Gli occhi di Daliso Gulmini, bolognese doc e buongustaio, brillano mentre descrive la sua creatura e le sue creazioni. Caffè dei fiori, piccolo ristorante dell’Upper East Side, al 973 di Lexington Avenue è un piccolo rifugio elegante e sobrio, per niente stucchevole. Aprendo la porta ci si sente già accolti dalla musica calda, dalle luci smorzate e dall’armonia che è fatta di dettagli ricercati senza eccessi o bizzarrie. Persino i quadri alle pareti, racconti su tela di New York e Bologna costellati di volti, intrigano per i colori e perché li immagini densi anche delle storie di chi seduto ai loro piedi sta gustando i veri sapori della cucina italiana.
Daliso è restio a dirci i nomi di alcuni clienti famosi, perché la sua tavola è imbandita per tutti e chiunque metta piede nel suo ristorante “deve poter dimenticare per 90 minuti almeno i rumori della città, il caos e chiudendo gli occhi immaginarsi in Italia”. Scopro però che hanno varcato questa soglia Ban Ki Moon, Kissinger, Chelsea Clinton, Raul il dirigente sportivo dei New York Cosmos, tentati anche loro dai piatti sperimentati dallo stesso Daliso o nati da vivaci confronti con lo chef a cui lascia la fantasia, ma la meticolosa attenzione alla tradizione italiana è tutta sua ed è raccontata ancora dalle tagliatelle alla bolognese, dalla sfoglia tirata a mano che “si sposa con un ragù corposo di manzo e maiale in delicata salsa al pomodoro”.
Un angolo di Italia a New York
Caffè dei fiori è un omaggio ad uno dei caffè che Daliso frequentava con gli amici di Bologna. Ora quel luogo è un salone d’auto e l’unico Caffè dei fiori resta questo di New York. Due piani con un piccolo balcone che dà sulla strada, ma senza che alcun rumore disturbi l’atmosfera.
Piccoli tavoli con candele e tovaglie candide, specchi avvolti in nuvole di vetro bianco direttamente importati dall’Italia, come lo sono le stoffe che rivestono le sedie, e il design delle sale dove fanno capolino con discrezione i quattro tulipani, logo del ristorante, che si ritrovano sul ferro battuto delle scale che accompagnano al piano superiore. Anche l’angolo bar è un mosaico di vetri ocra e avorio densi di luce.
Sfide e invenzioni
Daliso apre il suo ristorante, nel 2014, dopo una meticolosa ricerca del luogo e un’approfondita indagine di mercato sui prodotti. “La qualità e la cortesia sono un binomio inscindibile. La mia carne viene dal Colorado, le erbette e le verdure da fattorie di Long Island. Ho i miei fornitori e sono molto esigente. Sto ancora cercando qualcuno che mi sappia offrire gli autentici salumi bolognesi per preparare i taglieri della nostra tradizione”.
Imporsi nell’ambiente newyorchese non è stato facile ma citando Frank Sinatra mi ripete che “chi riesce a New York riesce in tutto il mondo”. Daliso ha accettato la sfida e ama le massime: ne scrive di continuo e me ne mostra alcune, come “la perfezione è imperfetta”, soprattutto di notte quando anche le ricette prendono forma nel suo pensiero. Si è sperimentato con la cucina rinascimentale, ha fallito la pastella dei carciofi ad una cena con gli amici, lo hanno deluso alcuni ristoranti italo-americani, dedicherebbe a New York una pasta al pomodoro ben fatta “perché gli americani amano la semplicità della nostra cucina e i sapori del sud”, è convinto che tradizione e innovazione ai fornelli si scontrano ma non si escludono perché “non puoi innovare su una carbonara o su un’amatriciana, ma puoi sempre inventare nuove combinazioni con i sapori”. A Natale, infine, cucinerà a casa sua per venti dei suoi più cari amici e per i suoi nipotini: che fortunati! Non mi rivela se inventerà qualcosa di insolito o attingerà alle memorie culinarie della mamma, della nonna e dello zio ristoratore a Genova.
Un menù tra storia e novità
La composizione dei piatti è curata e l’attenzione al dettaglio cattura sguardo e palato insieme. L’attesa degli antipasti è smorzata da un croccante biscotto salato su cui è adagiata una mousse di salmone che lascia sul palato un retrogusto di crema di limone deliziosa. Il polpo alla stracciatella è un omaggio ai colori del Belpaese dove il bianco della stracciatella delicata va a nozze con un pesto di basilico, colorato da pomodorini grigliati: una cornice perfetta per gli involtini di melanzane gratinati e il polpo croccante che porta in tavola il profumo del mare. L’insalata di radicchio e indivia un piccolo quadro dove si fondono il viola, il verde e il gorgonzola accompagnato da noci caramellate.
Nel menù si incrociano piccole chicche come il tartufo nero e la ricotta salata, o ancora il riso della Riserva san Massimo e il melograno e le mele cotogne che accompagnano i secondi di carne e di pesce. Poi c’è la storia italiana a tavola, con i bucatini all’Amatriciana, le tagliatelle al ragù, gli spaghetti alla carbonara: il segreto di questi sapori è la semplicità e la qualità degli ingredienti, in particolare le erbe aromatiche di cui Daliso è cultore.
Mi incuriosiscono dei fagottini di zucca con gamberi e nocciole. Mentre li addento scopro che la sfoglia della pasta è rigorosamente fatta in casa e avvolge la crema di ricotta lasciando i sapori distinti e una consistenza piacevole per il palato. Mi aspetto una crema di zucca all’interno e invece sono piccoli tocchetti dorati.
La scelta dei secondi è invitante e anche qui tradizione (milanese, saltimbocca, merluzzo alla livornese) e novità (maialino croccante, petto d’anatra) si mescolano, con punte d’eccellenza come le costolette d’agnello provenienti da un allevamento certificato biologico o la bistecca di pesce spada, un vero must per la tavola. Mi lascio tentare dai dolci e opto per un dessert freddo-caldo che affianca una tatin croccante di mele tiepide ad un cremoso gelato alla vaniglia.
Uno Chardonnay San Michele dell’Alto Adige ci accompagna per tutta la cena, ma i vini italiani della riserva di Daliso hanno i colori di tutte le regioni: La scolca Etichetta nera, Biferno, Gironia rosso e una selezione di vini toscani.
Il prezzo di una piazza
Daliso commentando la moda del cibo e dei pasti veloci che da buon bolognese guarda con sospetto “perché a tavola si concludono affari e si legano grandi amori”, mi spiega: “Una pizza, delle patatine e una birra costano 60 dollari. Per lo stesso prezzo nel mio Caffè fai una sosta in una piazza italiana e gusti una specialità culinaria curata e fresca, innaffiata da un buon calice di vino”. Provare per credere.