Spettacoli che vanno, spettacoli che vengono. Fra quelli che vanno – o sono andati – c’e’ Letter to a Man, creato da Bob Wilson e da Michael Baryshnicov partendo dai diari di Nijinski, il grandissimo ballerino russo, di origine polacca, vissuto nei primi anni del Novecento. Presentato al BAM durante la rassegna Next Wave, lo spettacolo è decisamente da vedere, nel senso che è sviluppato in senso soprattutto visuale. Non sono una grande ammiratrice di Wilson – spero non si scatenino gli anatemi – Troppe cose in scena, troppo tanto, troppo tutto, dai colori alle forme agli attori. Eppure in questo spettacolo c’è stranamente poco, se non si conta la grande stratosferica presenza di Misha che riempie tutto con una leggerezza estrema. Lo spettacolo non fate più in tempo a vederlo a New York, ma se Baryshnicov è in scena ovunque voi vi troviate, fatevi un favore, andate a vederlo.
Sempre al BAM, ho visto Kings of War diretto da un altro regista che va per la maggiore, Ivo Van Hove. Negli ultimi anni il regista olandese ha avuto grande fama negli Stati Uniti per la sua versione del testo di Arthur Miller A View from the Bridge, dove Van Hove conta solo sugli attori per raccontare la storia ambientata nei quartieri italiani dell’epoca. In Kings of War, invece, la produzione è molto ricca, fatta di schermi che si muovono elettronicamente, di video preconfezionati, di molti attori, persino di un gregge di capre e così via.

Kings of War è un adattamento lungo sole quattro ore e trenta minuti di tre opere di Shakespeare: Enrico V, Enrico VI e Riccardo III. I testi sono stati tagliati per seguire soltanto i re alla presa con le decisioni della politica, in questo caso specifico della guerra. L’aspetto più interessante è seguire l’avvicendamento delle tre figure, dal Enrico V, più politico, a Riccardo III, pazzo assassino.
Ho notato, ancora una volta, quanto il testo di Shakespeare, qui come sopratitolo, visto che gli attori recitavano in olandese, possa trascinare lo spettatore all’interno della storia. Infatti, mentre l’Enrico V e VI sono testi molto politici, quasi di filosofia del governo, dunque meno facili da seguire, nel momento in cui si entra nel mondo di Riccardo III ci si sente avvolti e non si può staccare lo sguardo da quel magnifico Villan. Con un testo così, la regia sembra quasi svanire e i tanti attori, musicisti, tecnici sembrano fare parte naturale di quel mondo. Potenza di Shakespeare o anche bravura del regista? Ancora non mi so dare una risposta, però anche in questo caso, se vi capita uno spettacolo di Ivo Van Hove vicino casa, andate a vederlo. Magari poi mi dite che ne pensate.

Andate invece sicuramente al Bernie Wohl Center (647 Columbus Avenue), centro della comunità che fa capo al Goddard Riverside Center. Quasi ogni sera c’è un evento diverso – anche io con la KIT faccio spesso spettacoli lì – e il livello è sempre molto alto. Solo pochi giorni fa ho assistito ad un concerto dell’Harlem Chamber Players dedicato ad Edgar Allan Poe.
Chiudo con un consiglio in parte italiano. Debutta questa settimana al TheatreLab di Orietta Crispino Finding Fellini, uno spettacolo di un’artista sudafricana Megan Metrikin che scappa dall’apartheid in cerca di Fellini. Sta in scena solo fino al 13 novembre, dunque affrettatevi!