Sono passati oltre due mesi dalla frana che ha travolto il viadotto Imera, lungo l’autostrada Palermo-Catania. Il tratto di autostrada è chiuso. I disagi per i cittadini siciliani sono incredibili. I danni per l’economia dell’Isola sono incalcolabili. Ebbene, fino ad oggi il governo nazionale e il governo regionale, di concreto, non hanno fatto nulla. L’unico atto concreto del ministro Graziano Delrio è l’invio degli atti alla magistratura. Cosa giustissima, per carità. Il problema è che un governo deve governare. Dando risposte alla collettività quando ci sono da risolvere problemi gravi. Ma le risposte concrete rispetto all’emergenza che si è creata in Sicilia, almeno fino ad ora, non ci sono state.
Finora – per rispetto della verità – l’unica proposta concreta che punta a dare una risposta parziale al problema che si è creato è stata fornita dai parlamentari del Movimento 5 Stelle del Parlamento siciliano. Mentre Roma e il governo regionale, fino ad oggi, come già accennato, non hanno fatto nulla. Solo chiacchiere e qualche nomina. Insomma, sono solo pronti a gestire qualche lucroso appalto. Per il resto, vuoto assoluto.
Noi, per cercare di capire come stanno le cose, abbiamo chiesto ‘lumi’ al professore Vincenzo Liguori (nella foto a sinistra, tratta da atrigaconsult.com), docente di Geologia applicata alla facoltà di Ingegneria di Palermo. Uno studioso che su questi come si altri aspetti tecnici è una memoria storica della Sicilia.
“Il tratto di autostrada Palermo-Catania dove si è verificata la frana – ci dice il docente universitario – è sempre stato problematico. Ricordo una frana fra Tremonzelli e Scillato, nel 1970. Percorrendo l’autostrada in direzione Catania Palermo, poco prima di arrivare a Scillato, sulla destra, l’ANAS intervenne spendendo circa dieci milioni di vecchie lire. Una cifra notevole, in quegli anni. La frana era provocata dalla presenza di argille che si imbibivano di acqua e creavano problemi”.
Ci sono state altre frane, se non ricordiamo male.
“Sì. Anche sul lato sinistro dell’autostrada, sempre nel tratto che va da Tremonzelli a Scillato, provenendo sempre da Catania, sei anni fa c’è stata una frana enorme. Insomma i tecnici dell’ANAS sapevano benissimo delle condizioni di difficoltà”.
Insomma professore: chi sono i responsabili dei disastri che vanno in scena in questo tratto dell’autostrada Palermo-Catania?
“I soggetti responsabili sono tre. In primo luogo c’è l’ANAS. L’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade è chiamata ad occuparsi della staticità delle autostrade. Poi c’è la Protezione Civile regionale, che dal 2005 conosceva le problematicità di questo tratto autostradale. In terza battuta c’è l’assessorato regionale al Territorio e Ambiente che, nella redazione del PAI, il Piano di Assetto Idrogeologico, avrebbe dovuto classificare questo tratto di autostrada R4, cioè a rischio elevato”.
Invece com’è stato classificato?
“E’ stato classificato R3, a rischio non immediato”.
Scusi, professore, ma com’è possibile, alla luce di problemi che risalgono agli anni ’70 del secolo passato?
“Purtroppo è stato possibile. E non mi stupisco. Giampilieri, l’area del Messinese travolta dall’inondazione, veniva classificata come zona tranquilla”.
Scusi, ma il PAI in Sicilia chi l’ha redatto? Ed è aggiornato?
“La legge è del 1998. Ed è aggiornato fino al 2006. Da allora ci sono stati solo aggiornamenti parziali”.
Siamo messi male, insomma.
“Siamo messi malissimo. Alla fine degli anni ’80 del secolo passato, l’allora presidente della Regione siciliana, Rino Nicolosi – forse il più grande e più bravo presidente degli ultimi quarant’anni – poneva la questione dell’Autorità di bacino. Da allora ad oggi non è stato fatto nulla. Faccio riferimento alla legge nazionale numero 183 del 1989. E una legge importantissima in materia di tutela dell’ambiente e di governo delle acque che solo la Sicilia non ha ancora applicato. Siamo l’unica regione italiana a non avere ancora applicato questa legge. Poi è inutile, a danno fatto, chiedersi perché avvengono le frane”.
Ci sta dicendo che il Parlamento siciliano non ha recepito questa legge dello Stato?
“Esatto. La Sardegna – Regione autonoma come la Sicilia – ha recepito questa legge. Già da anni in Sardegna si opera con un unico Piano di bacino”.
E perché in Sicilia questa legge non è stata recepita?
“Perché la politica siciliana, dalla fine degli anni ’80 ad oggi, ha tentato, senza riuscirci, di far coincidere il numero dei Piani di bacino con quello dei potentati politici. Una follia. E mentre questi signori discutono, la Sicilia frana”.
E oggi? A oltre due mesi dalla frana non c’è ancora nulla di concreto…
“L’ho notato anch’io. C’è troppo annacamento (in Sicilia, per annacamento, s’intende fare finta di attivarsi non facendo in realtà nulla ndr)”.
Ma chi è che si annaca? L’ANAS? La Protezione Civile? L’assessorato regionale alle Infrastrutture? L’assessorato al Territorio e Ambiente?
“Da quello che vedo, aspettano l’imprimatur del commissario. Poi c’è il ministro Delrio che invia le carte in Procura. Detto questo mi chiedo e chiedo: ma chi sta intervenendo? Anche perché la situazione, che per ora è difficile, il prossimo inverno potrebbe diventare drammatica”.
Cioè?
“La strada provinciale Scillato-Polizzi Generosa – quella utilizzata per ora – è in una condizione di pre-frana”.
Ci sta dicendo che in inverno, se non si interverrà tempestivamente in questi mesi caldi, non si potrà passare nemmeno da Polizzi Generosa?”.
“E’ un’ipotesi della quale tenere conto”.
Cosa si dovrebbe fare?
“Intanto bisognerebbe consolidare la frana. E poi credo che si dovrà procedere con la demolizione”.
Cosa pensa della bretella?
“La bretella, in ogni caso, sarebbe una soluzione temporanea. Per quello che so, c’è una pendenza del 17-18 per cento. In queste condizioni i mezzi pesanti non potranno percorrere la bretella”.
E la stabilizzazione della trazzera?
“E’ un’altra ipotesi emergenziale”.
Lei cosa ipotizza?
“Un ponte tra la bretella e l’autostrada. Da realizzare subito, facendo intervenire il Genio militare”.
A conclusione dell’intervista il professore Liguori ci fa notare che, fin’ora, l’unico soggetto che è intervenuto con atti concreti già realizzati è RFI, Rete Ferroviaria Italiana. Il riferimento è al potenziamento del collegamento ferroviario tra Palermo e Catania. Potenziamento che avrebbe potuto essere fatto prima. E che non è stato fatto per favorire, di fatto, i titolari delle Autolinee private. Cioè chi gestisce i collegamenti con i pulmann.
In realtà, tante tratte ferroviarie siciliane sono state dismesse non perché erano “rami secchi”, ma per favorire il trasporto di passeggeri su gommato: questo perché tanti politici siciliani hanno lucrato, direttamente e indirettamente, sul trasporto passeggeri sui pulmann. Scelte insensate che hanno aumentato l’inquinamento dell’ambiente e depauperato la linea ferroviaria siciliana. Tratte ferroviarie, che oggi risulterebbero utilissime e non inquinanti, sono state sbaraccate per consentire a certi politici di garantirsi soldi e potere.
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