A sinistra Paolo Leon
PAOLO Leon, docente ordinario di Economia Pubblica all’Università di Roma Tre, noto per la professionalità, l’imparzialità e l’indipendenza che contraddistinguono il suo operato, con un invidiabile curriculum alle spalle, esperto conoscitore della realtà economica e politica degli Stati Uniti, dove ha vissuto molti anni, Presidente dal 2007 dell’Authority per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma, accetta di ripercorrere, nei tratti essenziali, gli aspetti della crisi economica che sta investendo l’Italia, l’Europa e i mercati finanziari globali.
Professor Leon, i criteri con i quali la Banca Centrale Europea agisce, a volte, sembrano danneggiare gli Stati, anziché favorire una crescita unanime ed equilibrata dei Paesi membri, è d’accordo?
«Bisogna riconoscere che la Bce nasce molto diversa dalla Fed americana perché è di un’autonomia e di un’indipendenza formale totale, si deve solo occupare di preservare la stabilità dei prezzi, in origine è così, nel Trattato è così, si è sempre sostanzialmente occupata di questo, tanto che tutti l’abbiamo rimproverata, nelle tante diverse crisi che si sono manifestate dopo la sua fondazione, di non interpretare il proprio ruolo in modo più adeguato alle necessità almeno della Zona Euro, ma in generale dell’Europa, di essere troppo inflessibile, di avere un pensiero strettissimamente ortodosso in senso economico, ossia nel ritenere che la quantità di moneta è la causa dell’inflazione e che questa è la peggiore delle tasse e quindi sarebbe opportuno avere inflazione zero.
Quando c’è stata la grande crisi ’87/’88, allora si è capito che la Bce non poteva evitare di occuparsi delle banche europee che, come tutte le altre nel resto del mondo, si erano caricate, nel loro capitale, di una quantità straordinaria di titoli tossici, oggi il fallimento delle banche implicherebbe la caduta dell’Euro e della stessa Bce che, per questa ragione ha cominciato ad intervenire con il sostegno alle banche, facendo dei crediti particolari, speciali. Più recentemente, di fronte alle difficoltà di mettere in piedi il Fondo Monetario Europeo, per la stabilizzazione finanziaria, soprattutto in relazione alle difficoltà che ha la Merkel a farlo approvare dal suo parlamento, la Bce è intervenuta per acquistare titoli di stato, prima con la Grecia, poi con il Portogallo, adesso con la Spagna e l’Italia. Si chiamano “operazioni di mercato aperto”, l’intervento non mira a controllare la quantità di moneta che potrebbe generare inflazione, bensì a salvare il debito pubblico degli Stati che sono in difficoltà e questo non era nel compito originario della Bce. Però non è una cattiva notizia, nel senso che essendo l’emettitore di moneta, qualsiasi debito ha, la Banca Centrale se lo scarica emettendo moneta, non ha problemi, naturalmente più emette moneta, più c’è un pericolo d’inflazione, ma in una fase di recessione come l’at- tuale, questo pericolo è inesistente, abbiamo un’inflazione, ma è di regime importato, non è inflazione dovuta ai costi interni.
E’ bene che la Bce difenda i titoli pubblici degli Stati che appartengono all’Euro perché se non lo facesse e dovessimo avere un fallimento del debito italiano o del debito spagnolo, l’Euro andrebbe in pezzi, siamo il terzo Paese contributore sia all’Europa, che all’Euro e anche al Fondo della Sta- bilizzazione Finanziaria, però le è stato rimproverato che, nel fare questa cosa, ha voluto porre delle condizioni e quindi determinare la politica interna dei singoli Stati in cambio del fatto che gli compera il debito pubblico. La Bce non è obbligata a comprare il debito pubblico e non è obbligata a tenere lo spread tra il bund tedesco e i Btp ad un livello stabile, come dovrebbe essere,e non lo fa, tanto è vero che compra e vende titoli, le oscillazioni dello spread sono dovute, infatti, alle politiche che sta facendo in questo momento la Bce, allora poiché non ha un potere diretto sull’autorità pubblica dei diversi Paesi membri, scrive una lettera, una raccomandazione, usando la minaccia dello spread, cioè l’acquisto o la vendita dei titoli, per dare forza alla sua lettera».
