tunisino, non sosterranno la democrazia di quel Paese, ma i nostri imprenditori e quelli italiani e tedeschi che, senza pagare tasse, miscelano legalmente il loro olio tunisino con quello siciliano o italiano, o lo vendono con etichetta tunisina nei supermercati a prezzi low cost. Il nostro olio non può competere e viene svenduto o non viene acquistato”.
Pottino tocca un punto nevralgico: i pesticidi. In Italia e, in generale in Europa, ci sono pesticidi che sono stati banditi dall’agricoltura già alla fine degli anni ’60 del secolo scorso. Il dubbio (che è più di un dubbio, a giudicare da quello che dice il presidente di Confagricoltura Sicilia) è che questi veleni, dannosi per la salute umana, vengano utilizzati in Tunisia (ma anche in altri Paesi non europei) per produrre olive dalle quali poi si estrae l’olio. Il dubbio (che poi è più di un dubbio) è che questi veleni finiscano nell’olio di oliva poi venduto in Italia, danneggiando la salute di chi ne fa uso.
Contro l’importazione di olio d’oliva in Europa si batte anche l’eurodeputato di Forza Italia (formazione politica che nel Parlamento Europea aderisce al PPE), Salvatore Cicu: “Dico no perché voglio che si affermi il principio che l’Europa debba anzitutto occuparsi dei nostri distretti produttivi, sostenere le difficoltà economiche della Tunisia non significa dover compromettere i flussi commerciali dell’olio prodotto in Italia. Ben 56.000 tonnellate sono già state previste in precedenza, altre 70.00 dovrebbero arrivare. Questo comporta che i nostri mercati si trovino invasi da un prodotto che causerebbe per ovvie ragioni il crollo del prezzo, e come conseguenza una pericolosa e ulteriore flessione di un settore già in profonda crisi. Per queste ragioni mi batterò affinché nel confronto con il Parlamento Europeo e all’interno del nostro Partito Popolare Europeo si cambi destinazione”.
Le parole di Cicu ci dicono che il PPE si è già espresso a favore dell’importazione di olio d’oliva tunisino in Europa. Bisognerà vedere che cosa succederà quando il parlamento Europeo dovrà esprimere il voto finale. Lo stesso discorso vale per il PD, che nel Parlamento Europeo si esprime a favore dell’import di olio tunisino, mentre in Sicilia si dice contrario. La sensazione è che le due formazioni politiche che oggi governano l’Unione Europea – PPE e PSE (al quale aderisce il PD) – si stiano cimentando in un gioco delle parti: in Europa sostengono i comitati di affari che appoggiano l’invasione di olio d’oliva tunisino in Europa, mentre in Italia fingono di proteggere i produttori italiani.
Ora, invece, proveremo a soffermarci sugli aspetti truffaldini di questo accordo, che penalizza i tradizionali Paesi produttori di olio d’oliva extra vergine e favorisce i sofisticatori. Cominciamo col chiederci: perché l’arrivo dell’olio tunisino agevola i sofisticatori? Risposta semplice: perché chi, Italia, sofistica l’olio d’oliva extra vergine (ricordiamo che con la dizione extra vergine s’intende un olio d’oliva con una percentuale di acidità, espressa in acido oleico, inferiore all’1%) deve acquisire il prodotto dai Paesi esteri. Se, come in questo caso, l’olio d’oliva, a basso prezzo, gli arriva in casa, beh, risparmia anche questo lavoro!
Le truffe sull’olio d’oliva riguardano anche il Sud Italia. Basti pensare alla truffa scoperta lo scorso dicembre in Puglia, dove migliaia di tonnellate di olio ottenuto mediante la miscelazione di oli presumibilmente extravergini (o quasi…), provenienti anche dalla Siria, dalla Turchia, dal Marocco e dalla Tunisia, venivano venduti sul mercato nazionale e internazionale (per la precisione negli Stati Uniti e in Giappone). Olio d’oliva venduto con la dicitura 100% italiano. Di fatto, una frode ai danni del made in Italy.
