Scrivi Jorge Luiz Frello Filho e (quasi) nessuno sa chi é. Se scrivi Jorginho lo conoscono tutti, in Brasile, in Italia e in Inghilterra. Tra qualche settimana, poco prima di Natale, sarà noto al mondo intero come l’uomo che ha vinto il Pallone d’oro, spodestando il duopolio Messi (6 successi) e Ronaldo (5).
Torna in copertina la Nazionale di Roberto Mancini, che nei prossimi giorni gioca tre partite decisive (Bulgaria, Svizzera, Lituania) per l’accesso ai Mondiali in Qatar del prossimo anno, i primi della storia che, per via del caldo, si giocheranno in inverno. Dal 22 novembre al 18 dicembre tutti ospiti dell’Emiro.
Ci sarà da discutere sulla veridicità dei dati che raccontano di settemila operai morti durante la costruzione degli impianti. Lo faremo a tempo debito.
Intanto è giusto celebrare l’Italia campione d’Europa, oggi espressione migliore del nostro calcio. Così come lo è stato esaltare le imprese dei nostri campioni olimpici e farlo oggi con gli Azzurri delle Paralimpiadi che, a sette giorni dalla fine, hanno già battutto il record delle medaglie (46) conquistate quattro anni fa a Rio.

Non è per caso che, mentre il nostro campionato di calcio perde denaro, fascino e campioni (bye bye anche a Ronaldo, dopo Lukaku, Hakimi e Donnarumma), al contrario la Nazionale acquisti prestigio, forza e carattere. Racconta di ragazzi che, triturati dagli ingranaggi industriali e finanziari dei club, producono uno spettacolo che in Europa vale quanto un vagone al traino, ma appena sbarcano in Nazionale, laddove denaro, sponsor e personalismi hanno un valore relativo, diventano locomotiva.
Jorginho, quindi. E’ il nostro campione, il nostro orgoglio, la sublimazione del sacrificio e dell’intelligenza. La sua storia è simile a quella del velocista Marcel Jacobs e non dev’essere per caso che dal collo di tutti e due penzoli la medaglia d’oro. Jorginho nasce 29 anni fa in una piccola città nel Brasile del Sud da madre (Maria Teresa) di origini italiane. Come quello di Jacobs, anche il padre di Jorginho si è fatto presto di nebbia.
E allora viva le mamme, Maria Teresa (di Jorginho) e Viviana (di Jacobs) che, pur sole, hanno fatto sacrifici per assecondare il talento dei loro ragazzi. Non sono casi isolati. Anche le madri di Totti e di Cassano hanno cresciuto da sole o quasi i loro talentuosi figlioli. E allora mettiamola così: lasciamo che gli uomini esprimano o urlino il loro sconfinato sapere calcistico al bar o sui social e che le mamme si occupino concretamente del futuro dei loro ragazzi. Pare che questa suddivisione dei compiti (la teoria agli uomini, la pratica alle donne) funzioni a meraviglia.
Non vale solo per gli statisti, per i politici o per gli imprenditori: anche dietro una grande atleta si nasconde una grande donna, di solito la madre.

Maria Teresa, sedotta e abbandonata, deve rientrare presto in Italia, nel veronese. Torna alle origini per fare le pulizie nelle case e negli uffici e con i primi soldi risparmiati compera a Jorginho un pallone, senza sapere che quello diventerà il ‘nonno’ del Pallone d’oro.
Poi tocca al ragazzino fare la sua parte. Entra in una squadretta locale di ragazzi che girano l’Italia in cerca di ingaggio. Intanto gli rimborsano le spese con 18 euro a settimana e lui ne spende regolarmente cinque per telefonare alla mamma e rasserenarla sulla sua salute fisica e mentale. Arrivano i primi ingaggi dalla serie minori e che fa Jorginho? Non si compera un’auto né uno scooter e neppure un paio di sneakers alla moda. Va in Brasile a fare uno stage, perché sa di venire da una terra che ‘produce’ calcio e fantasia e a lui, pensieroso e pragmatico, serve allenare il tocco sudamericano. Quando ritiene di essere migliorato, torna a casa e lì lo aspetta il Verona. Poi nasce, a Napoli, il sodalizio con Sarri, l’allenatore che lo porterà con sé al Chelsea, dove ha vinto la Champions League e la Supercoppa, prima di essere il trascinatore dell’Italia campione d’Europa ed essere stato eletto dalla Uefa come miglior giocatore europeo del 2021: sono questi i titoli che gli varranno il Pallone d’oro.
Maurizio Sarri dice di Jorginho: “Vede le cose prima degli altri e spesso vede cose che gli altri non vedono proprio”. Eh, ma Sarri non è mica il Vangelo calcistico. D’accordo. Allora Pelè. Che ha giocato con e contro i più grandi della storia. Il Re ha spedito a Jorginho questo messaggio: “E’ un piacere vederti giocare, sono un tuo fan”. Può bastare?
Sarà, salvo clamorose sorprese, il sesto calciatore italiano a vincere il Pallone d’oro, dopo Omar Sivori nel 1961, Gianni Rivera nel ’69, Paolo Rossi nell’82, Roberto Baggio nel ’93 e Fabio Cannavaro nel 2006.