La crisi greca entra in una fase nuova. Il rinvio da parte del governo ellenico di una tranche di pagamenti in scadenza è stata vista come un atto di ribellione senza precedenti. I debiti si onorano, ha iniziato a sbraitare la tecnocrazia europea e alcuni falchi hanno proposto di non pagare per due mesi gli stipendi dei dipendenti pubblici e onorare gli impegni internazionali.
La Grecia ha chiesto l’accorpamento delle rate in scadenza (Fmi, Bce) per la fine di giugno, tiene duro e, soprattutto, chiede la ristrutturazione del debito e il taglio del valore nominale dei titoli, pena l’impossibilità per Paese di onorare le scadenze future.
Questo lo scenario tecnico-finanziario. In realtà la posta in gioco è altra e molto più grande e globale: la sopravvivenza dell’Unione europea sotto le forme conosciute. Se qualcuno osservasse le cronache europee da un pianeta lontano si accorgerebbe che l’idea di confederare quasi l’intera Europa sotto una sola bandiera per costruire un’immensa area della libertà da contrapporre alle tentazioni autoritarie provenienti da est si è ridotta a un dominio delle burocrazie europee ottuse, brutalmente lontane dai popoli e senza la visione che i padri fondatori hanno sempre evocato. La percezione tra la gente, acuita ed esasperata dalla crisi, è di autorità extrastatuali che impongono sacrifici ai popoli, restano indifferenti alle montagne di denaro divorate dalla locale classe dorata e producono recessione e povertà con misure adottate per far quadrare i conti.
Tsipras sta dimostrando che, quando i leader hanno la schiena dritta, onorano il patto con i propri elettori e hanno a cuore la dignità di un popolo e degli uomini che governano, possono resistere e costringere a trattare anche gli algidi uomini delle burocrazie europee. A differenza dei nostri leader, che in questi anni hanno chinato la testa subendo come bravi scolaretti tutte le raccomandazioni provenienti da Bruxelles, il Davide greco ha impugnato la fionda e minaccia di accecare il gigante che vuole schiacciarlo.
Sinistra e destra italiane, pur di salvare i loro immensi privilegi, hanno applicato all’Italia misure che l’hanno cacciata in una recessione profonda, impoverito la classe media, rovesciato la società dei due terzi (oggi, a differenza del passato, due terzi della società è impantanata nel bisogno e un terzo guadagna dalla crisi) e solo la stampa compiacente può intravedere segnali di ripresa dove ci sono ancora tristi conferme di un andazzo che non cambia.
Il Davide greco dimostra la fragilità di una costruzione politica europea che sembra più preoccupata di tutelare gli interessi dei creditori del debito ellenico che di compiere robusti passi avanti in direzione dell’integrazione politica ed economica. Gli Stati Uniti d’America sono un modello per gli europeisti, ma non lo sono per i tecnocrati europei. E la Banca centrale europea è stata finora solo una banca delle banche e non un regolatore dell’economia europea. Chi non ricorda cosa ha fatto il sistema bancario europeo ai titolari di mutui immobiliari con la truffa euribor? La falsificazione dei tassi da applicare ai mutui con la conseguente lievitazione delle rate e spesso con la perdita di ingenti patrimoni immobiliari a favore delle banche.
Le vite degli uomini e dei popoli a volte arrivano a un bivio e la strada che si intraprende traccerà la loro vita futura. L’Unione Europea è a quel bivio e la crisi greca può davvero fargli compiere quel passo che la farà divenire vera patria e non dominatrice ostile e lontana.
“Divergevano due strade in un bosco, ed io… io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta”.
Robert Frost
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