Come si esce da una simile situazione?
«Se ne esce solo ad una condizione: generare un’Europa Federale vera, a questo nuovo potere della Bce deve corrispondere un Ministro delle Finanze Europee, che se ci fosse stato, avrebbe fatto una tassa europea, emesso titoli europei sul proprio credito europeo e non dei singoli Stati, ma sull’’Europa e allora la speculazione internazionale contro i Paesi con debito più alto, non ci sarebbe stata.
Se ci fosse stato un Ministro dell’Economia europeo, insieme alla Banca Centrale, forse avrebbero costretto gli Stati Uniti a fare una nuova Bretton Woods, non è successo niente, invece, come sappiamo, dopo la grande crisi, gli americani hanno chiesto agli europei di muoversi, gli europei non si sono mossi, adesso negli Stati Uniti hanno vinto i repubblicani che non vorranno mai un’altra Bretton Woods, siamo in mezzo al guado, con un fiume che sta crescendo, nonostante la recessione, perché la liquidità internazionale è fortissima, ed è la stessa liquidità che Stati Uniti, Europa, Bce e tutti gli altri, compreso il Giappone, hanno messo in circolo quando hanno salvato le Banche nazionali. Questa grande liquidità ha salvato le banche e adesso le banche, gli intermediari finanziari e tutti coloro che si occupano di mercato finanziario, hanno in mano una straordinaria liquidità che non possono investire in beni e servizi perché c’è la recessione e non conviene».
Perché, a suo avviso, dopo la crisi dei subprime gli americani non hanno commissariato le banche?
«Perché Obama è stato troppo debole, intanto si è circondato di persone che derivavano dall’amministrazione Clinton, che ha la massima responsabilità nella deregulation del Duemila, quella che ha generato la crisi; Timothy Geithner non doveva mai essere chiamato e così Lawrence Summers, lui doveva avere del personale nuovo che spiazzasse anche i conservatori, invece, ha preferito utilizzare personale gradito a Wall Street, pensando di avere il supporto di Wall Street, ma Wall Street supporta o non supporta a seconda degli interessi, è capitalismo, non è politica, quindi si è proprio sbagliato e questo sbaglio lo ha pagato con le elezioni a medio termine, perché non sono usciti dalla recessione, la disoccupazione è altissima e lo pagherà probabilmente anche alle prossime elezioni, se non succede qualche cosa».
Per quale ragione i titoli di Stato Italiani saldi fino a poco tempo fa, ora sembrano oscillare?
«I titoli di stato italiani hanno sempre tenuto, ma oggi la speculazione, i finanzieri, le banche, chiunque abbia il potere di intermediare sui fondi, ha ritenuto che speculare contro il debito pubblico di questi Paesi fosse conveniente. Succede che speculano al ribasso, non vogliono che lo Stato italiano fallisca, né che falliscano gli altri, oggi persino i tedeschi corrono dei rischi, però vogliono che il valore del titolo si ab- bassi perché così possono fare la speculazione su questi titoli, che sono tanti sul mercato, al ribasso.
La speculazione al ribasso nelle fasi di crisi è il peggior grimaldello per uccidere il mercato stesso, alcune di queste operazioni di speculazione al ribasso sono, come si dice, nude, ossia speculazioni dove non si ha bisogno in origine del titolo per farle, si vende il titolo che non si ha al momento inizia- le, per ricomprarlo più tardi, quando il valore è più basso, siccome si sta vendendo, il valore del titolo si abbassa automaticamente e quindi questa è una di quelle speculazioni che non perdono mai, fino a che c’è chi paga. Bisogna, quindi, capire come funziona la speculazione, la Bce, i governi europei, i nostri governi non hanno ancora capito niente e tanto meno il governo americano».
E’ così difficile porre vincoli, limiti a questa speculazione?
