Mentre le scosse si susseguono e si contano i morti, il vescovo della diocesi di Ascoli Piceno ha chiesto a Dio: “E adesso, Signore, che si fa?”. Niente potrà lenire il dolore della perdita di un famigliare, di un figlio di una figlia, di una madre e di un padre, di una sorella o di un fratello o di un parente. Il tempo potrà allontanare il dolore, ma i ricordi ritorneranno sempre, ad ogni scossa si rinnoverà la paura, il dolore, il ricordo di quell’istante.
L’Italia è situata ai margini della confluenza della placca Africana con quella Euroasiatica. È per sua natura in movimento proprio per questa localizzazione. Gli Appennini e le Alpi sono soggetti a terremoti. Esiste un catalogo dei terremoti, esiste una carta di pericolosità per l’intero territorio. Eppure nel terzo millennio paesi interi vengono distrutti dagli eventi sismici.
La domanda del vescovo non è vana, ma andrebbe rivolta agli uomini più che a Dio. Il terremoto non è la reazione della natura contro l’uomo, ma è il respiro del pianeta che l’uomo deve sapere interpretare costruendo in modo adeguato. Molte sono le cose da fare, ad iniziare dalla attuale carta della pericolosità sismica che appare inadeguata e andrebbe aggiornata e riveduta.
L’origine più frequente di un terremoto è di natura tettonica, quando esso è dovuto alla rottura di una faglia,
o di natura vulcanica, quando precede, accompagna o segue eruzioni vulcaniche, o, comunque, è connesso al movimento del magma. I terremoti di origine tettonica sono i più diffusi, oltre ad essere generalmente i più pericolosi.
L’attuale carta di pericolosità Italiana è basata su di un modello di analisi della probabilità detto PSHA (Probabilistic Seismic Hazard Assessment).
Alla base del metodo PSHA c’è il tentativo di stimare la “probabilità” che avvenga un sisma con una certa intensità, in un certo luogo e lasso di tempo. A tal scopo sono impiegate le informazioni sulle zone sismogenetiche, ovvero le aree di crosta terrestre dove, sulla base delle informazioni tettoniche in nostro possesso, si possono generare i terremoti, i cataloghi parametrici, certe assunzioni probabilistiche, e le “leggi di attenuazione”, espressamente citate nella Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3724/2003.
In realtà non si tratta di leggi ma di semplici relazioni prive di solide basi fisiche che stabiliscono in modo empirico e grossolanamente non verificato quanto si attenui un’onda sismica nella sua propagazione dall’ipocentro, attraverso la crosta terrestre.
A partire dal 1993 è stato sviluppato un metodo denominato neo deterministico, NDSHA, che consiste nell’uso della modellazione realistica della propagazione delle onde sismiche tenendo conto della morfostruttura del territorio la cui fisionomia attuale è il risultato dell’azione prevalente di fattori endogeni, quali le grandi catene montuose, gli archi vulcanici insulari, gli altopiani, le estese depressioni, eccetera. Tale modellazione è eseguita seguendo le leggi fondamentali della fisica e non ricorrendo a relazioni empiriche che violano le leggi della meccanica del continuo che stanno alla base della teoria dell’elasticità, note come relazioni di attenuazione.
L’Italia ha un eccellente catalogo dei terremoti, almeno per terremoti con magnitudine superiore a 5. Il metodo NDSHA permette di sfruttare al meglio l’unicità di questo catalogo definendo in modo più accurato la magnitudo dei possibili terremoti. Il metodo si è dimostrato poi efficace quando si vuol conoscere il grado di sicurezza di un edifico, ad esempio sottoponendolo ad una analisi vibrometrica che permetta di verificare il suo livello di staticità, mediante uno scuotimento virtuale dell’edificio stesso (attraverso dei complessi programmi di calcolo) sottoposto a onde sismiche realistiche.
Nonostante l’approvazione da parte della VIII Commissione permanente Ambiente, Territorio, Lavori Pubblici della Camera dei Deputati della risoluzione (conclusiva) 8-00124/2011 e il DDL C. 1184 dell’11 giugno 2013 – XVII Legislatura ad oggetto “Delega al Governo per l’adozione del Piano antisismico nazionale”, allo stato attuale, è ancora in vigore la carta di pericolosità basata su PSHA. Eppure nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008 3.2.3.6) in materia d’isolamento sismico delle costruzioni civili e industriali veniva ribadita la necessità di “prevedere che, per la valutazione dei dati di pericolosità sismica, si affianchi al metodo probabilistico quello deterministico e, comunque, che il progettista di strutture isolate sismicamente faccia riferimento anche ai dati ottenuti con quest’ultimo metodo per determinare lo spostamento massimo di progetto degli isolatori”.
Quanto ho riportato in sintesi e altro ancora è contenuto in un eccellente libro di prossima pubblicazione, di Giuliano Panza e Antonella Peresan intitolato Difendersi dai terremoti si può: ecco come. Dunque il modo per prevenire gli effetti dei terremoti c’è: non si può sapere quando il terremoto avverrà, ma la sua forza e dove sarà localizzato li possiamo sapere. Perché non si fa nulla?
Un recente articolo della International Seismic Safety Organization ha analizzato il metodo PSHA rispetto a NDSHA evidenziando che mentre il PSHA relativo a 475 anni fornisce un valore di 0.24g (mappa del 2004); la mappa NDSHA pubblicata nel 2012 (Advances in Geophysics) fornisce un valore di 0.3-0.6g in accordo con il valore misurato di 0.45g.
Non vorremmo mai più vedere una comunità annientata dal terremoto come quello che è venuto ad Amatrice, ma sappiamo che gli interessi dei piccoli come quelli dei grandi proprietari si sommano. Una casa in zona sismica di colpo perde il suo valore. La paura di vedere depauperato il proprio patrimonio edilizio, fa sì che si cerchi ogni possibile soluzione, anche contro se stessi. Poi rimane il grande problema della corruzione che colpisce ogni strato della vita sociale.
Durante una trasmissione televisiva è stata fatta dal sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, una proposta per la carta della casa, ove sia contenuta la storia del manufatto, la classe energetica e la sua vulnerabilità ai terremoti. È una proposta sensata che dovrebbe far riflettere. Il patrimonio immobiliare italiano è vetusto e solo il 27 % delle nuove case ubbidisce a criteri antisismici, nonostante l’obbligo di costruire con criteri di sicurezza antisismica. Tutti gli immobili il cui progetto è stato depositato dopo il 30 Giugno 2009 devono rispettare criteri di anti sismicità. Per il resto siamo in una zona grigia aperta a qualsiasi nefandezza.