Lo spettacolo è in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 15 maggio, prima di iniziare una tournée internazionale con tappe a giugno-luglio al Klaipeda Drama Theater di Klapedia in Lituania, al Festival d’Avignone in Francia e al Gdansk Shakespeare Theater di Danzica in Polonia.La storia di “The Tempest” è da sempre un’importante parametro per molti registi nel dimostrare la loro maturità. Non a caso quest’opera del Bardo è l’emblema della sua produzione artistica che si individua in Prospero (un convincente Marco Sgrosso) la persona nei panni del poeta e del drammaturgo inglese proprio nella fase di commiato dal suo teatro. Il protagonista infatti abbandona la magia così come Shakespeare abbandonò l’altrettanto “esoterica” pratica della scrittura drammaturgica.
La “Tempesta” ha sempre rappresentato per ogni regista un viatico molto nobile, per esprimere tutta la propria poetica descrittiva dalle immagini al suono fino alle voci degli interpreti.
Serra, dopo essersi cimentato nella messa inscena del “Macbettu”, – versione sarda della tragedia omonima, – aveva già esplorato tutti i livelli e la potenzialità di un testo shakespeariano.
Dalla lingua sarda e dai suoni ancestrali e misteriosi è tornato a lavorare su “La Tempesta” con la stessa carica espressiva e innovativa.
Il “proteismo” dell’opera shakespeariana per eccellenza viene segmentato nei minimi particolari. Colpiscono i rimandi alla tradizione regista classica e postmoderna. La prima è la scelta dell’alternarsi di buio e luce che ha donato un tocco quasi caravaggesco allo spettacolo, giocando sulla profondità della scena. Difficile non vedere nella presenza di enormi teli la storica rievocazione de “La Tempesta” di Giorgio Strehler del 1977 che Serra sembra aver dedicato come solenne omaggio allo storico regista del Piccolo teatro di Milano.
La lettura di questa “Tempesta” rumorosa e atletica vuole esaltare anche l’agilità interpretativa degli attori totalmente padroni del loro corpo elastico. La “Tempesta” di Shakespeare oltre a raccontare la vendetta e il perdono di Prospero nei confronti del fratello usurpatore, rappresenta un’enorme opera di metateatro, in cui ogni singolo personaggio rimanda a significati sociali e culturali, che Bloom ha classificato come “l’invenzione dell’umano”.
In un grande affresco immaginifico si intrecciano infatti elementi universali, come il tema dell’alterità individuabile nella figura di Calibano,(anagramma di cannibal) interpretato da un sorprendente Jared McNeill.
Serra riesce a muovere le leve del sentimento e della commuovere sollecitando lo spettatore che si immedesima nella figura di Ariel (Chiara Milani), lo spirito ribelle, gioioso, nonostante le catene e l’amore senza tempo tra Miranda e Ferdinando. E quando le acque della grande tempesta si placano affiorano stremati e felici gli attori che sembrano “fatti della stessa sostanza dei sogni”.
Uno spettacolo da vedere e da subire.