Si apre l’edizione numero 78 della Mostra del cinema di Venezia, tra green pass e tamponi rapidi. Il vero “mostro” della laguna, però, si chiama per ora Boxol, il sistema di prenotazione dei posti in sala per gli accreditati: le norme anti-covid impongono, infatti, che anche gli addetti ai lavori non possano più scorrazzare liberi per le dodici sale del festival, ma siano costretti a un super lavoro di programmazione e soprattutto di prenotazione del proprio posto con 72 ore di anticipo (diventate poi 74, per complicare ulteriormente le cose). La difficoltà della sfida per garantirsi i film, soprattutto i big del weekend, cresce di ora in ora, così come il malumore di chi è qui per lavorare e si trova tagliato fuori da alcune proiezioni e costantemente al cellulare, anche in sala, per prenotarne altre.
Per fortuna, oggi sono arrivati i film a catalizzare attenzione e discorsi.
La cerimonia d’apertura è stata introdotta dalla madrina della Mostra Serena Rossi e ha visto la consegna del Leone d’oro alla carriera a un entusiasta e commosso Roberto Benigni, davanti allo sguardo compiaciuto del presidente Sergio Mattarella, cui il regista e comico toscano ha rivolto un accorato appello affinché accetti un secondo mandato.
Poi, è finalmente arrivato il momento di Madres Parallelas, il ritorno al Lido di Pedro Almodovar. Un film politico, lucido e molto diretto, che intreccia in modo molto efficace due differenti piani narrativi, uno storico e uno privato. Protagoniste sono due donne, la quarantenne Janis e la giovane Ana, che diventano madri senza averlo cercato. Si conoscono in ospedale, dove condividono la stanza e le proprie preoccupazioni: per entrambe, la maternità ha qualcosa di traumatico, che le due tentano, nei primi tempi di vita delle loro bimbe, di tenere sommerso in modi diversi.
Intanto, in una zona rurale alle porte di Madrid in cui abita da decenni la famiglia di Janis, la comunità si attiva per realizzare degli scavi che portino alla luce i resti di alcuni partigiani antifranchisti, rimasti sepolti per lungo tempo, proprio mentre il governo Rajoy (il film inizia nel 2016) tenta di ostacolare la legge sulla Memoria histórica promulgata dal governo Zapatero nel 2007, cercando di far scivolare il passato verso l’oblio.
Madres Parallelas è soprattutto qui, in questo parallelismo tra traumi della storia e traumi personali, tra racconto politico e melodramma. In entrambi i casi, questo racconto al femminile tanto rischioso quanto riuscito sembra rimandare alla necessità di “dissotterrare” i propri scheletri, perché in fondo noi siamo il passato – anche e soprattutto doloroso – che abbiamo vissuto. Così fa Janis (bravissima Penelope Cruz), che soffre e lotta per capire e accettare la verità su sua figlia, così fa Ana (la giovane e talentuosa Milena Smit) per far emergere dal suo rimosso il concepimento traumatico di sua figlia, così fa anche la comunità rurale in cui Janis affonda le proprie radici, che riporta alla luce del sole le ossa dei desaparecidos e con esse il proprio dolore mai elaborato. Madres Parallelas è un film di passati svelati, di traumi e drammi sbiaditi rimessi a fuoco, che sembra idealmente riprendere molti elementi del cinema classico di Almodovar, con leggerezza e ispirazione, forse senza l’ironia tragicomica dei suoi film migliori, ma con grande eleganza e forza emotiva.