La pizza è un simbolo e un rito, diceva Gaetano Afeltra, grande giornalista e scrittore amalfitano. E aggiungeva che quel cibo, povero e nobile, è il vero oro di Napoli. Se questo è vero, uno dei migliori orefici in circolazione si chiama Gennaro Nasti. A 46 anni, Gennaro è un maestro internazionale della più celebre specialità italiana, anche se il suo successo non è affatto esploso in Italia. Nasti è il pizzaiolo più famoso e premiato di Parigi, grazie a due locali: il Bijou di Montmartre e il Popine, in Boulevard de Menilmontant. Tre anni fa la sua pizza fu giudicata la migliore del mondo nell’autorevole graduatoria del Gambero Rosso che l’anno scorso premiò Bijou come migliore locale italiano a Parigi. Meglio di Armani, meglio di Le George, lo stellato ristorante dell’hotel George V decollato grazie a un altro giovane fenomeno italiano: Simone Zanoni.

Bijou è una piccola bomboniera, trenta coperti in tutto, che dà lavoro a dieci persone. Per la verità, la pizza di Gennaro non è una classica margherita napoletana. E non è affatto un popolare cibo di strada, anche se nei mesi scorsi, durante i venerdì e i sabati di lockdown, la viuzza su cui si affaccia Bijou, a poca distanza dal Moulin Rouge, si popolava costantemente di 50 o 60 persone alle prese con fantastici spicchi appena sfornati. La pizza con ragù napoletano e quella con stracciatella melanzane e mandorle sono tra le più richieste. Nemmeno i prezzi sono popolari. Gennaro vende a 50 euro una pizza impastata con un’intera bottiglia di champagne per ogni chilo di farina. “Ha un gusto particolare, di vino surmaturo”, spiega l’autore che propone anche pizze con foie gras e altre ghiottonerie non proprio economiche.

Gennaro è nato nel 1975 a Secondigliano, un quartiere popolare di Napoli esploso negli anni Cinquanta e Sessanta con la feroce speculazione edilizia raccontata da Francesco Rosi in un magnifico film intitolato “Le mani sulla città”. Zona difficile, eterno teatro di sanguinose guerre tra clan camorristici. “Ma quando ci vivi – racconta Gennaro – non ti accorgi fino in fondo di certe situazioni. E comunque la Napoli di oggi è migliore di quella che ho conosciuto da ragazzo”.

Madre ristoratrice, padre pasticciere tuttora attivo a 75 anni, due figli di madre napoletana, ormai parigini anche loro. Gennaro si innamorò della pizza a otto o nove anni, quando il padre lo accompagnava da Michele a Forcella, storico locale di tradizione. Così cominciò a imparare l’arte (e a lavare piatti) a Secondigliano, nella pizzeria dei fratelli Abbate. Il suo primo locale lo aprì nel 2010 in Spagna, a Barcellona. Non fu un successo. Poi, tanta esperienza come consulente a Seattle, New York, Las Vegas e in altre città americane. I grandi giornali cominciarono ad accorgersi di lui: New York Times, Daily News. L’avventura parigina inizia nel 2014. Il successo è vistoso e immediato.

Le carte vincenti del metodo Nasti sono la passione, la precisione e la ricerca dell’eccellenza (che comporta fatica, costanza, sacrificio). La mozzarella arriva da sempre dalla Campania, tre volte a settimana. Rigorosamente italiani sono anche i prosciutti, i culatelli, i formaggi, le farine, i peperoni, i carciofi e i pomodori (San Marzano, piennoli, diversi altri) che vengono cotti a bassa temperatura in un magnifico forno a legna, per impreziosire la pizza con un gusto intenso e raro.
È evidente che Gennaro è uno chef, più che un pizzaiolo. Da anni si è messo in testa un’idea: “restituire il giusto valore alla pizza nell’alta cucina”. Così ha appena deciso di lasciare ai soci i suoi due locali e sta per aprirne un altro, tutto suo, che vuole essere un forte salto di qualità. Gennaro confessa candidamente un obiettivo che nessuno al mondo ha mai raggiunto finora: ottenere una stella Michelin con una pizzeria.

La sede del nuovo locale parigino non c’è ancora. “Ne ho visti due o tre interessanti”, dice. Ma lo scenario è già molto preciso: “Ci sarà una grande evoluzione nelle preparazioni e molta attenzione ai dettagli, al vino, al servizio. Proporrò un menù dello chef con sette impasti diversi, un menù del sous-chef con quattro assaggi e un menù napoletano con cinque pizze meno lontane dalla tradizione”. Gli brillano gli occhi quando parla del progetto più importante della sua vita. “Non riesco a stare fermo. Mi piace mettermi costantemente i gioco, perché vivo ancora di sentimenti”.