Una sessantina di anni fa, nella cucina di un ristorante veneto, su verificò un incidente tra i più fortunati della storia. Durante la preparazione di un gelato alla vaniglia cadde un po’ di mascarpone in una ciotola che conteneva uova e zucchero. Roberto Linguanotto, chef del ristorante Le Beccherie di Treviso, rimase estasiato quando assaggiò il risultato del casuale miscuglio. Con la signora Alba, moglie del titolare Aldo Campeol, spalmò l’impasto su alcuni savoiardi bagnati nel caffè. Nacque così uno dei dolci più apprezzati e diffusi nel mondo: il tiramisù. Quel dessert, che non uscì mai più dal menù del locale, rese celebre Campeol che, per tutti, divenne ‘il papà del tiramisù’.
In realtà la ricetta non fu mai brevettata o registrata prima del 2010, col risultato di far nascere mille leggende sull’origine del formidabile dolce. Solo nel 1981 il gastronomo Giuseppe Maffioli ricostruì nei dettagli l’origine della ricetta, certificandone la nascita avvenuta nel ristorante trevigiano. Lo scorso anno, in piena pandemia, il tiramisù ha confermato la sua popolarità, risultando al primo posto tra i dessert del food delivery italiano, con oltre 22mila chilogrammi ordinati.
La vecchia storia è tornata d’attualità qualche giorno fa, quando Campeol, alla veneranda età di 93 anni, ha salutato per sempre questo mondo. In realtà, la nascita accidentale del tiramisù non è affatto un caso unico nella storia della pasticceria e della gastronomia. Sono decine i grandi dolci e i grandi piatti nati da errori, distrazioni, dimenticanze.
Tra i più celebri c’è la tarte tatin, la torta di mele capovolta in pasta brisée, che è un classico della tradizione francese. Una delle sorelle Tatin, mitiche ristoratrici dell’Ottocento, preparò una torta di mele dimenticando di rivestire la tortiera con la pasta, prima di mettere le mele tagliate a pezzetti. Se ne accorse e, per tentare di rimediare all’errore, coprì il tutto con un velo di pasta. Poi accese il forno. A cottura finita rovesciò la torta e la servì. Quelle mele magnificamente caramellate ebbero un successo immediato. La madornale corbelleria si trasformò così in un colpo di genio.

Qualcosa di simile era accaduto a Milano qualche secolo prima. La storia (o la leggenda, se preferite) racconta che in una vigilia di Natale il cuoco degli Sforza bruciò il dessert destinato a Ludovico il Moro. Un garzone di nome Toni corse ai ripari, lavorando l’impasto avanzato con quel che trovò: uvetta, canditi, uova, farina. Il garzone divenne una celebrità. Quel dolce, apprezzatissimo dagli Sforza, prese perfino il nome del giovanotto: pan de Toni, che divenne poi panettone.
Un altro apprendista alle prime armi è passato alla storia della cucina come inventore della crêpe suzette. Si chiamava Henri Charpentier ed era un allievo del grande Escoffier in uno storico e lussuoso locale della Costa Azzurra: il Café de Paris di Montecarlo. Anno 1895. Il principe di Galles, futuro re Edoardo VII, ordinò una crépe. Il ragazzotto, emozionatissimo, mise troppo liquore nella salsa che prese immediatamente fuoco. Sudando freddo, il maître decise di servire ugualmente il dessert. Il principe, estasiato, propose di chiamare quel piatto crépe Suzette (che era il nome dell’unica donna seduta al suo tavolo).
La storia della pasticceria racconta altri fortunati errori. La ganache di cioccolato nacque da un goccio di latte caduto per sbaglio in un impasto di cacao. E pare che l’origine della pastiera napoletana si debba a un distratto pasticciere che dimenticò di mettere la farina nell’impasto di una torta di mandorle. Verità? Leggenda? Impossibile dirlo.
Se tanti capolavori sono figli di un errore, tanti altri sono frutti del caso. È noto che il ghiacciolo nacque in America all’inizio del secolo scorso. Meno noto è il suo creatore, un ragazzino di 11 anni che si chiamava Franck Epperson e abitava a Oakland. Una notte d’inverno del 1905 dimenticò all’aperto un bicchiere di acqua e soda con dentro un bastoncino che aveva usato per mescolare il contenuto. Il giorno dopo estrasse dal bicchiere il primo ghiacciolo della storia e molti anni più tardi, nel 1924, ebbe l’ottima e fruttuosa idea di brevettare la sua scoperta.

Anche qualche grande chef ha un debito di riconoscenza verso la casualità, o verso errori che si sono rivelati preziosi. Uno dei dolci più celebri di Massimo Bottura, lo chef modenese dell’Osteria Francescana ormai noto e premiato in tutto il mondo, si chiama ‘Oops, mi è caduta la crostata’. Nacque il giorno in cui una crostata al limone cadde per terra prima di raggiungere il tavolo di un cliente. Bottura rimase incantato da quella fetta in frantumi che era bella come un quadro di Miró. E così inventò una presentazione che ha reso celebre quel dessert (buonissimo anche prima della caduta).
Onore alla casualità, dunque. Ce lo insegnavano gli antichi greci fin dai tempi di Socrate e Platone. “Tutto ciò che esiste è fatto dal caso e dalla necessità”, diceva Democrito, grande filosofo. La necessità ha dato origine alla ruota, alla caccia, all’agricoltura. Ma dal caso sono nate cose molto più piacevoli.