“L’inflazione fa un’altra vittima”: il trancio di pizza a 1 dollaro. Così scrive il New York Times, raccontando come la città sia stata derubata della sua emblematica chicca. Si è rotto il modello di business di quelle catene che per vent’anni hanno attirato turisti, operai, studenti, festaioli notturni e chiunque avesse voglia di riempirsi lo stomaco con del cibo italiano a buon mercato. La slice di pizza a 99 centesimi per i borough di Manhattan batteva addirittura l’hamburger a 1 $ dei fast food.
Con l’aumento dell’inflazione, i prezzi di quasi tutto, dai cartoni della pizza ai ‘pepperoni’, farina e olio, sono saliti alle stelle. I proprietari delle attività hanno spiegato che i loro ricavi si sono dimezzati rispetto al 2019. E c’è chi come Mohammad Abdul, titolare di 99 Cent Fresh Pizza, intende aumentare i prezzi per la prima volta dal 2001. Non sa ancora di quanto, forse solo di 5 centesimi perché non vuole certo spaventare i suoi clienti abituali.
Gli Stati Uniti stanno vivendo la più grande crisi sui prezzi in 40 anni. Una confluenza di fattori legati all’emergenza sanitaria che sta allarmando gli economisti. A novembre, l’inflazione è balzata in alto, alimentata in parte da un aumento degli alimentari. Secondo il Bureau of Labor Statistics, il mese scorso i prezzi dei ristoranti nell’area di New York hanno avuto il loro più grande rincaro annuo dal 1987.
A questo si è aggiunta la siccità avvenuta in alcune zone degli Stati Uniti e del Canada che ha decimato i raccolti di grano, facendo salire i prezzi della farina. La carenza di manodopera negli impianti di lavorazione della carne ha portato all’aumento del prezzo del salame. Mentre i ristoratori che acquistano pomodori in scatola dall’Italia stanno ora affrontando costi di spedizione più elevati. Per esempio, il prezzo dell’aglio è salito del 400 per cento. L’inflazione sta colpendo qualunque cosa. Non solo i singoli ingredienti, ma anche il packaging come piatti di carta e tovagliolini.