L’aspettativa di vita è in calo negli USA. Nel 2020, anno di pandemia, il declino registrato è il maggiore dai tempi della Seconda guerra mondiale: un calo di 1.87 anni nell’aspettativa di vita, che si attesta ora a 77.3 anni, con tristi sfumature razziali. Infatti, l’aspettativa di vita è diminuita a causa del COVID principalmente per le minoranze etniche, in particolare di 2.9 anni per gli afroamericani, di 3 anni per i Latinos e di 1.2 anni per i bianchi.
Questi dati dicono qualcosa, ma nascondono un trend molto più radicato ed evidente: l’aspettativa di vita negli USA è molto inferiore rispetto a quella di paesi di pari, o anche di minore, sviluppo economico. Infatti, se l’aspettativa di vita negli USA prima della pandemia (dati del 2019) era di 78.8 anni, in Italia era di 83.0 anni. E se negli USA l’impatto della pandemia da Covid-19 ha determinato un decremento di 1.87 anni, nel resto dei paesi occidentali questo scarto si limita ad una differenza di soli 0.22 anni: una differenza sostanziale, come spiega un articolo del British Medical Journal. Per fare un confronto, l’aspettativa di vita media statunitense di oggi è quella che l’Italia registrava nel 1990.
Eppure, dai dati forniti da Our World in Data, gli USA spendono molto di più in sanità pro capite di tutti gli altri paesi, un investimento che sembra non ripagare. In parte questi dati sono “sporcati” dalla disparità, infatti è noto che la spesa pro capite media americana è in realtà concentrata su pochissimi, che spendono molto in assicurazioni private. Ma anche al netto di questo, considerando solo la spesa pubblica (Obamacare, Medicare e Medicaid), l’aspettativa di vita rispetto alla spesa sanitaria rimane molto più bassa rispetto agli altri paesi.
Ma, osservando i dati di aspettativa di vita degli statunitensi, questa era in calo già prima della pandemia, diminuendo lievemente già dal 2014. Secondo gli esperti diverse cause si combinano, per determinare questo risultato.
In primis, come detto, c’è la questione dell’assicurazione sanitaria: circa il 10% della popolazione non è assicurata, e questo determina outcome sanitari peggiori, e quindi una vita di minore durata. Un modo alternativo di considerare questo fattore è la cosiddetta Preston Curve, un modello che mette in relazione l’income con l’aspettativa di vita.
Secondo la Preston Curve, persone benestanti hanno benefici relativamente piccoli dall’aumento delle loro entrate; al contrario, chi vive in miseria riceve enormi benefici sanitari da un aumento anche piccolo nella sua disponibilità economica. Ne deriva che, per avere i massimi benefici sanitari medi, idealmente la ricchezza dovrebbe essere distribuita in modo più equo possibile. Non sorprende, allora, che gli USA, essendo uno dei paesi con i maggiori livelli di disuguaglianza economica calcolati secondo l’indice GINI, abbiano una aspettativa di vita così bassa.
Un secondo tassello, invece, sono gli incidenti d’auto: gli USA registrano circa 12 incidenti fatali all’anno ogni 100’000 persone, circa il doppio rispetto al resto dei paesi occidentali, si pensa a causa del fatto che l’età in cui è possibile prendere la patente è molto inferiore rispetto agli stati europei.
Il terzo e purtroppo prevedibile fattore sono gli omicidi, che hanno una frequenza cinque volte superiore a quella dell’Unione Europea, e in particolare quelli da arma da fuoco, che hanno frequenza doppia rispetto alla media mondiale, cioè includendo nel conteggio tutti i paesi del globo, dal Messico al Pakistan. Poiché le vittime di omicidio volontario sono tipicamente sotto i cinquant’anni, questa statistica contribuisce ad abbassare l’aspettativa di vita tra gli americani.
L’ultimo elemento da considerare è forse il più drammatico. Sebbene sia vero che il 2020 e la pandemia hanno avuto un impatto sproporzionato sulle comunità di colore e ispaniche, il gruppo che ha realmente trainato il calo dell’aspettativa di vita registrato dal 2014 ad oggi sono i bianchi di mezza età, che muoiono di quelle che sono definite dagli studiosi “deaths of despair”, decessi da disperazione, cioè per overdose, suicidio o patologie legate all’alcolismo.
I morti annuali per overdose, in particolare da oppioidi, sono un numero veramente preoccupante: circa 314 ogni milione di abitanti muoiono ogni anno di overdose negli USA, il triplo del corrispettivo britannico. Questi numeri sono in ulteriore aumento, come effetto collaterale della pandemia: solo nel 2020 sono stati registrati 93’000 decessi per overdose, in particolare da fentanyl. La combinazione con suicidi e decessi relativi all’alcolismo determina un andamento del tutto opposto rispetto al resto del mondo: in occidente i morti per disperazione nella fascia tra 50 e 60 anni sono stabilmente in calo da trent’anni, negli USA sono in crescita vertiginosa.
Insomma, se il COVID ha avuto il suo devastante impatto, ancor più forte negli States che altrove, i dati raccontano un quadro più complesso, che richiederebbe urgente attenzione.