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August 24, 2016
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Quando l’Italia trema, il mondo ha i brividi

Il terremoto e la responsabilità italiana sulla protezione della bellezza universale

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
amatrice terremoto

Amatrice, prima e dopo il terremoto (foto da Huffingtonpost.it)

Time: 4 mins read

Quando l’Italia trema, al mondo intero vengono i brividi. Quanto sei amata Italia! Questo pensiero a New York un po’ ci conforta alla notizia del terribile terremoto che ha colpito l’Italia a distanza di 7 anni da quello devastante dell’Aquila. Ancora al centro della Penisola, un po’ più a nord, dove la catena degli Appennini si eleva tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.

Chi lavora tra comunicati giornalieri su tragedie internazionali, provocate più spesso dall’umanità che dagli eventi naturali, non può non accorgersi che quando un fatto grave accade in Italia, la reazione di chi ormai è assuefatto alle brutte notizie appare diversa. È come se nei visi di giornalisti e osservatori di catastrofi internazionali l’Italia non sia più un luogo geografico che ospita una nazione come tante altre, ma una terra che appartiene a tutti. Un luogo la cui bellezza è compresa da tutti e quindi goduta nella sua universalità. Quando il paese bello per tutti viene violentato da una calamità naturale come il terremoto del 24 agosto 2016, un sussulto di apprensione colpisce e si espande in tutti i continenti del mondo. Proprio così, quando l’Italia è ferita, soffrono tutti.

Il portavoce del Segretario Generale dell’ONU Stéphane Dujarric ha aperto il briefing giornaliero al Palazzo di Vetro con la solidarietà delle Nazioni Unite all’Italia, quando ancora le stime dei danni e delle vittime del terremoto non erano ufficiali. L’Italia fa notizia in modo diverso da come accadrebbe per qualunque altro paese. Non è giusto? Nessun popolo dovrebbe essere “più sentito degli altri” nelle sue sofferenze, ma da New York percepiamo che questa apprensione “speciale” ci sia proprio nei confronti dell’Italia, cosiddetto Bel Paese, perché siamo “paese” in modo diverso, perché sentito proprio come un bene comune, anche quando non si è mai stati in Italia. Insomma, quando succede una tragedia nel mondo, si valuta la sua intensità e gravità in base al numero delle vittime. Quando accade in Italia si pensa ovviamente anche alle perdite umane, ma istintivamente la preoccupazione e la tristezza si diffondono al pensiero del danno arrecato al “bello”. Proprio così, è soprattutto alla bellezza dell’Italia sfregiata che si diventa tristi quando accade un evento tragico come un terremoto.

Gli amanti dell’Italia pensano ai suoi paesi e alle sue città, all’arte che custodiscono, ma ovviamente queste non sono che lo specchio dei suoi abitanti, passati e presenti. L’Italia è bella così perché i popoli italiani — già tanti e mai uno — così l’hanno fatta. Questi popoli d’Italia che senza accorgersene più, vivono sul luogo culto della bellezza, e gli stranieri per questo finiscono per riconoscere nell’Italia un bene, anzi un valore appartenente a tutti più che per qualunque altro luogo.

Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto… Non sono certo centri famosi, come Assisi o l’Aquila. Di questi, chi scrive non ne aveva sentito mai parlare tranne che della prima, Amatrice, il paese che da il nome al famoso piatto di pasta, che molti considerano romano perché in effetti preparato alla perfezione nei ristoranti della capitale. Anche da qui capisci, dalla terribile notizia di un evento come il terremoto, come ogni angolo d’Italia, anche piccolissimo, possa avere quella bellezza che si apprezza ovunque, come può essere anche una celebre ricetta.

A quanto pare, dalle prime notizie che si hanno, sono molti i turisti coinvolti nella tragedia, proprio perché questo week-end nella piccola Amatrice si sarebbe celebrata la sagra del celebre piatto di pasta. Ma i turisti, ovviamente non erano in zona solo per l’abbuffata, ma perché ormai sono tanti gli stranieri che hanno scoperto altri gioielli dell’Italia centrale oltre la Toscana e l’Umbria, posti dove si resta così incantati da finirci per comprare casa. Come i nostri lettori sanno, sono parecchi anche gli americani che hanno scoperto questi posti e, appena possono, corrono a godersi un pezzetto di Bel Paese.

Sempre dalle prime notizie, sappiamo che molti nonni ospitavano i loro nipoti in questo periodo proprio tra questi paesini devastati dalla scossa. È fine estate ma i genitori che devono tornare a lavorare in città (Roma dista meno di due ore) lasciano i figli ancora in vacanza dai nonni. Alla terribile tragedia quindi, si aggiunge quella di padri e madri che corrono nella notte per cercare di salvare i loro figli e i loro genitori dalle macerie.

Gli esperti ci dicono che tutta l’Italia è zona sismica e proprio la linea tra l’Aquila e Norcia resta una di quelle che ha subito nei secoli più distruzioni. Adesso bisogna concentrarsi solo nel salvare più vite possibili, e i mezzi di soccorso stanno valorosamente estraendo dalle macerie persone ancora in vita. Ma dopo verrà il momento della quantificazione dei danni e quindi delle scelte. Saranno queste finalmente responsabili?

Il mondo, cara Italia, soffre con te in queste ore perché ti ama ma ti osserva anche con severità e per questo nessuno dovrebbe perdonare quei tuoi amministratori se dovessero nuovamente fallire. L’Aquila resta ancora lì sfregiata, con le ferite ancora aperte. Era forse inevitabile?

È vero, tutti i terremoti sono inevitabili, ma il dovere degli italiani resta quello di proteggere il bel paese da loro creato e saperlo anche ricostruire se necessario. Vivere l’emblema della bellezza universale nel mondo aumenta la responsabilità di tutti gli italiani. Fallire ancora sarebbe imperdonabile.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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