Il 27 marzo ricorre “La giornata mondiale del teatro”, creata a Vienna nel 1961 durante il IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro su proposta di Arvi Kivimaa a nome del Centro Finlandese. Dal 27 marzo 1962 è celebrata dai Centri Nazionali dell’I.T.I. che esistono in un centinaio di paesi del mondo.
Tutto parte dall’Istituto Internazionale del Teatro che è stato creato a sua volta nel 1948, per iniziativa dell’U.N.E.S.C.O. e di personalità famose nel campo del teatro, ed è la più importante organizzazione internazionale non governativa nel campo delle arti della scena. Lo scopo di queste due importanti organizzazioni consiste soprattutto nell’incoraggiare gli scambi internazionali nel campo della conoscenza e della pratica delle Arti della Scena, stimolare la creazione ed allargare la cooperazione tra le persone di teatro, sensibilizzare l’opinione pubblica.
Il teatro ha la funzione di riunire molti membri e esponenti artistici e a sua volta la Giornata Mondiale del Teatro ne celebra l’esistenza, incoraggaindo e supportando la sua esistenza.

Ogni anno, una personalità del mondo del teatro, o un altro personaggio della cultura viene invitato alla condivisione di una riflessione personale sulla’arte teatrale e sulla Pace tra i popoli. Il primo fu Jean Cocteau, ma la lista annovera altri personaggi celebri come Arthur Miller, Eugene Ionesco, Richard Burton, e tra i nostri artisti troviamo il premio Nobel Dario Fo e il grande attore Umberto Orsini. Questo intervento è stato soprannominato “messaggio internazionale”.
Per l’anno 2021, il compito non semplice è stato affidato alla grande Hellen Mirren. Il suo messaggio già pubblicato sul sito ufficiale sarà questo: “Questo è un momento così difficile per lo spettacolo dal vivo e molti artisti, tecnici, artigiani e artigiane hanno lottato in una professione già piena di insicurezze. Forse questa insicurezza sempre presente li ha resi più capaci di sopravvivere, con intelligenza e coraggio, a questa pandemia. La loro immaginazione si è già tradotta, in queste nuove circostanze, in modi di comunicare creativi, divertenti e toccanti, naturalmente soprattutto grazie a internet. Da quando esistono sul pianeta, gli esseri umani si sono raccontati storie. La bellissima cultura del teatro vivrà finché ci saremo. L‘urgenza creativa di scrittori, designer, danzatori, cantanti, attori, musicisti, registi non sarà mai soffocata e nel prossimo futuro rifiorirà con una nuova energia e una nuova comprensione del mondo che noi tutti condividiamo. Non vedo l’ora!”
UN CONTRIBUTO
Noi della Voce di New York vogliamo cogliere l’occasione di questa ricorrenza per consigliare dei film che possano portare il teatro agli spettatori nonostante il periodo di pandemia. Abbiamo scelto delle trasposizioni cinematografiche che spaziano in più periodi e che interessano più stili sia drammaturgici che di regia.
Un Tram che si chiama desiderio un classico della drammaturgia americana tratto dall’opera omonima del 1947 del grande Tennessee Williams. Diretto da Elia Kazan e con protagonisti Vivien Leigh e Marlon Brando. La sceneggiatura venne scritta dallo stesso Williams e rappresenta un film di rottura rispetto ai tabù sessuali del tempo, infatti subì numerose revisioni per rimuovere i riferimenti più evidenti al tema dell’omosessualità.
Matrimonio all’italiana del 1964, diretto da Il soggetto Vittorio De Sica e tratto dal capolavoro di Eduardo De Filippo Filumena Marturano scritta dal genio napoletano nel 1946. Importante contributo ad una nuova visione della donna del dopoguerra, con protagonisti una coppia invincibile del cinema italiano: la splendida Sofia Loren e l’intenso Marcello Mastroianni.
Chi ha paura di Virgina Woolf? Regia di Mike Nichols del 1966 tratto dall’omonima opera teatrale dello scrittore Edmund Albee, considerato uno dei drammaturghi più importanti della storia della letteratura americana, con il merito di aver introdotto un nuovo modo di concepire il testo teatrale e di aver dato l’avvio anche negli USA al teatro dell’assurdo collegandolo a quello europeo.
Tradimenti film del 1983, tratto dall’opera di Harold Pinter e diretto da David Jones, con un cast di star come Jeremy Irons, Ben Kingley e Patricia Hodges. Storia controversa e di invischiamenti sentimentali, frutto della penna del grandioso scrittore inglese.
Mélo è un film del 1986 diretto da Alain Resnais, uno dei fondatori e promotori della Nouvelle Vague francese. La storia è tratta da una pièce di Henri Bernstein del 1929, autore noto per avere adottato delle tecniche cinematografiche all’interno delle sue concezioni degli spettacoli basati sui testi drammaturgici e altrettanto famoso per essere stato protagonista del teatro francese nei primi 40 anni del 900’, attraverso dei testi che erano emblematici di un cosiddetto “teatro di pensiero”. La pellicola ha come protagonisti Fanny Ardant e André Dussollier.
Romeo and Juliet, che vede più versioni quella di Franco Zeffirelli, 1968 Buz Luhrman 1998 e dell’italiano ma residente a Los Angeles Carlo Carlei, 2013. Come non suggerire un testo shakeapeariano che in questi tre adattamenti soddisfa pienamente le esigenze dai più conservatori a coloro che amano delle attualizzazione stilistiche del Bardo?
Il Mercante di Venezia, altro riuscitissimo adattamento shakespeariano, con la regia di Micheal Radford. È stato proiettato per la prima volta nel 2004 alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (fuori concorso), dunque proprio nella città nella quale è ambientato ed è stato parzialmente girato.
Il Dubbio (Doubt) è un film del 2008 scritto e diretto da John Patrick Shanley, adattamento cinematografico del suo omonimo dramma teatrale, vincitore del Premio Pulitzer nel 2005. Ha ottenuto 5 candidature agli Oscar 2009, per l’intero cast Meryl Streep,Philip Seymour Hoffman, Amy Adams e Viola Davis, e per la miglior sceneggiatura non originale.
https://youtu.be/kjJb0ivkJ0c
Per concludere Carnage del 2011 diretto dal geniale Roman Polański,basato sull’opera teatrale Il dio del massacro della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza. Nel perfetto salotto borghese in cui due coppie di genitori si incontrano per cercare di risolvere, da persone adulte e civili una questione in fondo di poco conto (una innocua lite ai giardinetti tra i rispettivi figli), vediamo scoprirsi a poco a poco le maschere di benevolenza ipocrita, progressismo, educazione, e di diplomazia, apertura mentale, dirittura morale; e sotto quelle false coperture apparire il ghigno del nume violento e misterioso che ci governa sin dalla notte dei tempi: il dio del massacro, appunto.
Buona visione e lunga vita al teatro.