Di origini siciliane, cresciuto tra Italia e Venezuela e arrivato nel 2000 negli Stati Uniti, Cristian Piazza si è trasferito a New York a fine ottobre del 2001 per fare cinema. “Vivere a New York vuol dire farsi molte domande su se stessi, sugli altri. Io mi domando spesso dov’è casa? È dove nasci, dove cresci o dove hai deciso di andare a vivere? Forse è un po’ di tutti e tre”.
L’idea di Waiting è nata dalla volontà di narrare la nuova emigrazione sotto un profilo umano.
Come racconta Piazza, emigrare rappresenta sempre un grande cambiamento: lingue, culture e circostanze nuove. All’inizio si è euforici e suggestionati perché tutto è nuovo, poi però ti rendi conto che il passato e tutto ciò che era familiare è diventato solo un ricordo.
“Siamo partiti con un’idea molto leggera, raccontare storie di italiani a New York; le lunghe attese durante la lavorazione del film mi hanno poi permesso di conoscere a fondo queste persone e di raccontare le loro storie, creando un filo narrativo. Ho impiegato cinque anni per realizzare Waiting. L’obiettivo principale — continua Piazza — era finire il film ad ogni costo, era diventata una sfida personale e professionale. Per anni sono rimasto in quella nuvola di voler diventare un regista, poi pian piano ho imparato e ho capito che oltre a studiare bisogna buttarsi e rischiare di più”.
Il film è costato circa 50.000 dollari: “Finanziato principalmente da me, ho avuto qualche aiuto da amici, ma ho lavorato nei ristoranti e come traduttore per molti anni e con questi lavori ho pagato il film”, racconta il regista. Piazza ha seguito i protagonisti del suo racconto per 5 anni: “Non potevo forzare gli eventi, dovevo aspettare che il pugile si allenasse, oppure che si annunciasse la gara, che venisse offerta al tenore l’opportunità di cantare e c’erano lunghe attese, potevano passare anche mesi. Ogni pausa poteva essere la giusta occasione per mollare. Non sapevo nemmeno se sarebbe stato un lieto fine”.
Il docufilm racconta le storie di tre giovani italiani che hanno deciso di cercare una seconda opportunità a New York, il loro percorso e le loro motivazioni. Un pugile professionista che, dopo una brutta sconfitta in Italia, ha il bisogno di riacquistare fiducia e che a New York avrà l’opportunità di combattere per un titolo mondiale. Un attore, senza alcuna istruzione musicale, che si è dovuto reinventare come cantante lirico all’età di trent’anni e che attraverso il palcoscenico dell’opera cerca di conquistare anche la fiducia dei genitori. Un aspirante imprenditore, che dopo il divorzio dei genitori ed una vita un po’ irregolare, vuole aprire un ristorante a New York nel tentativo di riscattarsi.
“Ho cercato dei protagonisti molto specifici: classe media, senza privilegi, che lavorassero nei ristoranti, come ho fatto io; da qui anche il gioco di parole nel titolo, waiting infatti vuol dire ‘servire ai tavoli’ ma anche ‘attendere’ ma non nel senso di attesa passiva. Questo infatti è un film sulle seconde opportunità, ognuno dei protagonisti poteva rimanere a vivere in Italia ma questi ragazzi hanno deciso di venire a prendersi la loro opportunità qui a New York”.
La voce narrante di John Turturro in apertura racchiude l’essenza del film in una frase: “nascondere, perdere e trovare se stessi”. Chi racconta la storia è una persona che conosce la città molto bene, “non ho idealizzato New York come accade spesso nei film. Molti in Italia credono che chi viene a vivere qui ha subito successo, vivere qui invece vuol dire sacrificio. È un film molto newyorchese e sono orgoglioso del fatto che il primo premio che abbiamo ricevuto l’anno scorso ad un Festival qui lo abbiamo vinto perché Waiting è stato giudicato il film che racconta meglio la città”.
Guarda il trailer di Waiting:
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