È da un po’ di tempo che sul quotidiano la Repubblica si sta dibattendo sulla proposta della creazione di Human Technopole presso il sito che fu l’Expo di Milano. Il progetto, ancorché da realizzarsi, è stato presentato il 24 febbraio 2016 dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal Ministro Maurizio Martina e promuove un approccio multidisciplinare e integrato sul tema della salute e dell’invecchiamento. Promosso dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), insieme al Politecnico di Milano, l’Università degli Studi di Milano e l’Università degli Studi Milano Bicocca, in collaborazione con gli istituti di ricerca clinica e ospedaliera di Milano, la Fondazione Edmund Mach di Trento, la Fondazione ISI di Torino, il CINECA di Bologna e il CREA, il progetto vorrebbe mettere assieme la medicina, i big data, le nanotecnologie e la nutrizione, per rendere l’Italia uno dei Paesi leader mondiale nell’ambito delle tecnologie umane e della long life.
La reazione della comunità scientifica non si è fatta attendere. Inizia ROARS (Return On Academic Research), un sito che tratta di problemi della ricerca, criticando le ragioni per cui era stato assegnato il progetto all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) che è una istituzione di diritto privato finanziato con i fondi pubblici. Critiche sull’iniziativa e la metodologia usata arrivate anche dalla Senatrice Cattaneo tramite la Repubblica, seguita da Giovanni Bignami che, sempre su la Repubblica, pubblica un articolo in cui mette in evidenza quanto l’operazione Human Tecnopole sembri un atto di sfiducia nei confronti della ricerca pubblica, in un momento in cui il Gruppo 2003 (fatto dai ricercatori italiani più citati nella ricerca) e Giorgio Parisi fanno partire un appello per salvare la ricerca Italiana, sia pianificando e riorganizzando la ricerca italiana attraverso una Agenzia Indipendente per la Ricerca, sia facendo recuperare competitività alla ricerca italiana che ogni anno si vede sottrarre 300 e più milioni a livello europeo, proprio per mancanza di organizzazione.
Fautore della creazione del Human Technopole è invece l’oncologo ex ministro Umberto Veronesi, che lamenta la mancanza di un istituto nazionale che si occupi di Genomica ed Epigenomica due temi che sembrano far parte del progetto, dimenticando o non sapendo che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha finanziato un progetto denominato EPIGEN nell’ambito dei Progetti Bandiera, progetto che ha dato rilevanti risultati ampiamente riconosciuti a livello internazionale.
Se guardiamo in dettaglio, come recita il sito del Ministero delle Politiche Agricole, il progetto Human Technopole sarà organizzato in 7 centri realizzati nell’area dell’Expo a Milano – Medical Genomics, Neurogenomics, Agri-Food and Nutrition Genomics, Data Science, Computational Life sciences, Analysis, decision and Society e Nano Science and Technology – e 3 facilities condivise – Central Genomics, Imaging e Data Storage and High Performance Computing. Il progetto ospiterà a regime circa 1.500 fra ricercatori, tecnici e amministrativi mentre altri laboratori sorgeranno all’interno degli istituti di ricerca partner, sotto forma di outstation. La fase di start-up durerà 3 anni, al termine della quale è prevista una prima valutazione da parte di panel internazionali. I ricercatori e i principali investigator verranno selezionati tramite call internazionali, con l’obiettivo di attrarre scienziati di rilevanza mondiale senza barriere di nazionalità. A questo si aggiungerà il Centro di Agri-food and Nutrition Genomics che sarà la struttura in cui gli esperti nei settori dell’agroalimentare, della nutrizione e della salute potranno lavorare per definire, la corretta nutrizione preventiva all’insorgenza malattie degenerative (ho volutamente non voluto riportare dal documento del Ministero le frasi che inneggiavano alla capacità organizzativa del sistema).
A questo punto chi ha ragione? Il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministero delle Politiche Agricole, oppure gli oppositori che temono che alla fine ci si trovi di fronte a “un finanziamento top-down che crea una nuova corte dei miracoli (a prescindere che si chiami IIT) presso la quale c’è già chi si è messo a tavola”? E poi, il cittadino è al corrente di cosa stia accadendo nel campo della ricerca? Vuol sapere dove finiscono i suoi soldi e se questi soldi serviranno per il suo benessere? Certo ogni giorno c’è una novità in campo scientifico e come potrebbe essere diversamente? Dal Bosone di Higgs alle onde gravitazionali, la ricerca di base, quella della pura conoscenza, che diventerà utile tra decine di anni, nel migliore dei mondi possibili, sta facendo dei passi da gigante.
La ricerca applicata alla biologia e alla genetica, già si rende disponibile: l’epigenetica e l’epigenomica hanno aperto la strada a nuovi farmaci. Il cittadino può essere confuso dai termini e i risultati, sempre di più in mano agli esperti, gli sfuggono. Che fare? Non è così semplice rendere la scienza democratica. Chi oserebbe mai dire che un esperimento è valido solo perché i cittadini lo hanno votato (anche se in molti lo ritengono credibile, come ad esempio le scie chimiche, i farmaci miracolosi etc.)? La scienza sin dai tempi di Galileo si è data una regola che sempre di più si è raffinata: la regola del confronto tra pari (peer-to-peer-review) permette di avere una valutazione probante anche se non esclusiva. La strada dell’Agenzia Indipendente della ricerca, come propugnata dal Gruppo 2003, garantisce che ci sia un livello di dialogo accettabile, altrimenti la scelta è quella Top-down che accontenta i pochi e scontenta i molti.
Ben venga quindi il dibattito e ben venga se questo serve al miglioramento di ciò che si vuol fare e ci si astenga dal far polverone che serve a pochi. Human Technopole ha aperto un dibattito che è utile alla scienza e che fa capire che esiste una scienza per la persona e non solo una scienza per il potere (piccolo o grande che sia). Il cittadino ne deve essere consapevole, perché come ogni attività umana anche la scienza serve al progresso, ma può diventare regresso, se non pericolosa se non ben valutata. La divulgazione dei risultati della ricerca deve servire a rendere i cittadini consapevoli di quale futuro li attende e quindi anche la ricerca più difficile e forse incomprensibile deve essere portata a tutti per rendere i cittadini partecipi dei risultati raggiunti.
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