«Basta proibirla, è semplicissimo, naturalmente proibirla in un singolo Stato è più difficile, ma se lo facesse l’Europa, avrebbe un’efficacia sicura, oppure si potrebbe fare quello che si è detto da tanti anni, una bella tassa sulle transazioni, neanche alta, piccola, ma che obblighi ciascun partecipante che vende le azioni, anche quelle che non ha, a pagare questa tassa. Siccome questa speculazione si gioca su enormi quantitativi, per guadagnare poco, ma su grandissime masse di titoli, una piccola tassa le frena, è la Robin Tax, ci eravamo arrivati vicini anche in Europa, perfino la Merkel ne aveva parlato, ma non se ne è fatto nulla perché non c’è la volontà politica, perché c’è della demagogia in giro, bruttissima demagogia dei ricchi contro i poveri, di quelli che la Germania, che i tedeschi ritengono essere i ricchi contro i poveri, noi, i portoghesi, gli spagnoli, mediterranei e quanti altri! Demagogia per di più non populista, ma egoista, a cui la Merkel, che non avrebbe questo carattere, non riesce ad opporsi.
Noi non abbiamo un governo che sia in grado di dominare questo tipo di processi, non ne capisce niente neanche il nostro Ministro dell’Economia, inoltre siamo deboli perché siamo intestatari di un debito molto forte, ma siamo anche il terzo Paese dell’Europa, quindi potremmo fare la voce grossa, non l’abbiamo mai fatta, neanche con i governi di centro-sinistra».
La manovra sull’Iva corre il rischio di essere completamente irrilevante ai fini della riduzione del deficit?
«Ai fini della riduzione del deficit è molto poco rilevante perché porterà poco, solo quattro miliardi, al net- to dell’evasione che viene rafforzata, l’Iva in Italia è la tassa che viene maggiormente evasa, il suo vantaggio è un po’ marginale, però tassare bisognava tassare, data la minaccia della Bce, ma era giusto fare una tassazione più equa, l’Iva è la più iniqua, colpisce tutti sostanzialmente nello stesso modo, nella stessa percentuale e quindi è un errore, è diversa dalle tasse dirette che sono pagate dai lavoratori, questa la pagano tutti, come fosse una tassa sul consumo, ma non è solo sul consumo, è una tassa sugli acquisti. Se fosse stata messa insieme all’imposta patrimoniale, probabilmente si poteva fare, così è una sciocchezza».
Gli Eurobond hanno un futuro, secondo Lei?
«Ci vuole una grande crisi perché vengano fuori, quella che c’è stata non era sufficientemente grande, oppure si deve sfasciare l’Euro, ossia arrivare fino al punto in cui questo è in grandissima difficoltà e an- che la Germania lo è, a quel punto può darsi che le forze necessarie per mettere insieme un’Europa Federale si trovino, però le condizioni sono difficili, in prospettiva gli Eurobond rappresenterebbero la soluzione, uno Stato Federale Europeo eliminerebbe gli egoismi nazionali, le stupidaggini dei finlandesi che vogliono chiudere le loro frontiere, l’egoismo dei tedeschi che pensano che stanno regalando soldi ai paesi poveri, eliminerebbe anche l’ultima ingiustizia e cioè che l’euro è in realtà una forma di svalutazione del marco».
L’euro corre dei seri rischi?
«L’euro come tale non deve correre rischi, tutti lo sanno, quindi quando si dice che l’Italia sta per fallire, si dice una sciocchezza, c’è questa idea che in questo momento si trovi sull’orlo del disastro, anche il Presidente della Repubblica lo dice, non è vero, naturalmente, è un allarmismo del tutto ingiustificato, parlano di baratro, ma baratro è una figura geologica, non economico-finanziaria e neanche sociale, però questa parola viene usata perché così questo governo, che non sta né in cielo, né in terra, forse fa qualcosa, una manovra qualsiasi in modo da convincere i tedeschi che è bene che la Banca Centrale Europea si compri i titoli di stato, è tutto lì, non c’è mica niente di più tragico di questo!».