Come riesce il cibo italiano ad avere un sapore così autentico anche qui in America? Com’è possibile che i piatti dei ristoranti italiani negli Stati Uniti, specificamente a New York e in New Jersey, abbiano quel sapore d’Italia che fa apprezzare la cucina del Bel Paese agli americani?
Per capire come la cucina italiana stia riuscendo a conquistare gli americani, per il progetto Busines Italian Style del corso Business Italian della Montclair State University, abbiamo intervistato due donne che dei sapori italiani hanno fatto un business, una dal lato della ristorazione, l’altra nell’ambito dell’importazione e distribuzione. Melissa Daka, proprietaria dei ristoranti Pastai ed Eolo a New York, e Sabbia Auriti, direttrice del Gruppo Fooding e the N Beverage Group, nel New Jersey, ci hanno mostrato come attraverso l’autenticità dei prodotti italiani si possa fare la differenza.
Diamo i numeri
La ristorazione e l’ambito alimentare in genere rappresentano non soltanto un importante settore di business ma anche un elemento culturale che definisce la nostra società. Grazie a un’ampia popolazione italo-americana nella zona di New York e New Jersey, l’offerta di ristoranti e prodotti italiani è ricca in quest’area e riflette le differenze regionali tipiche della cucina italiana, come è evidente nei piatti siciliani dei ristoranti di Melissa Daka.
Secondo dati forniti dall’Italian Trade Commission, l’Italia è posizionata all’8° posto nella classifica dei principali fornitori di prodotti agroalimentari verso gli Stati Uniti. Nel 2013, gli Stati Uniti hanno importato alimentari e vini italiani per un valore di 4,03 miliardi di dollari che rappresentano il 3,23 per cento del totale di importazioni alimentari del Paese. Un’importante quota è rappresentata dal settore vincolo: l’Italia è il primo esportatore di vini negli USA con una quota di mercato del 31,04 per cento pari a 1.641 milioni di dollari. Dopo i vini, l’olio d’oliva è il secondo prodotto agro-alimentare maggiormente esportato dall’Italia agli Stati Uniti: 545 milioni di dollari di prodotto esportato dall’Italia nel 2013 coprono più del 50 per cento delle importazioni negli USA di olio d’oliva. Il mercato del formaggio è un altro settore in cui l’Italia ha un ruolo importante, con importazioni superiori anche a quelle dalla Francia per 309,08 milioni di dollari nel 2013: il 27 per cento del totale delle importazioni USA di formaggi. L’Italia è inoltre il primo esportatore di pasta negli Stati Uniti con una quota di mercato del 30,65 per cento nel 2013; è al quarto posto per i prodotti da forno e pasticceria, con un 3,48 per cento del mercato; mantiene il secondo posto come esportatore di acque minerali dopo la Francia; e detiene una quota di mercato del 76,31 per cento, pari a 72,44 milioni di dollari, per le importazioni di prosciutto senza osso.
Si tratta evidentemente di un settore strategico su cui l’Italia ha ancora un grosso potenziale di crescita. Le tendenze sono positive e il crescente apprezzamento della cucina italiana da parte dei consumatori americani lascia ben sperare.
Profumi di Sicilia a New York – Melissa Daka
A confermare questo successo è Melissa Daka che, nonostante il cognome, è un’americana con radici italiane e con la terra d’origine ha un legame che è alla base della sua professione. La sua è una cucina regionale, di una Sicilia i cui sapori vuole far conoscere agli americani anche per sradicare un’immagine ormai obsoleta della Sicilia.
Melissa Daka, chef e proprietaria dei ristoranti Pastai ed Eolo di New York, durante la nostra intervista ci mostra i diversi tipi di pasta utilizzati nei suoi locali
Melissa Daka ci accoglie nella sala sul retro del suo ristorante pastai dove, sulle pareti, ci sono le foto dei suoi antenati arrivati dalla Sicilia negli Stati Uniti nella prima met├á del ‘900
I primi ricordi gastronomici di Melissa sono legati alla cucina della nonna che, arrivata negli Stati Uniti da bambina con la madre per raggiungere il padre che aveva aperto un bar a Little Italy, aveva conservato le tradizioni di casa. Ma forse l’incantesimo non sarebbe mai avvenuto se Melissa non avesse respirato l’aria della Sicilia. “Con i miei genitori andavamo in Sicilia ogni estate – ci ha raccontato accogliendoci nell’accogliente sala sul retro del ristorante Pastai – La prima volta avevo solo due anni ed era la prima volta anche per mia madre. Lei era convinta che la Sicilia fosse un posto come la zona in cui viveva nel Queens, solo un poco più rurale. Nelle sue intenzioni quello doveva essere il viaggio di una vita, tanto per vedere com’era il posto da cui era venuta sua madre. Ma si è subito innamorata della terra, del paese, dei parenti e dell’affetto che sentiva dalla famiglia. Non se lo aspettava”.
