Fin dai tempi della rivoluzione della seconda metà del XVIII secolo, sul territorio americano si parla di “No taxation without representation”, niente tasse in mancanza di rappresentazione.
Seguendo questo principio, il consigliere municipale di New York Ydanis Rodriguez ha scritto un disegno di legge che permetterebbe agli immigrati regolari, con carta verde o altri documenti che consentono loro di lavorare, di votare nelle elezioni amministrative. Il Consiglio Municipale di New York dovrebbe riunirsi in queste ore per discutere il disegno di legge.
“Even though we came on different boats, we are on the same one now… We need to restore municipal voting rights for immigrants!” Thank you for joining us today Assembly Member @TheRealLatriceW. pic.twitter.com/89O4IkrSRP
— Ydanis Rodriguez (@ydanis) September 20, 2021
La proposta, introdotta nel gennaio del 2020, permetterebbe a 600.000 residenti di New York di votare per i politici che li rappresentano a livello locale, come consiglieri e sindaco. Non darebbe loro, però, il diritto di votare nelle elezioni a livello federale, in quanto questo sia vietato dalla Costituzione Americana.
“Abbiamo i voti per fare passare (la legge). Abbiamo l’opportunità di rendere la città un modello per la nazione, e questo è un momento che non dovremmo perderci,” ha dichiarato Rodriguez, un immigrato originario della Repubblica Domenicana che rappresenta il quartiere di Washington Heights, ricco di immigrati. “Sarebbe importantissimo in un momento in cui i diritti di voto sono sotto attacco in altri stati. Sarebbe un’opportunità per il sindaco De Blasio per lasciare il segno.”
La proposta, infatti, arriva in un anno in cui 18 stati, di cui 17 repubblicani, hanno messo in atto nuove regole per limitare l’accesso alle urne, soprattutto per quanto riguarda le schede inviate per posta. Durante la scorsa elezione presidenziale, infatti, il 46% dei voti è arrivato per posta, in particolare quelli in favore del candidato democratico.
Intanto, il sindaco De Blasio ha espresso i suoi dubbi sulla proposta di legge, primo fra tanti quello che possa non essere legale. Secondo il dipartimento di legge della città, infatti, la decisione spetterebbe al governo statale, non a quello cittadino.
“Genera dentro di me un misto di sentimenti contrastanti, sul fatto che sia o meno il modo giusto di gestire il problema mentre, allo stesso tempo, incoraggiamo così tante persone ad affrontare il processo per diventare cittadini americani. Questo è ciò che dobbiamo ottenere il più possibile,” ha riferito il sindaco De Blasio.
Al momento, la proposta di legge ha ricevuto il supporto di 33 co-sponsor all’interno del governo cittadino, abbastanza membri da poterla portare al voto di fronte al Consiglio. Il voto dovrebbe aver luogo il prossimo mese e, se vincessero i voti a favore, sarebbe poi responsabilità di De Blasio firmare o meno la legge.
Molti dei consiglieri repubblicani della città, però, rimangono contrari alla riforma, considerandola un nuovo metodo per gli immigrati di raggiungere la cittadinanza con una scorciatoia. Joe Borelli di Staten Island, in particolare, voterà contro la proposta, ma approverebbe un referendum a riguardo.
“Lasciamo decidere agli elettori attuali se vogliono o meno che il loro potere di voto venga diluito per quelle persone che hanno vissuto qui per 30 o più giorni,” ha proposto Borelli.