I sapori della laguna veneta in degustazione al Michelangelo Hotel di New York. L’ evento é stato curato dal general manager Maurizio Bonivento e per l’occasione è stato presentato un menù della tradizione italiana, lo scorso 24 gennaio, e si è avvalso dell’ esperienza di Ornella Fado (creatrice, produttrice e conduttrice del programma TV Brindiamo!) per dare vita ad una serie di giornate sulla Cucina Veneziana.

Ornella Fado oltre all’ organizzazione delle tre giornate si è anche occupata della registrazione di una puntata speciale del programma che presto sarà disponibile in streaming su AMAZON,
l’ospite della serata è stata l’Osteria da Fiore di Venezia, condotta dallo chef Mara Martin, che detiene una stella Michelin per il rispetto della tradizione nei piatti proposti.
“Conoscere Mara e la sua cucina è stata un esperienza straordinaria, perché lei stessa lo è , come donna e questo si evince dalla sua maestria dalla passione che mette in ciò che prepara.
Mara, con il marito Maurizio e il figlio Damiano porta avanti quella storia fatta di profumi, sapori, cure che trasmette l’eleganza e anche una nuova chiave di lettura della cucina regionale veneta. Insomma, in quanto è stato assaggiato durante la degustazione si può dire che un parte di Venezia sia giunta qui, sulla 50th di Manhattan!”.
Abbiamo intervistato la chef per raccontarci questa esperienza in terra d’America.
Come si è svolto l’evento?
“L’iniziativa si è sviluppata in tre giornate: giovedì si sono svolte due dimostrazioni di cucina, dove ho preparato: Mozzarella in Carrozza, Crostini di scampi al lardo e rosmarino, e la Pinza veneziana e nel pomeriggio ho cucinato Moeche fritte, Polpette di Tonno e di Carne, Galani, e Bussolai.
Il giorno successivo sono stata filmata in cucina mentre eseguivo alcune ricette che sono il fulcro della tradizione veneta, Baccalà Mantecato alla veneziana, Bigoli in salsa, and the Pinza alla Veneziana, e mio marito e mio figlio, che dirigono il ristorante a Venezia sono stati intervistati da Ornella Fado.
Venerdì si è svolta la cena con la stampa, ai giornalisti ho presentato il risotto al nero di seppia e il Tiramisù. Durante la dimostrazione il biologo Jeff Corwin è stato invitato a parlare della spia da un punto di vista scientifico. Era presente anche Tony Margiotta proprietario del Gladiator wine e autore del nuovo libro Hidden gems of Italy, che ha anche abbinato i vini ai piatti preparati da me. Il menù si componeva di mozzarella in carrozza stile veneziano, baccalà mantecato, scampi rosolati al lardo erborinato, sarde in saor, filetti di orata alla Marco Polo, bigoli in salsa di cipolle e sarde salate, risotto con le seppie in nero e moleche fritte e come dessert un dolce tipico la pinza alla veneziana, crostoli e biscotti buranelli”.

Come si è avvicinata al mondo della cucina?
“Fin da bambina osservavo mia nonna, cuoca esperta che nella vicina Mirano era dedita preparare banchetti per i suoi paesani, e dalla quale ha assorbito e fatto suoi i segreti della tradizione, trasformandoli in contemporanei.
La passione è cresciuta con me. Nel mio caso devo dire che mi ci sono trovata, quasi casualmente, All’Osteria ci siamo da 35 anni, una volta era una tipica cicchetteria veneziana, dove facevano da mangiare per gli operai solo a pranzo, poi noi lo abbiamo fatto conoscere non solo ai veneziani con apertura serale, ma possiamo dire al “mondo intero”, perché il pregio di questa città è proprio l’internazionalizzazione. Siamo cresciuti grazie alla grande passione mia e di mio marito, entrambi autodidatti, che gestiamo il locale a conduzione familiare, e abbiamo trasmesso la stessa passione a nostro figlio che da qualche anno ne ha aperto anche uno suo stagionale, il Refolo, vicino a San Giacomo dall’Orio e un po’ meno impegnativo del Fiore”.
Un pregio e un difetto della professione?
“Sicuramente il difetto è che ti porta via tanto tempo e si trascura la famiglia, il pregio è le soddisfazioni enormi che ti dà, ti riempie la vita e quindi non ti lascia il tempo di annoiarti come in un lavoro di routine. Io non sarei più capace di stare senza, non so come farò un domani, forse con la vecchiaia mi mancheranno le forze e sarà naturale la rinuncia…Per me la mia cucina è come una droga!”.
In questo momento sono gli chef uomini ad essere Popolari quasi come star, tra tv, social media. Come spiega che Un ruolo legato da sempre alla donna è diventato nel tempo appannaggio degli uomini?
“La cucina al livello casalingo è legata al ruolo femminile, ma se guardiamo al passato, nella ristorazione, i veri chef erano maschi, che però avevano delle brave donne al loro fianco. La donna è costante, sembra debole, invece è resistente. Nella ristorazione durano nel tempo solo se sono a conduzione familiare, come noi che viviamo nel ristorante. Questa è casa mia!”.
Perché non è facile per una chef affermarsi?
“Perché la donna ha più responsabilità, marito e figlio oltre il lavoro, l’uomo quando va al lavoro lascia il resto fuori, invece per noi è diverso”.

Nel suo menu privilegia i piatti tradizionali?
“Non solo, cerco di mantenere la tradizione perché è fondamentale, poi i miei piatti che in 30 anni spesso vengono ancora richiesti, sono amalgamati alla tradizione, un po’ rivisti, ma adoro così tanto la cucina veneziana “quasi dimenticata” che per me è fondamentale. Anche il piatto presentato alla manifestazione “Gusto in scena” è un piatto del 1300, anche se alleggerito, perché si sa che una tempo i condimenti erano molto carichi, e quindi il mio lavoro è quello di rendere le ricette contemporanee, come appunto il “rivoltello”, una frittatina di sole uova ottima per un brunch”.
Mai come in questo momento storico la cucina è la regina dei media, secondo lei questo fa bene alla professione?
“Mah, fa bene e male al tempo stesso. Nascono dei divi, mentre la cucina ha bisogno di semplicità e di gente con i piedi per terra. Dico sempre che “un cuoco uccide più di un medico“, bisogna puntare sulla qualità, conoscere i prodotti e non puntare sull’effetto scenico di un piatto perché lo stupore dura poco. Sono per la cucina sana, e non inventata!”.
Come é stata l’esperienza newyorchese?come hanno risposto gli invitati all’evento?
“E’ stata indubbiamente la più gratificante della mia carriera perché per la prima volta il pubblico era composto in maggioranza da italiani che vivono e lavorano da tanti anni in America per cui c’è stato un coinvolgimento di opinioni e soddisfazioni dati dai ricordi dei sapori dell’infanzia”.
Il suo impatto con la cucina americana qual è? Cosa apprezza e cosa no?
“La cucina americana si basa su pochi piatti, la carne è eccezionale anche per la loro cultura di frollatura, il pesce e i crostacei del nord america, il mais bollito con l’astice”.
Quali sono i capisaldi della vera cucina italiana che dovrebbero essere esportati all’estero? È quali lo sono già?
“Indubbiamente i nostri prodotti più famosi,considerate che a differenza di anni fa adesso a NewYork si può trovare quasi tutto, anche perchè la città accoglie come ristorazione gli chef più famosi e cuochi italiani. L’unica difficoltà che ho avuto è stata quella di non trovare lo stoccafisso indispensabile per fare tutte quelle ricette venete abbinate al baccalà”.