Dopo due anni dalla sua presentazione a Seul e diversi premi ottenuti in un un giro di festival internazionali, è arrivata finalmente nei cinema italiani (distribuito da Officine Ubu) Nido di vipere (Beasts Clawing at Straws) la tanto attesa opera prima del sudcoreano Kim Yong-hoon, che ne firma anche la sceneggiatura: un thriller la cui pungente ironia di fondo lo ascrive al genere della commedia nera dei fratelli Coen (vedi Fargo e Non è un paese per vecchi) e le cui sfumature pulp fanno trasparire la chiara ispirazione di Quentin Tarantino.
Nido di vipere ha alle spalle una svolta inaspettata da parte del regista e una difficile crescita. Kim Yong-hoon ha lavorato per dieci anni in un’azienda cinematografica prima di licenziarsi per fare il salto nel buio nella produzione e regia di questo film che, uscito in patria nel 2020, ha visto gli incassi minati dalla pandemia di Covid 19, fino a che, presentato in vari festival internazionali, ha ricevuto una calorosa accoglienza al botteghino e premi: nel 2020 Premio Speciale della giuria alla 49ª edizione dell’International Film Festival di Rotterdam e nel 2021 il White Mulberry Award al Far East Film Festival di Udine.

Il film, ora campione di incassi in Europa e che presenta un pluripremiato cast attoriale e tecnico, è tratto dal romanzo Waranimosugaru Kemonotachi (letteralmente “Bestie che si aggrappano a cose di poco conto”) del giallista giapponese Keisuke Sone.
Vessato dal direttore dell’albergo in cui lavora come inserviente nella sauna, Joong-man (un poliedrico Bae Sung-woo) è un fallito che si barcamena tra molti problemi: causa la mancanza di fondi ha dovuto chiudere l’albergo che possedeva; la moglie lavora come addetta alle pulizie; la madre Soon-Ya è malata di Alzheimer (Youn Yuh-jung, premio Oscar 2021 come Migliore attrice non protagonista per Minari, di Lee Isaac Chung) e a malapena riesce a pagare le tasse universitarie della figlia. Un giorno trova una grande borsa piena di soldi in un armadietto della sauna e decide di nasconderla nel magazzino, tenendo all’oscuro anche i suoi colleghi, così da potersene appropriare in caso nessuno si presenti a reclamarla.
Ignora però che la borsa dell’inaspettato tesoro sarà ben presto al centro di un intreccio di storie di spietati malviventi: un doganiere dell’ufficio immigrazione (Jung Woo-sung) gravemente indebitato e alla ricerca di un pollo da sfruttare; un sanguinario strozzino senza scrupoli (Jeong Man-sik); un’astuta, algida truffatrice doppiogiochista, direttrice di un bordello e vera causa dei guai del doganiere, suo ex amore (l’incantevole Jeon Do-yeon, premiata come Miglior attrice protagonista al Festival di Cannes 2007 per Secret Sunshine di Lee Chang-dong); una giovane e ingenua prostituta (Shin Hyeon-bin) con un marito violento che lei cerca di uccidere per intascare la sua assicurazione sulla vita.

Tra omicidi, tradimenti, colpi di fortuna e sfortuna i loro destini beffardi si incrociano in un disperato gioco senza esclusione di colpi a cui cerca di dare una soluzione un inetto, comico poliziotto (Yoon Je-moon) più deisdero di concedersi al vino e al cibo che non di risolvere il caso, tenendosi ben lontano dai locali nei quali la malavita conclude i suoi affari.
Grazie al riuscito utilizzo di una struttura a capitoli in ordine sparso, al bravo direttore della fotografia Kim Tae-sung che ha scelto un ampio utilizzo di accesi colori al neon ai quali fa da contrasto l’oscurità notturna della città portuale di Pyeongtaek e al superbo lavoro ellittico, poco conseguenziale del montatore Han Mee-yeon (Snowpiercer, Okja, Parasite), Kim Yong-hoon riesce a mantenere alta l’attenzione alternando i passaggi forti a momenti di grottesco umorismo da commedia nera. Man mano che la storia si dipana il film mostra la società coreana senza filtri: molti vivono affogati dai debiti e sono ossessionati dal gioco d’azzardo, cosa frequente nel sud est asiatico.
Quella di Nido di Vipere è sì una storia di rapacità e di avidità che vengono punite, ma ancora di più è una storia che racconta come sia grande il caos di una vita priva di valori e come la casualità possa anche essere beffarda.