La Pellegrini in finale nei 200 stile libero per la quinta Olimpiade consecutiva è un risultato pazzesco, da extraterrestre. Ci procura emozione, ci offre un panorama fantastico con vista sulla tenacia tipica delle donne e sulla loro capacità di rimanere giovani a dispetto di fatica e sacrifici.
Il marziano Federica giovane lo è in assoluto, ma ha 32 anni e se inizi a nuotare nell’oro a sedici anni, di solito ti stanchi prima, a meno che tu non sia Paperon de’ Paperoni che il tuffo nell’oro lo fa quasi tutte le mattine. Ma appunto è un fumetto, mica la realtà. La nostra superstar delle piscine vale tanto oro per quanto pesa, peccato che la sua bravura incida sui nostri cuori, ma non sul medagliere.
Quello azzurro piange un po’. Meglio: andiamo bene, siamo decimi dopo quattro giorni di gare, come da pronostico e da speranza. Quattro argenti, sei bronzi ma una sola medaglia d’oro, viaggiamo alla media (buonissima) di tre medaglie al giorno. Con un bottino del genere, se fossimo saliti più spesso sul gradino più alto del podio, direbbero di noi che siamo diventati una superpotenza dello sport, come fummo capaci di essere a Los Angeles 1932 con 12 ori e altrettanti argenti e bronzi o come a Roma 1960 quando chiudemmo con 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi.

Una o due vite fa. Oggi è più dura. Queste Olimpiadi segnalano una svolta storica. Gli streaming, i social, i contatti diretti tra atleti, gli allenatori che viaggiano da un continente all’altro forgiando campioni di tutte le razze in ogni angolo del mondo hanno globalizzato qualunque disciplina. Svaniscono le certezze di essere i più forti o, almeno, i favoriti e si moltiplicano outsider e sorprese.
Fatta eccezione per gli artigianati locali, era già successo in qualunque attività, dall’industria al commercio, dall’agricoltura alla medicina, dalla tecnologia all’abbigliamento. Era ovvio che lo sport non ne fosse immune. Anzi, è strano che proprio le Olimpiadi, con la sua mescolanza di atleti e di razze, con il suo Villaggio globale non abbiano anticipato la storia. Quindi oggi ne osserva stupita gli effetti.
I fenomeni del basket Nba pronti via sono stati battuti dalla Francia. Noi, per anni padroni quasi incontrastati della scherma, tra spada, sciabola e fioretto, non abbiamo ancora portato a casa un solo oro. Eravamo quasi certi di festeggiare con il fiorettista Daniele Garozzo che, invece, in finale ha perso da un ragazzo di Honk Kong. Lacrime azzurre, mentre tutti si domandavano da dove fosse sbucato quel nuovo e sconosciuto campione. Neppure il tempo di usare i fazzoletti che Andrea Cassarà, un altro fiorettista di fama mondiale, è stato eliminato da un egiziano.

Questo è niente rispetto a quanto successo nel tennistavolo. Un giapponese che, in finale, ha battuto un cinese. L’impossibile che diventa realtà. A Pechino ostentano distacco, ma oggi probabilmente vivono una sorta di lutto nazionale. Al sovvertimento di ogni pronostico dovranno fare l’abitudine tutti, le superpotenze dello sport come l’Italia, che rappresenta la classe media con tutte le sue certezze e i suoi parametri che saltano per aria.
Non dobbiamo e non possiamo meravigliarci, se proprio noi abbiamo festeggiato il secondo oro olimpico di fila conquistato da due ragazzi partiti da Mesagne (provincia di Brindisi) per arrivare sul gradino più alto del podio del taekwondo prima (Londra 2012) con Carlo Molfetta e pochi giorni fa con Vito dell’Aquila. Qui siamo noi a stupire gli orientali come nella scherma sono gli egiziani a lasciarci di stucco.
È respinta l’obiezione di chi nota come la nazionale americana di basket abbia nel solo Kevin Durant una stella assoluta e di chi sostiene che negli sport singolari le sorprese siano più probabili che negli sport di squadra.
Eh no. I grandi talenti del basket mondiale finiscono tutti diritti nell’Nba dai settori giovanili di mezza Europa e di mezza Africa, il che rende impossibili le sorprese. Popovich, il Ct del basket stelle e strisce, conosce benissimo il valore di quasi tutti i suoi avversari migliori. Poi, se servisse la prova del nove, eccola: in questo periodo la Polonia del volley è campione del mondo ed era considerata quasi inavvicinabile. Tanto che all’esordio ha perso. Dal Brasile, dalla Serbia, dall’Italia, da Cuba? No, ha perso contro l’Iran.

Godiamoci le sorprese e smettiamola di fare pronostici, così evitiamo figuracce da incompetenti. Alzi la mano quell’esperto di nuoto che avrebbe pronosticato l’oro nei 400 sl del tunisino Hafnaoui.
Sono 206 i paesi presenti alle Olimpiadi e in 52 hanno già vinto una medaglia. Fino a ieri ne erano state assegnate 162, ce ne sono ancora 927 da mettere al collo degli atleti. Prepariamoci al giro del mondo in pochi giorni, fino all’otto di agosto.
Noi italiani siamo pronti a dare la caccia all’oro mancante, nel nuoto con Simona Quadarella e Gregorio Paltrinieri. Nella crono del ciclismo con Filippo Ganna e nell’inseguimenti con Elia Viviani. Nell’atletica puntiamo sui salti di Gianmarco Tamberi, nel pugilato su Irma Testa. E, senza dimenticare l’esordio amaro dei polacchi, nel volley abbiamo ottime possibilità di arrivare in fondo con le nostre ragazze.
Poi, semmai piazzassimo Marcell Jacobs nella finale dei 100, avremmo il primo italiano figlio del vento. Per lui come per la Pellegrini: difficile che vinca la finale, ma ci sono soddisfazioni che valgono più dell’oro.