A che punto siamo con le ricerche sulle origini del coronavirus?
Dall’inizio della pandemia sono state numerose le teorie che si sono diffuse. In molti sono convinti che Covid-19 sia stato creato dagli essere umani, ma la teoria più autorevole, confermata anche da scienziati e studi di ricerca tra i più importanti del mondo, ci spiega che i coronavirus esistono in natura ed infettano creature diverse come pipistrelli, maiali, gatti, furetti e altri. L’ipotesi sulla base della genetica del SARS-CoV-2 è che i suoi antenati siano stati presenti negli animali selvatici e poi sarebbero passati all’uomo. Il genitore diretto del SARS-CoV-2 non è ancora stato trovato, ma esisterebbe uno stretto parente, identico al 96%, nei pipistrelli. Il nuovo coronavirus probabilmente si è propagato ed evoluto in esemplari ospiti, rimanendo non rilevato per diversi anni, prima di adattare la sua attuale forma e causare la pandemia.

La virologa Li-Meng Yan: “Covid-19 creato in laboratorio”
Nelle ultime settimane, un’altra teoria sull’origine di Covid-19 sta facendo il giro del mondo, attirando l’attenzione dei media internazionali. Li-Meng Yan, virologa e ricercatrice post-dottorato che ha lasciato l’Università di Hong Kong, il 14 settembre su Zenodo, sito open-access per la condivisione di articoli e informazioni tra i ricercatori, ha pubblicato un articolo dettagliato di ben 26 pagine, intitolato “Yan report”. La sua ricerca conta più di 500.000 visualizzazioni e i suoi contenuti sono stati condivisi anche su Facebook, Instagram e Twitter. La ricerca della virologa cinese conterrebbe le prove genetiche del fatto che il coronavirus SARS-CoV-2 sia stato creato in un laboratorio controllato dal Partito Comunista Cinese. Sarebbero tre le prove che contraddirebbero la teoria dell’origine naturale del virus: genomiche, strutturali e mediche.
In un’intervista con Maria Luisa Rossi Hawkins, corrispondente da New York di Mediaset, la ricercatrice afferma che presto pubblicherà un secondo rapporto. “Lo sto ultimando” afferma, “e insieme al mio rapporto precedente, conterrà dettagli molto specifici”. Nel prossimo rapporto, promette di rivelare come è stato fabbricato il virus e chi possedeva le sostanze utilizzate per crearlo, e anticipa: “la prova è nel genoma, che è come un’impronta digitale”.
Ma chi è Li-Meng Yan? È una virologa di Hong Kong che ha lavorato presso la Hong Kong School of Public Health, un laboratorio di riferimento in loco per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Secondo quanto riporta lei stessa, avrebbe iniziato ad investigare sul virus già da dicembre e sarebbe successivamente stata messa a tacere dai suoi superiori, che le avrebbero detto di “non oltrepassare il limite”. Sarebbe successivamente scappata dalla Cina, rifugiandosi negli Stati Uniti e da quel momento è iniziata la sua missione, quella di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla pandemia. Dunque, ha iniziato ad accusare Pechino con apparizioni tv e interviste su quotidiani internazionali. La virologa racconta di aver contattato i media di cui poteva fidarsi, fornendo il cover-up del governo cinese. L’ex ricercatrice dell’Università di Hong Kong, ha fatto queste affermazioni prima nel programma Loose Women di ITV e poi le ha ripetute su Fox News (video sotto).
Li-Meng Yan smentita da altri esperti: “folli teorie complottiste”
Il suo punto di vista è stato smentito da molti esperti. Infatti, virologi autorevoli, come Kristian Andersen di Scripps Research e Carl Bergstrom dell’Università di Washington, sono intervenuti ritenendo l’articolo della Yan non scientifico, in quanto non è stato sottoposto ad alcuna revisione. In particolare, il report è stato criticato poiché ignorerebbe l’ampio corpus di letteratura pubblicata su ciò che è noto sulla circolazione dei coronavirus nelle popolazioni di animali selvatici e sulla tendenza a passare all’uomo. Per diversi esperti si tratta di “folli teorie complottiste” e lo scenario ipotizzato dalla virologa cinese è stato definito “ridicolo”. La Yan accusa quindi riviste accademiche e internazionali di essere complici dei cospiratori in quanto censurano importanti prove. La School Of Public Health di Hong Kong presso la quale lavorava ha respinto le accuse della virologa e ha rimosso la sua scheda personale dal portale ufficiale dello staff.
Lei stessa sostiene che le sue teorie vengono categoricamente censurate e per questo fa appello agli scienziati e ai ricercatori del mondo per dire la verità. Secondo la virologa cinese, Pechino nasconderebbe le prove e l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbe complice. A luglio, l’OMS aveva annunciato che una squadra di medici era pronta a partire per Wuhan al fine di capire le origini del virus, ma ad oggi l’équipe non è stata nemmeno formata.

“Per un non virologo questo può sembrare legittimo”, ha detto la virologa Angela Rasmussen della Columbia University, secondo quanto riporta la BBC, “le affermazioni principali fatte nel documento sono false ed è facile dimostrarlo”. Anche il dottor Andrew Preston, esperto di patogenesi microbica, presso l’Università di Bath, ha detto che le affermazioni erano “infondate”, “non offre alcun dato che prevale sulla ricerca precedente”.
Un altro motivo per cui gli esperti mettono in discussione la veridicità di quanto sostiene Li-Meng Yan è il fatto che il report è stato finanziato dalla “Rule of Law Foundation”, organizzazione no-profit fondata dall’ex capo stratega della campagna elettorale di Donald Trump del 2016, Steve Bannon, successivamente arrestato per frode. La connessione è stata notata da Kevin Bird, ricercatore presso la Michigan State University, ma già ad aprile Steve Bannon riteneva il PCC responsabile. La Yan sarebbe inoltre diventata una delle più strette collaboratrici di Guo Wengui, miliardario cinese, fuggito negli Stati Uniti nel 2014 per non essere arrestato dalla polizia cinese. L’informazione è stata riportata da South China Morning Post, testata di Hong Kong.
Ma Li-Meng Yan è convinta, non teme di affrontare la sua verità, poiché ritiene che molti scienziati e ricercatori si fidano delle prove che vengono filtrate da medici che sarebbero a conoscenza delle reali origini del virus, e per questo chiede un dibattito pubblico con i suoi colleghi.
Il Premio Nobel Montagnier: “Covid-19 manipolato per un vaccino anti-AIDS”
Ancora prima di Li-Meng Yan, Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina nel 2008, che insieme a Françoise Barré-Sinoussi, aveva scoperto nel 1983 il virus dell’HIV, ha dichiarato in un’intervista che la diffusione del Coronavirus è stata un errore umano degli scienziati che cercavano di mettere a punto un vaccino, proprio contro l’AIDS. “Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus RNA. Non siamo stati i primi: un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra come il genoma completo di questo virus abbia all’interno delle sequenze di un altro virus, quello dell’AIDS”, ha spiegato Montagnier. “Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione, ma la verità scientifica emerge sempre. La sequenza dell’AIDS è stata inserita nel genoma del Coronavirus per tentare di fare il vaccino”.
Allora, dov’è la verità?
Intanto governi, medici, ricercatori e organizzazioni internazionali, tra cui anche le Nazioni Unite, hanno più volte affermato quanto la disinformazione sul coronavirus si diffonda velocemente. Anche Bill Gates è stato ritenuto responsabile della pandemia globale e un rapporto del Pew Research Center, spiega come quasi un terzo degli statunitensi crede che Covid-19 sia stato prodotto artificialmente.
Il dibattito sulle teorie complottiste ha già coinvolto diversi studi di psicologia e tra le cause che porterebbero molte persone a crederci, ci sarebbero, ad esempio, i sentimenti di paura o il fatto di fare affidamento su un pensiero emotivo o semplicemente più intuitivo, piuttosto che studiato e ragionato. I più colpiti sarebbero coloro che, generalmente, si sentono impotenti o minacciati, persone che sentono di non avere alcun controllo su ciò che accade intorno a loro. Queste persone non sono consapevoli, spiega David Rand alla CNN, un professore del Massachusetts Institute of Technology che si occupa di disinformazione. “Quando le persone si affidano all’intuito e alle emozioni è più probabile che credano a falsità. Affermazioni che incutono paura, ad esempio, rendono le persone meno inclini a fermarsi a riflettere”.