Ed è lì che Melissa ha sviluppato la passione per quei sapori mediterranei e imparato a cucinare: “In Sicilia ho visto delle cose che crescendo qui non avrei mai visto. Le pizze fatte al forno a legna in campagna, il falò di ferragosto, il rito della famiglia che si riunisce per fare la salsa di pomodoro davanti casa. Queste cose mi hanno incuriosita sulla cucina. E quando tornavo, anche da piccola, cucinavo per ricreare quei profumi della nostra terra anche qui negli Stati Uniti”.
Melissa cerca costantemente di aumentare la visibilità dell’Italia nel settore, in termini di qualità dei prodotti gastronomici. E a New York City, grazie alla presenza da oltre 100 anni di italiani che ci tengono a conservare lingua e cultura, trova terreno fertile. Ma l’interesse di Melissa è soprattutto verso la cucina siciliana che non è ancora abbastanza apprezzata a New York dove per molto tempo i ristoranti italiani offrivano soprattutto cucina del Nord . Per Melissa è invece importante che i newyorchesi assaggino il cibo autentico regionale del Sud e che, attraverso questa esperienza culinaria, imparino ad andare oltre gli stereotipi legati alla Sicilia. Il suo obiettivo è di offrire un’esperienza gastronomica genuina e questo ha a che fare anche con la cultura, la lingua e le persone che lavorano con lei.
“Mia madre ci teneva molto che imparassi la lingua – ci ha raccontato la chef – Lei era cresciuta parlando dialetto siciliano con sua madre e sua nonna, ma pensava di parlare italiano. La prima volta che siamo andati in Italia, prima di andare in Sicilia ci siamo fermati a Milano, e in cinque minuti mia madre ha capito che la sua lingua non era italiano. Così lei ha deciso che io dovessi parlare solo in italiano e mi ha spinta a impararlo perché non avessi gli stessi problemi che aveva avuto lei con il siciliano antico che parlava a casa”.
Uno dei piatti nel menu del ristorante Pastai di Melissa Daka
Come ci ha detto nella video intervista (qui sopra), secondo Melissa, per chi lavora nel mondo della ristorazione italiana, saper parlare italiano crea una maggiore sensazione di autenticità nella clientela. Inoltre gli italiani che lavorano in questo settore riescono meglio a conoscere e comunicare il prodotto e la cultura e la mentalità che ci sono dietro, per far conoscere ai clienti anche i piatti meno noti e più esotici con cui, un po’ alla volta, i consumatori americani possono familiarizzare. Il suo obiettivo principale è di far conoscere agli americani la realtà del cibo italiano oltre gli stereotipi, diffondere ingredienti e ricette tradizionali in Italia ma ancora sconosciute negli Stati Uniti. Melissa vuole che i suoi locali rappresentino un’Italia autentica che va ben oltre quello che gli americani considerano “italiano”, come la pizza o la pasta. I suoi locali introducono la diversità attraverso i piatti e contribuiscono a creare una nuova identità per la cucina italiana in questo paese. Attraverso il cibo, Melissa vuole mostrare la cultura italiana più vera e anche l’ambiente dei suoi locali mira a riprodurre le atmosfere accoglienti del Bel Paese.
Esportare il gusto – Sabbia Auriti
Ma non è solo l’offerta dei ristoranti a fare il successo della cucina italiana negli USA. Un importante ruolo lo giocano i prodotti importati per uso domestico. Fare in modo che i foodies americani trovino tutto il necessario per preparare profumati piatti italian style è il lavoro di Gruppo Fooding e The N Beverage Group sotto la guida di Sabbia Auriti, abruzzese arrivata negli USA negli anni ’70. The N Beverage Group ha l’esclusiva negli Stati Uniti per i marchi Rocchetta, Uliveto ed Elisir. Il Gruppo Fooding completa l’offerta con olio d’oliva, pasta, pomodori in scatola e altri prodotti.
