Oops, he did it again! E dopo averci raccontato l’amore senza età in Up (2009) e come funzionano le nostre emozioni in Inside Out(2015), il due volte Premio Oscar e premio alla carriera di questa Festa del Cinema di Roma 2020 Pete Docter ci regala un’altra Perla della collezione Pixar. È con il suo ultimo Soul – diretto insieme a Kemp Powers – che si apre l’edizione di quest’anno, spazzando via le polemiche che lo avevano accompagnato con un racconto delicato e divertente nato dall’esperienza personale dello stesso regista.

Se cinque anni fa si era ispirato alla figlia di 11 anni e alla sua turbolenta fase adolescenziale, infatti, questa volta Docter ha esplicitamente dichiarato di aver trovato l’idea per Soul pensando al proprio figlio – oggi ventitreenne – e a come si fosse formata la sua personalità, se dall’interazione con il mondo circostante o in altra maniera. È stato il punto di partenza della vicenda di Joe Gardner, insegnante di musica di scuola media che inaspettatamente ha l’occasione di suonare nel migliore locale jazz di New York… e che dalle affollate strade di Manhattan si ritrova a un passo dalla morte, costretto a cercare nell’Ante-Mondo, in cui è finito, un modo per realizzare il suo sogno.
Ad aiutarlo – tra anime perse e astratti ‘consulenti’ – la piccola 22, alla quale Joe dovrebbe fare da mentore e che grazie a lui scoprirà molto più di quel che immaginava. E noi con lei, visto che come sempre nei film della Pixar si finisce per affrontare con leggerezza alcuni dei temi più importanti e fondanti della nostra vita. Purtroppo il grande pubblico dovrà aspettare il prossimo Natale per godere della stessa esperienza, e questo a causa della tanto contestata decisione della Disney di disertare le sale cinematografiche e destinare molti dei suoi titoli più attesi alla piattaforma di Streaming Disney+.

Impossibile per il Direttore Artistico Antonio Monda e la sua Festa cambiare i piani in extremis e rifiutare l’Auditorium di Roma agli Studios di Burbank… per fortuna! Anche perché quella di Roma potrebbe restare l’unica occasione di vedere questo spettacolo sul grande schermo, almeno per qualche tempo. Un privilegio, vista la ricchezza del risultato, che va ben oltre la splendida animazione. Come sempre, o quasi, d’altronde.
Dalle parti di Emeryville ci hanno abituato bene in questo senso, e dopo averci regalato capolavori come Monster & Co., Wall-E, Alla ricerca di Nemo, i quattro Toy Story (oltre ai due precedenti film già citati) sembrano voler scendere ancora più nel profondo della nostra anima. Il titolo è emblematico, non c’è dubbio, come anche la scelta dei personaggi principali e delle figure di contorno che popolano l’Aldilà. Un luogo incredibile – non potrebbe essere altrimenti – nel quale si passa dalla immancabile ‘Stairway to Heaven’ a una sorta di iperspazio stilizzato dove le regole della fisica e della grafica non sembrano esistere, fino a un infinito giardino immateriale dove inizia a prendere forma il nostro carattere e i nostri difetti.

Caratteracci inclusi, come nel caso della piccola ’22’. Una anima irriducibile, capace di esasperare Madre Teresa e Gandhi, Lincoln e Jung e infiniti altri celebri scomparsi. Un’anima dispettosa, colpevole persino delle sfortune storiche di una ben nota franchigia NBA e poco disposta ad ascoltare chicchessia. Un’anima che ancora non ha trovato la sua strada, cosa dia senso alla vita, il valore di una esistenza spesa su questo pianeta sempre più difficile e ostico.

Ed è interessante – come accennavamo – che si continuino a offrire argomenti così adulti a un pubblico che non di soli genitori sarà composto. Come sempre più indovinata la scelta della Pixar di parlare ai più giovani di quelli che una volta sembravano tabù in un film di questo tipo: Morte, Pausa, Debolezza, Inadeguatezza, Depressione. O di ammonire gli adulti sul rischio di diventare preda delle proprie ossessioni o di preferire la rinuncia alla vita stessa. L’ennesima lezione da non sottovalutare, anche se forse con meno sentimentalismo di altre volte.
In compenso con il solito carico di emozioni, citazioni (compresa quella della Linea di Cavandoli, sicuramente inconsapevole) e divertimento. Per un film che vi farà venire voglia di correre a comprarvi una slice di pizza o un buon disco di Jazz, musica – adulta anch’essa, ma presentata ai ragazzi in una veste mai tanto accattivante – che permea l’anima di Soul. E se per la parte ‘reale’ dell’avventura ci si è avvalsi della collaborazione del candidato ai Grammy Jon Batiste, le cui mani sono state studiate a fondo per riproporne il fluttuare sulla tastiera del pianoforte, per quella più surreale le sonorità sono firmate da Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails.