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Con l’arresto di Steve Bannon continua l’assedio a Trump e stasera parla Joe Biden

Si conclude la convention democratica mentre a New York i procuratori accelerano le indagini sul presidente e l'ex consigliere è accusato di truffa

Massimo JausbyMassimo Jaus
Con l’arresto di Steve Bannon continua l’assedio a Trump e stasera parla Joe Biden

Steve Bannon, al centro con la cravatta gialla alla Casa Bianca, quando era ancora il consigliere speciale del Presidente Donald Trump (Foto White House)

Time: 3 mins read

Questa sera con il discorso di Joseph Biden calerà il sipario alla Convention Democratica. Quattro giorni di promesse, di lacrime, di condanne e recriminazioni, ma anche di speranza e di ottimismo per il futuro, se il futuro sarà democratico. Nessuna illusione su quello che sarà l’America del dopo elezioni: chi vincerà si confronterà con i giganteschi problemi della pandemia e della disoccupazione a livelli storici. E i democratici non nascondono i sacrifici che gli americani dovranno affrontare, ma nello stesso tempo rilanciano la questione morale e domandano all’opinione pubblica se la gestione di un Paese così diviso e con queste tremende problematiche possa essere lasciata in mano all’attuale presidente.

Steve Bannon durante un comizio a Roma, davanti al pubblico di Atreju (Foto, Massimo Manzo)

Il giorno dopo i feroci rimproveri lanciati dal palco della Convention da Barack Obama sulla pessima gestione del Paese da parte dell’attuale presidente, l’America si è svegliata prima con la notizia dell’incriminazione e dell’arresto per truffa di Steve Bannon, l’ex braccio destro di Donald Trump. Poi con la decisione di un giudice federale che Trump deve consegnare al District Attorney di Manhattan la sua dichiarazione dei redditi. Lo stratega del “trumpismo” politico è accusato di aver sottratto centinaia di migliaia di dollari da una fondazione per costruire il muro al confine con il Messico. E con lui sono nove i collaboratori di Trump finiti in prigione. Due fatti giudiziari che fanno rimbombare nelle orecchie degli elettori le dure parole usate da Obama e da Hillary Clinton nei loro discorsi di ieri sera quando hanno affermato che la democrazia americana è sotto assalto. Due fatti giudiziari che riaprono inevitabilmente tutti quegli interrogativi sulla dirittura morale che un presidente dovrebbe avere e che fanno ripensare alle graffianti parole di Obama quando ha affermato che Trump è un presidente che vuole vincere a qualsiasi costo: “I nostri peggiori impulsi scatenati, la nostra orgogliosa reputazione nel mondo drasticamente ridimensionata, e le nostre istituzioni democratiche minacciate come mai prima”.  E a quelle della Clinton: “Avrei voluto che Donald Trump fosse un presidente migliore. Ma, purtroppo, è quello che è”.

Cercando di girare pagina ieri alla Casa Bianca il presidente ha ricevuto il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi. Nella press conference a seguito dell’incontro quasi tutte le domande dei giornalisti sono state su Bannon e sulla decisione del giudice sulle tasse del presidente. La questione morale sulla persona del presidente viene profondamente discussa dopo che nei giorni scorsi la commissione del Senato a maggioranza repubblicana ha rilasciato in 960 pagine il rapporto finale sulle collusioni e interferenze politiche dei russi sulle elezioni americane. Il presidente continua a parlare di caccia alle streghe, di bufale inventate dai suoi rivali politici, ma nelle 960 pagine sono spiegate passo passo tutte le ingerenze scoperte dagli inquirenti, tutti i finanziamenti fatti dagli oligarchi russi per far piacere agli “amici” del presidente, a cominciare da Mitch McConnel impegnato in Kentucky in un’aspra battaglia politica per la sua rielezione che ha ottenuto per il suo Stato da parte della Rusal, una azienda russa dell’oligarca Oleg Deipaska, 200 milioni di dollari da investire in una azienda del Kentucky che produce alluminio. Finanziamenti allo stato dopo che gli Stati Uniti hanno tolto l’embargo alla Russia imposto dopo l’invasione della Crimea, ma che indirettamente avvantaggiano, con il mantenimento dei posti di lavoro nello stato del Kentucky, chi li ha fatti concedere. E poi le numerose pagine su Paul Manafort, l’ex responsabile della campagna elettorale di Trump, attualmente in prigione, che lavorava per Oleg Deripaska dal 2004

Joe Biden nell’illustrazione di Antonella Martino

Ed ecco che questa sera quando Joe Biden prenderà la parola cercando di convincere gli americani a voltare pagina, la caratura morale del suo rivale avrà il suo peso. Sarà un discorso di accettazione dell’investitura in una stanza vuota, senza un pubblico, senza palloncini e battimano, senza bande musicali e stelle filanti, ma Biden ha una capacità di comunicare con il prossimo e dare un senso di speranza che potrebbe far breccia nel cuore dell’egli elettori in un momento di paura e forte incertezza per il Paese. 

E lunedì sarà la volta dei repubblicani. Anche la loro convention sarà dettata dale misure anti Covid 19.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Now retired. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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