Sabbia Auriti ci ha accolti nel quartier generale di The N Beverage Group a Linden (NJ). Foto: Emilia D’Albero
Sabbia Auriti spiega agli studenti il funzionamento del suo magazzino a Linden
L’obiettivo dei gruppi che Sabbia dirige dalla sua sede di Linden, nel New Jersey, è fornire al mercato americano prodotti di qualità, cercando di far conoscere marchi nuovi, oltre a quelli già affermati che hanno conquistato la scena, tanto da creare un’identificazione con l’Italia che influenza le scelte di consumo degli americani. Un esempio è l’acqua. Nel 2013, gli Stati Uniti hanno importato più di 107 milioni di dollari di acque minerali, ma, quando si pensa all’acqua minerale italiana, negli USA viene subito in mente San Pellegrino. In realtà, ci ha detto Sabbia Auriti, il marchio più popolare in Italia è proprio Rocchetta. Per questo la missione dell’imprenditrice abruzzese è di creare consapevolezza intorno a prodotti di qualità, educare il pubblico, insegnare ai consumatori cosa si intende per “alta qualità italiana”. Questo significa anche combattere le imitazioni e insegnare ai consumatori a distinguere tra prodotti autenticamente made in Italy e prodotti “packed in Italy” o Italian-sounding. Chi lavora in questo settore lavora per creare, ricreare, e migliorare l’immagine del made in Italy, ci ha spiegato Sabbia Auriti che, in questo senso, rappresenta un po’ tutte le persone che combattono ogni giorno per preservare l’alta qualità dei prodotti e dello stile di vita italiani.
Sabbia Auriti è una donna vivace e profondamente appassionata; dal nostro primo minuto in azienda, l’intensità e la passione che mette nel suo lavoro sono risultate evidenti dalle sue parole e dalle espressioni visive. Mentre ci faceva visitare i magazzini, passeggiando tra bancali strapieni di scatoloni di bottiglie d’acqua, pomodori pelati, olio d’oliva, olive e altre bontà, Sabbia Auriti ci ha detto più volte che la passione è importante in questo lavoro per affrontare la sfida di far conoscere i prodotti su un mercato nuovo e per continuare ad approfondire le proprie conoscenze. A suo avviso, senza la passione per il prodotto, il settore del “food and wine” non esisterebbe.
Jarrett Strenner, operatore e montatore video (studente MSU nel corso di laurea in produzione televisiva con una seconda specializzazione in italiano), durante le riprese. Foto: Emilia D’Albero
L’imprenditrice del New Jersey ha inoltre sottolineato che aziende come la sua contribuiscono all’economia italiana acquistando prodotti e creando lavoro. “Importando il prodotto e vendendolo, noi facciamo in modo che le aziende in Italia producano. In un mercato come questo, dove le percentuali sono molto basse e il margine è minimo, le piccole e medie aziende italiane che riescono a sopravvivere in questo periodo difficile, riescono a rimanere in vita anche grazie alle esportazioni. Noi facciamo di tutto per agevolarle, allungando il periodo di pagamento, adeguandoci sulle quantità: diventa un lavoro di squadra. Noi non siamo soltanto un importatore ma rappresentiamo queste aziende in America. Quindi c’è tutto l’interesse da parte nostra affinché loro lavorino e noi vendiamo”.
In un mercato globale in cui le aziende lottano per sopravvivere, è importante ricordare che questo rapporto Stati Uniti e Italia migliora il sistema economico su entrambe le sponde, oltre a migliorare l’immagine dell’Italia all’estero.
Attraverso questo viaggio nel mondo del cibo italiano a New York e nel New Jersey, noi studenti abbiamo avuto l’opportunità di vedere due aspetti diversi: quello del prodotto finito, del piatto che ci viene servito al ristorante, e quello che c’è dietro, la catena che permette a quei piatti di avere quel sapore unico, perché realizzati con prodotti italiani. Quando siamo andati a trovarla da Pastai, Melissa Daka ci ha fatto assaggiare alcuni dei suoi deliziosi piatti. Nell’azienda di Sabbia Auriti, abbiamo visto da dove vengono alcuni dei prodotti che rendono possibili i piatti italiani negli USA. Entrambe ci hanno spiegato che non è sempre facile vendere prodotti che molti americani non conoscono e nei confronti dei quali a volte sono diffidenti, ma sono persone come loro che hanno aperto le porte al made in Italy educando prima la loro clientela, per poi puntare al mondo.
Il team che ha animato il progetto Business Italian Style: Enza Antenos-Conforti (Montclair S.U.), Maurita Cardone (La VOCE), Teresa Fiore (Inserra Chair), Giuseppe Malpasso (ArtMotion) e gli studenti Jarrett Strenner e Omar Portilla
Questa è l’ultima delle quattro puntate della serie Business Italian Style, un progetto di: The Inserra Chair in Italian & Italian American Studies all’interno del programma di italiano della Montclair State University (NJ), La VOCE di New York e ArtMotion, all’interno del corso ITAL321 Business Italian di Enza Antenos e del corso ITAL385 Cooperative Education di Teresa Fiore. Ogni puntata è dedicata a un diverso settore del made in Italy: design, arte, cibo e moda. Le interviste sono state realizzate da gruppi di studenti del corso di Business Italian. Riprese e montaggio video sono a cura di Jarrett Strenner e Omar Portilla.
Prima puntata: L’Italia prende forma a New York.
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