Verrà forse ricordato il 2016 per la disunità sempre più visibile nel mondo occidentale? Quante volte ci siamo trovati infatti fra due lati opposti? In Europa per Brexit, Yes o No… Sì o No anche in Italia per il referendum costituzionale voluto dal governo Renzi… quindi negli Stati Uniti, “I’m with Her” o “Make America Great Again…” A questa pandemia di crisi internazionali e attacchi terroristici, l’Occidente si ritrova diviso. Cittadini notevolmente impauriti e frustrati, non hanno più fiducia nei governi anche dopo averli appena eletti.
Per cercare di orientarci sulle crisi che si preannunciano alle soglie del nuovo anno, la scorsa settimana abbiamo posto alcune domande all’ambasciatore italiano alle Nazioni Unite Sebastiano Cardi, che dal 1 gennaio sarà al Palazzo di Vetro a capo della missione diplomatica che rappresenterà l’Italia al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. L’elezione dell’Italia al seggio di membro non permanente del CdS questa volta durerà solo un anno, per la condivisione con l’Olanda. Ci sono infatti 193 paesi rappresentati all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ma solo 15 anche nel Consiglio di Sicurezza, di cui cinque detentori di seggi permanenti. Questo lascia 188 paesi a concorrere per 10 seggi assegnati a rotazione e l’Italia è stata capace di farsi eleggere ad un seggio del CdS già sette volte, la prima nel 1959 e l’ultima volta nel 2007.
Le dimissioni del premier Matteo Renzi e la crisi di governo che impatto stanno avendo sulla preparazione della diplomazia italiana ad affrontare l’importante appuntamento con l’entrata dell’Italia al Consiglio di Sicurezza? Le eventuali elezioni, potrebbero compromettere la politica dell’Italia all’interno del Consiglio di Sicurezza?
“In tempi rapidi il Paese si è dato un nuovo governo, guidato dal Presidente Paolo Gentiloni, il quale ha lavorato in prima persona sui dossier internazionali e delle Nazioni Unite in qualità di Ministro degli Affari Esteri negli ultimi due anni. Alla Farnesina il nuovo Ministro degli Esteri Angelino Alfano ha annunciato che lavorerà in stretta continuità con il suo predecessore. L’Italia si appresta quindi a iniziare il suo mandato in Consiglio di Sicurezza all’insegna della continuità, nella scia di quei valori che da sempre – in maniera “bipartisan” -contraddistinguono la politica estera della Repubblica, con al centro la nostra forte vocazione per il multilateralismo e in questo quadro la nostra partecipazione alle operazioni di pace, la lotta al terrorismo, il nostro forte impegno a favore dello sviluppo dei Paesi meno avanzati, la difesa dei diritti umani e la solidarietà umanitaria”.
La crisi dei migranti che fa tremare l’Europa: l’Italia resta la più esposta alle ondate di rifugiati e immigrati che, oltre ad essere una questione umanitaria, è diventata anche un problema di sicurezza. Essere nel CdS cosa cambia per l’Italia nel cercare di contenere il problema?
“L’Italia, da tempo ormai, si esprime in tutti i fora internazionali perché alla crisi migratoria vengano date risposte adeguate. Decine di milioni di rifugiati, i numeri più alti dalla seconda guerra mondiale ad oggi, rappresentano un fenomeno che non può essere gestito solo con le logiche dell’emergenza e unicamente dai paesi in prima linea. Si tratta di un fenomeno destinato a durare anni, che ha radici nei conflitti e nel sottosviluppo e che quindi va affrontato trovando soluzioni alle sue cause profonde. La crisi migratoria è resa ancora più ampia dagli spostamenti generati dai cambiamenti climatici e dai disastri naturali. L’Italia utilizzerà il seggio in CdS per continuare, coerentemente, l’azione svolta negli ultimi anni nei fori multilaterali per la ricerca di soluzioni alle minacce alla sicurezza, contribuendo in tal modo a ridurre l’impatto dei flussi di popolazione”.
La crisi della Libia, che sembrava essere risolta con la nascita di un governo di unità nazionale, invece sembra complicarsi ed essere ancora lontana da una soluzione, almeno dalla recente testimonianza dell’inviato speciale dell’ONU Martin Kobler al Consiglio di Sicurezza. Secondo l’Italia, la Libia resta abbastanza nell’agenda del Consiglio di Sicurezza? C’è qualche cosa che dall’ONU si dovrebbe ancora fare per la Libia e che l’Italia porterà avanti nel Consiglio?
“L’Italia in questi anni, è stata in prima linea nella ricerca di una via d’uscita politica alla complessa crisi libica. Abbiamo appoggiato il governo di Unità nazionale e il Premier Serraj fin dai suoi primi passi, adoperandoci per rafforzare la sua capacità di affrontare le urgenti sfide politiche, economiche e di sicurezza. Abbiamo contribuito a incanalare le energie della comunità internazionale a sostegno del Consiglio Presidenziale e al GNA, sostenendo gli sforzi di mediazione dell’ONU e promuovendo iniziative volte a fare dialogare tutti i principali attori internazionali e regionali, con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise. Continueremo i nostri sforzi anche in seno al Consiglio di Sicurezza, dove il dossier libico è discusso frequentemente, essendo la Libia un Paese fondamentale per la stabilità del Nord Africa e del Mediterraneo, oltre che un tassello della questione migratoria che investe direttamente l’Italia e l’Europa”.
