C’è un filo rosso, un’antica corrente di simpatia, che lega New York con Bologna e col suo ristorante più celebre e tradizionale: il Pappagallo. Quasi cinquant’anni fa Herbert Lottman, formidabile giornalista del New York Times, scriveva queste parole: “Bologna è una città da niente, in cui però non manca niente. Una città che i turisti saltano regolarmente, e che invece andrebbe vista con calma, in ogni suo angolo. La prima volta sono venuto per provare uno dei ristoranti più famosi d’Italia, il Pappagallo, poi sono tornato perché ho capito che è la prima città italiana in cui mi sono rilassato”. Parole attualissime, nonostante una pandemia che, nella città emiliana, ha momentaneamente rallentato un turismo internazionale in crescita impetuosa. Ma fin dal 1937 il New York Times cominciò a elogiare la città e quel ristorante, i suoi tortellini, le tagliatelle, i trionfi di cacciagione che nei giorni di festa dominavano anche le tavole delle più facoltose famiglie bolognesi, quelle che potevano permettersi di rispettare la nobile e costosa tradizione del cuoco domestico.
La gloriosa storia centenaria del Pappagallo ha alternato periodi indimenticabili a fasi di difficoltà. Per qualche gestore quel ristorante è stato la gallina dalle uova d’oro, per altri una voragine che ha inghiottito centinaia di milioni (di lire). Perfino la sua insegna metallica è sempre stata un oggetto del desiderio: fu rubata due volte. Prima l’originale, poi la copia. Lampadari di cristallo e alti soffitti a volta in un palazzo trecentesco, in Piazza della Mercanzia, a pochi metri dalle Due Torri. Pareti coperte di ritratti autografati: Hitchcock, la Loren, Tognazzi, Sharon Stone, Matt Dillon, la Lollo. Mezzo mondo è passato di qui a divorare le celebri lasagne bianche, i tortellini, le primizie e i brasati.
Anno di nascita: 1919. Fondatori: Guido e Vittorio Zurla. Solo dopo 59 anni i leggendari Zurla passarono la mano alla famiglia Bolini, che oggi gestisce un altro locale, “Nello” in via Montegrappa. Prima della quasi trentennale gestione del grande Ezio Salsini e della sua famiglia (conclusa quattro anni fa) il Pappagallo ne ha vissute altre più fugaci, a volte illustri.
Anni Ottanta, Gianluigi Morini e il suo San Domenico di Imola sono ai vertici dello splendore e della fama. Morini pensa in grande: apre a New York ma guarda anche a Bologna. Con lui il Pappagallo vive un periodo breve e intenso, fatto di raffinatezza e tradizione, fantasia e glamour internazionale. I risultati però tardano ad arrivare e Il patron si arrende. I migliori talenti della splendida squadra di cucina e di sala lo seguono altrove, o cambiano continente.
In quel momento però un attore comico sempre più celebre si sta innamorando della ristorazione (oltre che dell’attrice hard Moana Pozzi e di tanto altro). Così Il Pappagallo passa ad Andrea Roncato, in società col suo amico Gigi Sammarchi e qualcun altro. Andrea ripensa il locale e il menù da cima a fondo. Sono anni di sfide e di eccessi. Bologna è viva. Nell’estate del 1988, nella stracolma Piazza Maggiore di Bologna, sfilano Eros Ramazzotti, Jovanotti, Gianna Nannini e tanti altri celebri cantanti. Alla fine del concertone, tutti a cena da Gigi e Andrea, al Pappagallo. Arriva anche Nick Kamen, l’ex modello inglese pupillo di Madonna. Quando si siede a tavola ha ancora in testa il bianco e il rosso di un uovo lanciato dalle prime file. Il direttore di sala, che non fa una piega e raccoglie le ordinazioni, è Dante Casari, ristoratore celeberrimo e stellato, attivo ancora oggi.
Sarebbero infiniti gli aneddoti legati alle grandi stagioni del Pappagallo e alle 23 stelle Michelin che brillano (si fa per dire) nella sua bacheca. Entrando nel ristorante bolognese, Albert Einstein buttò l’occhio su una frase incorniciata al muro: “A un piatto di tortellini o di lasagne e a una bella donna non si dice mai di no”. Prima di andarsene, il grande fisico tedesco lasciò un foglietto in cui aveva ricopiato quella frase aggiungendo un commento: “A saying of superior wisdom”, un detto di superiore saggezza.
Dal luglio 2017 il ristorante appartiene a una dinamica coppia, molto appassionata di buona cucina: Michele Pettinicchio ed Elisabetta Valenti. Con intelligenza e coraggio stanno tentando di riportare il Pappagallo agli antichi splendori. Hanno migliorato il menù con l’aiuto di Marcello Leoni, cuoco estroso ed esperto. Hanno investito quattrini, in tempi difficili come questi, per migliorare il locale e renderlo più accogliente, conservandone ovviamente la fascinosa anima storica. La cucina è un inno alla tradizione bolognese con qualche sapiente tocco di modernità. Il loro tortellino, protagonista oggi come ieri, ha già ottenuto autorevoli consensi e riconoscimenti. Insomma, il Pappagallo sta ricominciando a volare. È una buona notizia, non solo per Bologna.