Ci sono le sofisticazioni al Sud e ci sono i sofisticatori nel Centro Nord Italia. Basti pensare a un’inchiesta che riguarda i grandi marchi dell’olio d’oliva italiano. Una vicenda che si snoda tra Firenze e Torino. La storia è sempre la stessa: olio d’oliva che arriva da chissà dove, che viene fatto passare per olio d’oliva italiano. Naturalmente per olio extra vergine di oliva. L’esempio eclatante lo dà la Toscana, che, secondo dati riportati da Il Tirreno, produce appena il 4 per cento dell’olio d’oliva extra vergine del Belpaese e ne esporta il 40 per cento.
Ma nelle regioni del Sud Italia i sofisticatori non riescono ad ammazzare il mercato dell’olio extra vergine di oliva. E sapete perché? Perché nel Mezzogiorno è abitudine andare ad acquistare l’olio d’oliva extra vergine appena spremuto ‘a bocca di frantoio’. In parole semplici, la gente va, da sempre, ad acquistare l’olio presso gli oleifici. Abitudine che si è diffusa e rafforzata da quando, grazie anche a Slow food, si acquistano sempre di più i cosiddetti prodotti a chilometro zero. Insomma, le grandi truffe sull’olio d’oliva organizzate nell’Unione europea danneggiano la produzione italiana, ma non fino al punto di distruggere l’olivicoltura da olio del Belpaese. Queste truffe si consumano a danno degli italiani che acquistano l’olio extra vergine nei supermercati e a danno dei Paesi esteri che importano dall’Italia olio d’oliva extra vergine sofisticato e spacciato per olio d’oliva extra vergine italiano.
A questo punto si pone un problema: e se, come qualcuno pensa stia accadendo in Puglia, ci fossero interessi consolidati che punterebbero, così si sussurra, ad eliminare le piantagioni di olivo per dare spazio alle trivelle in terra per cercare gli idrocarburi? Qui la storia diventa un giallo. Da qualche tempo gli olivi di molte piantagioni pugliesi sono stati colpiti da un batterio: la . E guarda caso, l’unico rimedio contro questa patologia sembra l’eradicazione degli alberi colpiti da questa infezione. La cosa, però, non ha convinto la magistratura, che ha bloccato tutto perché vuole vederci chiaro.
Su questa vicenda una pugliese “doc”, Adriana Poli Bortone, già ministro dell’Agricoltura ed ex Sindaco di Lecce, non le ha certo mandate a dire: “Riflettiamo – ha scritto Adriana Poli Bortone sulla sua pagina Facebook– nel tempo è distrutta la nostra agricoltura, partire dalla eliminazione del tabacco (la cui coltivazione è stata spostata in altre parti del mondo), della vite, ora dell’ulivo secondo una volontà precisa dell’Europa che, guarda caso, proprio in coincidenza della sciagura xylella, ncede alla Tunisia ’importazione di quantità esponenziali di olio d’oliva, il ministero dell’Agricoltura italiano fa un bel piano di eradicazione degli alberi, i terreni ‘infetti’ vengono dichiarati inedificabili per 15 anni e i sulle trivellazioni vengono pressoché eliminat”. Insomma, l’ex Ministro dell’Agricoltura va giù duro.
Come finirà questa storia? Riassumendo, la situazione è la seguente: la Commissione europea (che è il governo non democratico dell’Unione europea, non eletto dai cittadini) ha presentato una proposta legislativa che prevede l’importazione a dazio zero di 70.000 tonnellate di olio tunisino in due anni. Il Parlamento europeo ha modificato la proposta della Commissione con due emendamenti (uno dei quali presentato dal Movimento 5 Stelle).
Com’è noto, in Europa le decisioni vengono prese con la procedura della co-decisione fra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo. Ciò significa che il testo emendato passerà adesso al Consiglio europeo dell’Agricoltura, composto da tutti i ministri dell’Agricoltura dei Paesi che fanno parte dell’Unione europea. A questo punto si giocherà a carte scoperte. E si capirà chi difende l’olivicoltura da olio di qualità dei Paesi del Sud Europa e chi la vuole invece affossare. Con riferimento, anche, agli eurodeputati eletti in Italia.