Dopo esser stato chiuso per così tanto tempo, dopo tanta angoscia e sconforto, non basta riaprire un teatro per riportarlo in vita. Nemmeno se questo teatro è la Scala. Sembra difficile far riprendere le vecchie abitudini culturali, nonostante il peggio della pandemia sia alle spalle: restano molti timori, il pubblico non ama star seduto in sala. E allora vien buono il detto di Maometto e la montagna: se il pubblico stenta a riprendere le vecchie abitudini, sarà la Scala ad andare tra la gente, a portare i suoi gioielli, l’Orchestra, il Coro, il Ballo, nei quartieri del centro e della periferia di Milano, da Brera a Affori, dalla Bovisa a Lambrate all’Ortica. E’ probabilmente questo quello che ha pensato – a ragione – il sovrintendente del prestigioso Teatro Alla Scala di Milano. E così in queste settimane, con una nuova formula, ecco che il teatro milanese sembra aver ritrovato il suo pubblico lasciando le mura del Piermarini per portare musica e danza in città, vicino ai milanesi. L’iniziativa, in collaborazione con la Filarmonica della Scala e nata sotto gli auspici del Comune di Milano e col sostegno di Edison, ha coinvolto Professori d’Orchestra, Artisti del Coro e del Ballo in 14 concerti in altrettanti luoghi della città nel corso di 4 giorni, con manifestazioni a ingresso gratuito ma con obbligo di prenotazione per garantire il rispetto delle norme di sicurezza.
“I 4000 posti a disposizione, tutti gratuiti, sono andati esauriti in un’ora — ha fatto sapere Meyer —. La gente ha voglia di tornare a una “normalità” fatta anche di arte e bellezza. Da parte mia ho pensato di recuperare lo spirito anni ’70, quando la cultura si coniugava con la coesione sociale e la Scala di Claudio Abbado andava a tenere concerti nelle fabbriche e nelle periferie. La musica è fatta di emozioni e le emozioni sono un patrimonio di tutti, bisogna solo rompere quel muro di vetro che separa il teatro da parte dei cittadini”.
La selezione dei luoghi, operata nel rispetto delle limitazioni imposte dalla sicurezza, ha puntato sul coinvolgimento più ampio delle diverse aree della città. Concerti in centro, con gli Archi alla Pinacoteca di Brera e poi con il Coro all’Università Statale, ma anche molti eventi nella parte nord della città con il Coro all’Istituto dei Salesiani Don Bosco, a Villa Simonetta e alla Certosa di Milano, e con l’Orchestra con le Percussioni che è andata a suonare in una famosa sala da ballo milanese, allo Spirit de Milan; poi ci sono stati i concerti degli Archi a Villa Litta Modigliani e a Villa Mirabello, e gli spettacoli del Ballo al Teatro degli Arcimboldi e al Teatro dei Martinitt (restaurato con il sostegno del Teatro alla Scala, che ha tra l’altro ceduto le vecchie poltrone della platea). Procedendo verso sud ecco il Corpo di Ballo che ha danzato ai Bagni Misteriosi ma anche i concerti dell’Orchestra con gli Archi al Mulino di Chiaravalle e con gli Ottoni a Casa Jannacci, e con il Trio Jazz al Cortile di Chiesa Rossa.
“I programmi sono stati pensati per far conoscere a un pubblico nuovo i diversi volti e repertori dei complessi artistici scaligeri – dice il sovrintendente del Teatro, Dominique Meyer – e spaziano dal jazz a Vivaldi, da Rossini a Verdi, e anche con l’omaggio a Astor Piazzolla nel centenario della nascita.” Molti i concerti del Coro del Teatro che si è presentato in doppia formazione, Coro femminile e organico completo, con impaginati che andavano da Rachmaninov agli spiritual, da Brahms a Richard Strauss. Anche il Corpo di Ballo ha proposto un programma variato che includeva il contemporaneo con le coreografie di Kratz, Valastro, Lukács e Bigonzetti ma anche classici sulle punte come Sylvia di Legris e Il lago dei cigni di Nureyev.
Successo completo, ovunque spettacoli sold out (tutti gratuiti ma con prenotazione), location originali, pubblico variegato e non soltanto super esperto. La Scala in Città è stato dunque un segnale importante e un’iniziativa necessaria dopo tanti mesi di distanziamento, ma anche un gesto in linea con la storia del Teatro: il Sovrintendente Meyer ha dichiarato spesso di pensare a cosa avrebbe fatto Paolo Grassi nei nostri anni e con i nostri mezzi, e la risposta non può che stare in questa combinazione di presenza fisica dei complessi scaligeri nella città (sono state annunciate anche le recite autunnali del Corpo di Ballo al Teatro degli Arcimboldi) e nuove prospettive di diffusione tecnologica degli spettacoli.
L’idea adesso è che questo mini festival d’estate diventi un appuntamento fisso. «Dopo tre edizioni sarà già tradizione» assicura Meyer che, dopo aver portato la Scala in città ora ha in mente di portare la città alla Scala. “Dalla prossima stagione partirà la giornata a Porte aperte. Accesso libero al teatro per scoprirlo nella sua interezza, le meraviglie del dietro le quinte, del palcoscenico, dell’alto artigianato delle maestranze. E alla fine del percorso uno spettacolo, il punto d’arrivo di tanto lavoro. Perché se la Scala è la casa di tutti, tutti devono conoscerla”.