Claudio Villa, classe 1959, è il famoso disegnatore, illustratore e fumettista di Tex, il mitico albo western a fumetti della casa editrice italiana Bonelli, edito da ben 76 anni (un primato di longevità). Di Tex, Villa è anche lo storico autore delle copertine sin dal 1994: 30 anni di lavoro e 1000 copertine realizzate. Le sue sono come il trailer di un film: in una sola immagine raccontano la storia che si leggerà sfogliando pagina dopo pagina l’albo. Villa disegna le storie di un vecchio West che non ha mai visto e lo fa, con la fantasia, con la matita e i colori, dal suo studio situato in una taverna di una villetta vicino a Como e al confine svizzero.
Dopo tante copertine, mai rischiato di farne una nuova che assomigliasse un po’ troppo ad una già fatta in passato?
È un rischio che si corre, ma basta mettere mano all’archivio e vedere cosa ho disegnato anni prima. Controllo sempre, non si sa mai…

Qui nel suo studio, di fianco proprio al tavolo da disegno, vedo riproduzioni perfette di fucili e pistole. A che servono?
Servono a me per disegnare poi nelle esatte dimensioni, e con la stessa postura del personaggio che le maneggia.
Ci sono lettori che la criticano qualche volta?
Può succedere, magari a qualcuno non piace quella certa copertina, oppure la scena è troppo scarna, o non rende bene la storia poi dell’albo, o quella particolare pistola non è di quel periodo. Ma sono i rischi del mestiere.
Oltre alle copertine, lei però ha disegnato anche diverse strisce avventurose di Tex, giusto?
Si, e la mia prima storia risale al settembre 1986: si intitolava “Il ranch degli uomini perduti”, su sceneggiatura proprio di Gianluigi Bonelli.
Cos’è Tex per lei?
Un amico, un compagno di avventure, un personaggio di cui so tutto e che riempie le mie giornate. Non c’è solo Tex, ci sono anche quelli che lo accompagnano, il figlio Kit, l’amico Kit Carson e l’indiano navajo Tiger Jack, e naturalmente il cavallo di Tex, che si chiama Dinamite. Tex è anche un eroe leale dal codice morale incrollabile, che cerca di trasmettere con le sue imprese un senso di giustizia e libertà.

Lei che West immagina per le storie?
Un West classico, penso al Colorado e al New Mexico, all’Arizona, allo Utah, un West fatto di saloon, cavalcate, duelli, agguati, buoni e cattivi. Tex è comunque un albo di fumetti all’avanguardia, perché ha sempre trattato tematiche come l’antischiavismo, la difesa delle minoranze etniche, la capacità di comprendere il punto di vista degli altri, anche quando gli altri sono i nemici. Sono aspetti che ci sono sempre stati nelle storie prodotte dal 1948 ad oggi.
A proposito, come deve essere una bella copertina di Tex?
Non basta solo il bel disegno in se stesso. La copertina deve raccontare qualcosa. Ma non troppo, perché altrimenti si rischia di svelare cose che il lettore invece dovrà scoprire solo pagina dopo pagina.

Chi è stato il suo mito nel campo del disegno?
Al Williamson, che disegnò Agente X-9. Oggi mi piace molto anche l’americano Alex Ross e le sue strisce per la Marvel.
Domandona d’obbligo: cosa c’è di Claudio Villa in Tex?
Di Claudio Villa in Tex c’è… proprio niente.

E di Tex in Claudio Villa?
Ben poco. Mi piacerebbe essere come lui. Mi metto sempre nei panni di Tex per pensare come Tex reciterebbe. E’ importante che il disegnatore – cioè il sottoscritto – si trovi profondamente in empatia con il personaggio, ne provi le emozioni e cerchi di esprimerle con il disegno.
In tutta sincerità, dopo tanti anni di storie, fra sparatorie, cavalcate, cattivi, tranelli e bistecche, non ha pensato almeno una volta di “far fuori” Tex?
No, perché lui è più veloce di me, mi farebbe fuori prima lui. E poi non potrei mai uccidere chi mi da il lavoro.

Se non avesse fatto il disegnatore, il suo sogno quale era?
Di fare il pilota di auto. Ma questa intervista oggi non l’avremmo fatta, perché mi sarei già schiantato. Meglio Tex.