Per l’Italia, il problema più urgente che il Consiglio di Sicurezza dovrà affrontare agli inizi del 2017, sarà ancora la guerra civile in Siria e in genere l’instabilità e il terrorismo in Medio Oriente? Il fatto di avere come inviato speciale ONU in Siria Staffan de Mistura, già sottosegretario agli Esteri del governo italiano, può dar un maggior peso al ruolo italiano all’interno del Consiglio di Sicurezza?
“La Siria rappresenta la crisi forse più grave della nostra epoca, per il numero di vittime, feriti e sfollati; il livello di distruzioni nel Paese; le continue violazioni del diritto umanitario internazionale.
La tragedia umanitaria in atto è senza precedenti, così come la minaccia del terrorismo. In tale drammatico contesto, l’Italia fornisce un importante apporto agli sforzi umanitari e sta facendo tutto il possibile per favorire un esito politico al conflitto, unica strada per raggiungere una soluzione sostenibile. Ci siamo adoperati in tal senso nel quadro dell’International Syria Support Group e altrettanto faremo quando, il 1 gennaio, assumeremo la responsabilità di membro non-permanente del Consiglio di Sicurezza. Sosteniamo pienamente l’azione dell’ONU e dell’Inviato Speciale del Segretario Generale Staffan de Mistura, con il quale i contatti sono costanti”.
L’elezione dell’ex premier portoghese Antonio Guterres a Segretario Generale dell’ONU: è un vantaggio per l’Italia avere come UNSG un europeo?
“Siamo molto soddisfatti dell’elezione di Guterres. Si tratta di una personalità di comprovata esperienza, di grandi capacità diplomatiche e profonda conoscenza dei principali dossier internazionali. L’Italia è pronta a lavorare insieme a lui per il perseguimento degli ideali della Carta delle Nazioni Unite, che sono da sempre un caposaldo della politica estera della Repubblica. Sicuramente, il fatto che si tratti di un così autorevole esponente di un Paese europeo non potrà che facilitare l’intesa e la collaborazione con il nostro governo”.
La riforma del Consiglio di Sicurezza: a che punto siamo? Con l’Italia dentro il CdS, cambierà forse qualcosa? Può l’Italia influenzare meglio il percorso di riforma durante il suo turno di permanenza?
“Il processo di riforma del CdS è incardinato da oltre 20 anni nell’attività dell’Assemblea Generale, inizialmente tramite i lavori di un ‘open-ended working group’ e, a partire dal 2008, attraverso negoziati intergovernativi annuali. L’Italia, da sempre, è impegnata a favore di una riforma inclusiva e democratica, che cioè aumenti le possibilità per tutti gli Stati membri di dare il proprio contributo al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, tenendo presente l’esigenza di una più equa ripartizione dei seggi tra i diversi gruppi regionali. L’Italia ha il ruolo di coordinatore del gruppo negoziale “Uniting for Consensus”, che raccoglie i Paesi sostenitori di una riforma centrata sull’aumento dei soli membri eletti e che abbia pertanto come risultato un Consiglio più rappresentativo, democratico, responsabile nei confronti degli Stati membri, efficiente e trasparente. Benché’ dunque la riforma del CdS non competa allo stesso Consiglio, il mandato come membro non-permanente ci darà l’occasione per trasferire concretamente nel nostro lavoro quotidiano questa visione del Consiglio di Sicurezza, dando prova del contributo che i membri eletti possono offrire, ad esempio in termini di trasparenza ed efficienza dei lavori del Consiglio. Il CdS deve essere pronto ad affrontare le sfide globali del XXI secolo e una riforma che ne accresca il carattere democratico e inclusivo avrà ricadute positive sulla sua autorevolezza agli occhi dell’intera Comunità Internazionale”.
Il seggio condiviso con l’Olanda: che problemi prevedete e quali opportunità? Potrebbe veramente essere l’occasione per delle prove generali per la nascita di un seggio dell’UE al Consiglio di Sicurezza?
“Già in questi mesi abbiamo lavorato intensamente con gli amici olandesi per delineare il quadro della nostra collaborazione nei prossimi due anni. Organizziamo consultazioni regolari a tutti i livelli, anche nelle Capitali, e il livello di integrazione raggiunto tra le due Rappresentanze è importante. Prevediamo scambi di funzionari e concorderemo gli interventi in Consiglio di Sicurezza al fine di dare una linea di continuità all’interno del mandato condiviso. Si tratta di un’opportunità per approfondire la nostra amicizia con un Paese, come l’Olanda, co-fondatore dell’Unione Europea, che condivide i nostri valori e principi: cito per esempio le molte battaglie comuni sui diritti umani e l’impegno contro i cambiamenti climatici e il loro impatto sulla sicurezza internazionale. Il seggio condiviso è stato voluto dai due governi per dare un segnale di unità e di rilancio degli ideali dell’Unione Europea. E’ importante assicurare il successo di quest’esperimento innovativo, per dimostrare che la via della collaborazione europea rappresenta una prospettiva positiva anche in seno al CdS dove tuttavia, è bene ricordarlo, gli Stati membri vengono eletti a titolo nazionale”.