Dopo lo scudetto dell’anno scorso, il primato in classifica di quest’anno e la Supercoppa, l’Inter ci ha preso gusto. Non le basta strappare alla Juve titoli e prime pagine: ora ha ufficialmente aperto la caccia anche al più talentuoso (e discusso) tra i bianconeri, che è l’argentino Paulo Dybala.
Di euro ne corrono pochini e per i nerazzurri, freschi di cessione delle star Lukaku e Hakimi, l’operazione, dal punto di vista economico, appare quantomeno ardua. Ma il calciomercato è una faccenda dove i dettagli, spesso, contano più della sostanza.
Il contratto di Dybala con la Juve scade il prossimo giugno. Se entro fine mese il fantasista non lo avrà rinnovato, potrà scegliere la sua prossima squadra in regime di svincolo, che significa andarsene senza che il suo club incassi un solo euro dalla sua partenza. Ed è certo che la Yoya (la Gioia, il suo soprannome) stia pensando di cambiare aria, cedendo alle lusinghe degli acerrimi rivali nerazzurri.
Per questi tre motivi. Il primo: Dybala è stato per un paio di stagioni il ragazzo d’oro della Juve, un predestinato all’Olimpo del calcio, con quel sinistro (solo quello, però) diabolico, che gli è valso il titolo di erede al trono di Sua Maestà Diego Armando Maradona. Ma il suo volto da ragazzino ha perso il sorriso quando, tre anni fa, la Juve decise di eleggere a suo divo Cristiano Ronaldo. Forse Dybala si è sentito tradito, di certo ha smesso di essere decisivo e ha avuto diversi acciacchi fisici e forse qualcuno anche mentale.
Secondo motivo: dalla Juve, contrario all’operazione Ronaldo, tre anni fa se ne andò Beppe Marotta, il dirigente che aveva ricostruito una grande Juve (due finali Champions) e che aveva portato in bianconero Dybala, convinto che fosse lui il ragazzino del futuro. Ora: Marotta passò all’Inter che in Italia è diventata in fretta la capofila, scalzando la Signora dal trono sul quale era stata seduta per nove stagioni di fila. Che Dybala sia tentato di raggiungere a Milano il suo maggior estimatore, è un’ipotesi molto verosimile.
Terzo motivo: dopo i flop delle ultime due stagioni, la Juve ha cambiato anche Paratici, il manager che aveva preso il posto di Marotta, per affidare la gestione del club a quel Maurizio Arrivabene, reduce dal box della Ferrari e dal vano inseguimento della Rosse alle Mercedes. Pochi giorni fa, riferendosi per primo a Dybala, ha detto che gli ingaggi stratosferici bisogna guadagnarseli sul campo e che non basta il nome a garantirli. Concetto giusto e chiaro, che però ha contribuito a incupire ulteriormente il giocatore, già indeciso sul da farsi.
Dybala, fin qui, ha segnato sei reti, giocando il 66% delle partite e dando l’impressione di andare a corrente alternata, come se le luminarie natalizie lo tenessero ancora avvolto. Un po’ accese e un po’ spente. Un’alternanza di prestazioni e di brillantezza che ha indotto Arrivabene a ipotizzare non un aumento dell’ingaggio (cosa che anche i calciatori strapagati, chissà perché considerano doverosa) ma una decurtazione. E se Dybala era rattristato, è ovvio che dopo aver capito che cosa stia bollendo dentro la sua pentola, si sia del tutto rabbuiato e abbia teso l’orecchio verso Marotta.
La Juve è davanti a un bivio. O rimanere ferma sulla sua linea e perdere il giocatore a ‘parametro zero’, com’è successo al Milan con Donnarumma, oppure accontentare il giocatore, coltivando però il sospetto che Dybala non valga l’ingaggio che è concesso ai grandi campioni.
Ma in Italia esiste sempre una terza via: quella che indurrebbe la Juve a cedere subito l’argentino all’Inter, fissando un prezzo a metà strada tra il valore reale del giocatore (almeno una cinquantina di milioni) e il rischio di perderlo incassando zero.
Logica dice che se Dybala ha in animo davvero di piantare in asso la Signora, questa sia la soluzione migliore per tutti. Ma l’Inter, anche senza il fantasista oggi ventottenne, è già consapevole di essere la migliore della classe, prima in campionato e ancora festante per aver vinto la Supercoppa all’ultimo minuto dei supplementari. Spendere 20 o 30 milioni per stravincere, quando risparmiandoli sei (quasi) sicuro di vincere lo stesso, non ha molto senso.
Era questa l’unica storia da raccontare per rimanere nel mondo delle favole, dove ama rinchiudersi il calcio, che il Covid e la crisi, streghe cattive, stanno progressivamente distruggendo. Saltano le partite per via dei positivi al virus, litigano le Asl (le Azienda sanitarie locali) con la Lega Calcio che vorrebbe vedere in campo anche le squadre con un alto numero di contagiati, perché il calendario non offre date utili ai recuperi dei match saltati e quella percentuale residua di spettatori ancora ammessa allo stadio (il 50% della capienza) sta perdendo la pazienza e si dichiara avviato sulla via della disillusione.
Traballano le fondamenta del nostro sport nazionale. Non ci resta che ringraziare la Juve, Dybala e l’Inter, perché quelli che vediamo in questi giorni forse sono gli ultimi fuochi di artificio.
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