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February 7, 2015
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Il carciofo, l’ortaggio con il cuore, nel cuore dei romani da sempre

Ilaria CeccuzzibyIlaria Ceccuzzi
Time: 5 mins read

"Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero" così ha scritto Pablo Neruda nella sua Ode al carciofo. E Amélie, nel suo favoloso mondo, recita: "Lei di sicuro non rischia di essere un ortaggio, perché perfino un carciofo ha un cuore". Unico nella forma che ricorda quella di una corazza, il carciofo è un ortaggio generoso, che si presta ad essere cucinato in una infinità di modi: alla giudia, alla romana, lessato, crudo in insalata, nelle lasagne e nel risotto. Per non parlare dei diversi abbinamenti: con l'abbacchio, con la coratella con le vongole  e chi più ne ha più ne metta.

campiIl carciofo è nel cuore e nei ricordi di molte donne che in questi mesi abbiamo intervistato all'interno del progetto Petronilla e fa parte della cultura romana da sempre. Il carciofo è protagonista anche della storia che Barbara Raccagni, una delle donne del Progetto Petronilla, che si occupa del coordinamento delle interviste, è andata per noi a farsi raccontare da Claudia.  La storia è quella di nonna Maria il cui ricordo per Claudia è legato alla cucina.  Claudia ha 58 anni, lavora e vive a Ostia Antica, ma ha un legame con la Romagna che passa proprio attraverso la nonna che, trasferitasi da bambina, nei primi del ‘900 nelle campagne di Ostia Antica, ha insegnato a cucinare i piatti della tradizione romagnola e di quella romana, prima alle figlie e poi alle nipoti. Oggi nonna Maria non c’è più. La vita si è fatta più frenetica, ma se c’è un punto su cui in famiglia non si transige sono i piatti delle feste, e così, ogni anno tra zie e nipoti si fa a gara a chi riproduce più fedelmente la ricetta tramandata dalla nonna.

 “E Non esiste pranzo di Pasqua che si rispetti – racconta Claudia – senza il tegame di carciofi alla romana”.

Nonna Maria ha vissuto con il cibo un rapporto particolare segnato dalla Storia di un'intera nazione: “Nonna, probabilmente come moltissime donne della sua generazione, ha passato tutto ciò che riguarda il cibo per gli italiani: ha avuto fame, 'la fame nera', la chiamava lei; poi la guerra, il ricordo delle tessere, il pane che sapeva di segatura, il caffè fatto con tutto, tranne che con il caffè; l’arrivo degli americani, e della loro meravigliosa cioccolata. Ma raccontava anche del boom economico, i dadi industriali, l’arrivo del latte nel tetrapak. Una cosa che però ci ha sempre ricordato e insegnato è la stagionalità dei prodotti, che oggi poi è diventata così importante”. Claudia sa quindi molto bene che il periodo migliore per i carciofi è proprio questo: da gennaio a metà aprile è la stagione del carciofo. Ecco allora la ricetta di nonna Maria per un carciofo alla romana idimenticabile. Ma prima qualche consiglio su come pulire i carciofi. Il segreto per ottenere un carciofo tutto da gustare, infatti, sta nel saperlo privare completamente delle foglie dure: con le dita si inizia a togliere le prime foglie, spezzandole nel punto dove finisce il tenero dall'alto verso il basso. Si passa ad utilizzare poi un coltellino a punta, ben affilato, per togliere dal carciofo la parte più dura delle foglie, quella superiore, per intenderci. Il carciofo acquisterà così una forma sferica. A questo punto si pulisce il gambo, togliendogli, senza affondare troppo il coltello, la corteccia e lo si immerge in acqua acidulata con succo di limone, affinché non diventi nero. Successivamente, aprendo bene la bocca del carciofo, si estrae dall'interno il fieno, a Roma detto "pelo" . Una bella sciacquata e il carciofo è pronto per essere cucinato.

carciofiIl carciofo alla romana, come lo faceva nonna Maria (a cura di Barbara Raccagni) – Per 4 persone

4 grossi carciofi romani (mammole);

1 spicchio d'aglio;

Un mazzetto di prezzemolo;

Qualche ciuffo di mentuccia;

2 cucchiai di pangrattato;

Olio, sale e pepe.

Tritate il prezzemolo e la mentuccia con uno spicchio d'aglio, mescolatevi il pangrattato, un filo d'olio, sale e pepe e amalgamate bene. Farcite i carciofi con questo composto e disponeteli con il gambo all'insù in un tegame di coccio, salateli e copriteli fino a circa metà altezza con due parti di acqua e una di olio, appoggiatevi sopra un sacchetto di carta da pane bagnato e coprite con il coperchio.

Portate ad ebollizione e fateli cuocere per 20 minuti a fuoco basso. Buon appetito!

 



ppQuesta è una delle ricette tradizionali raccolte all'interno del Progetto Petronilla del Casato Filo della Rosa Onlus. Il progetto parte da Roma ma ha l’ambizione di viaggiare nel mondo, non solo in altre città e centri italiani, ma anche all’estero.

Raccogliendo le ricette delle donne del mondo, il progetto Petronilla punta a creare un ricettario internazionale e tutto al femminile, con un occhio al passato ma anche uno slancio verso il presente e il futuro. Le ricette raccolte verrano poi presentate a Milano in occasione di Expo 2015. 

Ma il capologuo lombardo sarà solo una delle tappe: le “Petronille” sono già in viaggio e hanno iniziato a sviluppare progetti simili a quello romano in Bielorussia, a New York e a Barcellona. E ora, attraverso La VOCE di New York chiedono anche alle donne italiane negli States e alle italo americane di condividere le proprie ricette inviandole a redazione@lavoceny.com o a casatofilodellarosa@gmail.com. Le proposte migliori verranno pubblicate su La VOCE di New York ed entreranno a far parte del ricettario delle Petronille nel mondo.

 

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Ilaria Ceccuzzi

Ilaria Ceccuzzi

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